Olympe de Gouges, il diritto di salire in tribuna come al patibolo | di Francisco Soriano | Parte I di II

“Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione chiedono di potersi costituire in Assemblea Nazionale. Considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione dei governi, hanno deciso di esporre in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi senza sosta i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo essere paragonati a ogni istante con gli scopi di ogni istituzione politica, siano più rispettati affinché le proteste dei cittadini, fondate ormai su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione, dei buoni costumi e alla felicità di tutti. Di conseguenza, il sesso superiore sia in bellezza che in coraggio, nelle sofferenze della maternità, riconosce e dichiara in presenza e sotto gli auspici dell’essere supremo, i seguenti Diritti della Donna e della Cittadina”.

È il Preambolo della Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadinanza di Olympe de Gouges: un testo rivendicativo di una donna della Francia rivoluzionaria del 1791, redatto nella speranza che lo stesso venisse approvato dall’Assemblea Costituente per sancire una definitiva eguaglianza di genere, in un momento decisivo per la storia dell’umanità.

La sua famiglia materna ai tempi di Luigi XIV aveva legami importanti in società. A Montauban, nella famiglia Mouisset nascerà Anne Olympe, madre e figura centrale nell’esistenza di Marie Olympe de Gouges. Il padre, Jacques Mouisset era un ricco drappiere, un borghese che intratteneva con la famiglia Lefranc di Pompignan ottimi rapporti di amicizia. I Lefranc di Pompignan erano rappresentanti della nobiltà e del clero, nonché deputati e funzionari di alto profilo. Lo stesso Jean-Jacques Lefranc de Caix diventerà marchese di Pompignan. Giovanissimo ed esuberante cominciò a nutrire simpatie per Anne Olympe, donna straordinariamente bella e fascinosa. Per questo motivo la famiglia dei Pompignan, contrariata dalle simpatie del marchese per Anne Olympe, fece in modo che l’uomo venisse allontanato, direzione Parigi, dove si fece conoscere in società non senza qualche ironica critica dei “censori” del tempo, come scrittore di poemi e opere di teatro. Intanto a Montauban succede qualcosa d’imprevedibile: Anne Olympe si sposa con un macellaio: Pierre Gouze. L’uomo è di umilissime origini e dalle cronache dell’epoca si evince che non vi fossero ragioni per immaginare che Marie fosse veramente innamorata di lui. Gli storici sottolineano lo stato di frustrazione del marchese di Pompignan, addolorato dalla lontananza e dall’impossibilità di dedicare le sue attenzioni ad Anne Olympe, terribilmente intristito dalla sua irragionevole scelta coniugale. Finalmente, dopo qualche anno di permanenza a Parigi, come in un esilio forzato, la famiglia Lefranc concede a Jean Jacques di rientrare a Montauban: Anne Olympe dal 1740 ha già partorito tre figli, un maschio e due femmine. Dunque, nessuno poteva immaginare che i due ricominciassero una relazione amorosa da sempre osteggiata dalla famiglia del marchese. Nella stessa cittadina, Jean Jacques viene incaricato di dirigere la Corte di assistenza: è finalmente rinfrancato. In un momento di assenza del marito, Anne Olympe concepisce una figlia nata dalla relazione clandestina con il marchese nel 1748 e il suo nome sarà quello di Marie Gouze. In città tutti erano al corrente dell’amore fra i due. Pierre Gouze morirà due anni dopo la nascita della bimba, in una situazione mai chiarita, forse annegato in un fiume. A questo punto però, alcune strane dinamiche si generano in questo ménage sentimentale: Jean Jacques vorrebbe prendersi cura della figlia Marie, amatissima, ma Anne Olympe si oppone con tutte le sue forze al punto che si sposa, per la seconda volta, con un agente di polizia, gettando il marchese di Pompignan in una terribile depressione. Infatti, per questa ulteriore delusione amorosa,  Jean Jacques si ritirerà a vita privata, definitivamente.

La stessa Marie Olympe affermerà negli anni successivi, su questa vicenda (lamentando un’educazione scolastica molto approssimativa e lacunosa), che se fosse stata concessa in adozione al marchese di Pompignan “senza dubbio la sua educazione sarebbe stata migliore, ma la madre Anne Olympe rigettò sempre ogni proposta”. Infatti, la lingua materna era l’occitano e la bimba ebbe successivamente grosse difficoltà nell’apprendimento del francese. Quando diverrà adulta e risiederà a Parigi, alla giovane Olympe si presenteranno diversi problemi anche nella scrittura dei suoi testi teatrali, dei romanzi e dei libelli politici. Nel 1765, ormai quattordicenne, Marie è destinata al matrimonio. Sposa Louis-Yves Aubry, un rosticciere già al servizio di Alexis de Gourgues, amministratore della Circoscrizione finanziaria di Montauban, da cui avrà un figlio di nome Pierre che diverrà, a sua volta, un brillante generale dell’esercito della Repubblica. A pochi mesi dal matrimonio, Marie rimane vedova per la morte prematura del marito: anche in questa occasione la scomparsa dell’uomo rimarrà misteriosa nella sua dinamica. Anche se brevissimo, questo tempo vissuto in comunione con un uomo sarà per Olympe la prova sufficiente a verificare l’infondatezza e l’inconsistenza del vincolo matrimoniale, fatto di accettazione e silente abitudine, talvolta sottomissione per la donna. Fu un evento drammatico e forse, la svolta della sua vita, tanto che arrivò ad affermare: “Avevo appena 14 anni quando mi sposarono a un uomo che non amavo affatto, che non era ricco, né di una certa estrazione. Fui sacrificata, senza alcuna ragione che potesse bilanciare la ripugnanza che avevo per quest’uomo”. A questo punto, Marie lascia l’umile provincia transalpina e si trasferisce presso una sorella maggiore, a Parigi. Si ribattezzò Marie Olympe, dal nome della madre verso la quale nutriva grande affetto, anteponendo il “de” al suo patronimico Gouze, mutandolo in Gouges. Fu questo, il primo cambiamento dell’ambiziosa Marie Olympe, prima di conoscere un alto e facoltoso funzionario della marina, suo pretendente e futuro amante. Olympe de Gouges non lo sposerà mai, coerentemente alle sue idee sul matrimonio. L’uomo, Jacques Biétrix Rosières, era un ricco imprenditore di Tolosa a capo di una società di trasporti militari che assegnò all’affascinante Olympe una rendita annuale. I soliti detrattori definirono ironicamente, madame Marie Olympe Aubry, come una donna che conduceva una vita senza la sfrontatezza del vizio, ma neppure seguiva il rigore austero delle virtù. Di certo, questa donna ebbe il coraggio e l’intelligenza di elevarsi in una battaglia senza precedenti nei momenti peggiori del Terrore e della ghigliottina. Fu proprio lei, in una Francia ormai travolta dal fermento rivoluzionario, a scrivere una Dichiarazione di Diritti della Donna e della Cittadinanza che rimarrà come una pietra miliare nella storia europea.

A Parigi, Olympe de Gouges viveva con tutto l’entusiasmo di una provinciale che aveva finalmente coronato il sogno di condividere l’effervescenza intellettuale di quegli anni. Nel lusso e nella vita notturna pare che la bellissima Olympe fosse abbastanza conosciuta in città. La sua vita correva fra spese folli e qualche bizzarria. Nonostante ciò, si occupava prevalentemente dell’educazione del figlio, memore di quello che probabilmente era mancato a lei stessa. Jacques Biétrix non badava a spese e i debiti erano maggiormente a suo carico. Intanto, Olympe diviene un personaggio pubblico e i maldicenti, fra cui anche qualche giornalista, la annoverano fra le cortigiane: in realtà non esistono documenti che possano provare l’autenticità di tali affermazioni che rimarranno pertanto volgari dicerie. Il suo comportamento pubblico era irriguardoso: sbeffeggiava i puritani, si divertiva a punzecchiare i benpensanti e gli ipocriti d’ogni sorta che commentavano i suoi comportamenti ritenuti superficiali. Olympe, imperterrita, si comportava come tutte le donne della Parigi del tempo che badavano principalmente all’estetica: toilette senza limiti di tempo e grandi passeggiate nei meravigliosi giardini di Luxembourg e alle Touilleurs, partecipazione alle prime di ogni teatro, concerti, balli, pretendenti di ogni sorta, avventure amorose. In questa burrasca di emozioni e rumore, Olympe frequentava soprattutto il Palais-Royal: da lì a poco diventerà un covo rivoluzionario fin dal 1789, dopo essere stato il centro di tutte le mondanità. Olympe si sentiva ignorante, ma questo complesso non la limitava in discussioni e nella insaziabile sete di apprendere. Nei salotti illuminati, Olympe assisteva alle discussioni sugli scritti di Rousseau, Diderot e l’abate Raynal: ne rimase affascinata e ideologicamente coinvolta, travolta da quell’onda di cambiamento che investì il mondo intero. Già da qualche anno, Olympe frequentava giornalisti e filosofi, scrittori e saggisti della grandezza di Rivarol, La Harpe Marmontel, Aubert e Louis Sebastian Mercier, amico e unico confidente rimasto fedele fino alla fine dei suoi giorni. Nel 1774, muore il re Luigi XV e il suo successore è molto religioso: i cortigiani devono cambiare i loro comportamenti e apparire meno viziosi. Cominciarono anni convulsi: non a caso, nonostante il re avesse cercato di ricostituire alcune forme di istituzioni parlamentari alla Francia, abolite dal suo predecessore, il processo di deflagrazione che porterà alla rivoluzione sembrò essere ormai ampiamente e irreversibilmente avviato. Nel 1775, avvenne la prima grande rivolta degna di questo nome, preludio a quanto accadrà nel bene e nel male qualche anno dopo: la famigerata “rivolta delle farine”, causata dalla carestia e dall’aumento dei prezzi sui beni di prima necessità.

Olympe non fu insensibile alle questioni sociali e al silenzio delle donne in quel contesto ambientale così ricco di vicissitudini e trasformazioni. Le donne avrebbero dovuto partecipare attivamente al miglioramento delle proprie condizioni e di quelle della Francia. Olympe ebbe questa consapevolezza e cominciò originariamente a interessarsi ai diritti di eguaglianza di genere e all’abolizione della schiavitù dei neri. Fu a questo punto che la vita di Olympe subì una svolta decisiva. Il datore di lavoro del defunto marito di Olympe, la presentò a una sua parente, amica della marchesa di Montesson, nonché sposa del padre del futuro Philippe Égalité, duca d’Orléans e cugino del re. La marchesa di Montesson era donna influente e promotrice di eventi nell’alta società. La nobil donna impose la lettura di Zamore e Mirza (la prima opera teatrale di Olympe), presentandola agli attori del Théatre-Français. Olympe de Gouges ormai a pieno titolo nell’entourage della nobiltà transalpina, divenne amica di Philippe Égalité condividendone talvolta vedute e azione politica. Le solite dicerie sembrarono stigmatizzare una relazione amorosa fra i due: tuttavia, proprio Olympe farà mancare il suo appoggio al principe quando lo riterrà colpevole di scelte ondivaghe e compromettenti a danno della Nazione. Da questo momento storico Olympe si getta in una azione politica senza precedenti, generando a suo discapito una serie di critiche e seminando inimicizie un po’ ovunque fino alla all’epilogo tragico della ghigliottina. Intanto, il figlio Pierre Aubry venne nominato fra gli ingegneri della provincia di Champagne che era un territorio proprio della famiglia del marchese d’Orléans, dopo che lo stesso Philippe aveva provveduto alla sua educazione e al mantenimento di questo promettente ufficiale. Il secondo incontro più importante per Olympe, fu con Louis-Sébastien Mercier che scrisse i Quadri di Parigi, un’opera fondamentale sulla città, la società, la cronaca di un popolo, le trasformazioni epocali di quel tempo. Il libro ebbe successo pubblico senza precedenti per la bellezza delle sue pagine e per la forma letteraria degli scritti. Mercier era un uomo molto in vista, sosteneva che gli intellettuali avessero il dovere e il diritto di intervenire nella lotta contro ogni forma di prevaricazione e dispotismo. Gli storici pensano che nel rapporto così leale e duraturo fra i due, Mercier abbia avuto un ruolo di profonda influenza su quell’intelligenza vivace e genuina che caratterizzava Olympe. Curiosa della vita e di tutto ciò che potesse arricchirla, si dedicò alla scrittura di opere teatrali e, successivamente, alla redazione di libelli e manifesti su questioni politiche e sociali. Nella vita privata fu protagonista di alcune stravaganze come quella di ospitare in casa diversi animali immaginando che la loro presenza rappresentasse la reincarnazione di personaggi illustri. Nel 1784, Jean-Jacques Lefranc di Pompignan muore, dopo aver promesso a Olympe di versare una rendita alla madre Anne, sua ex amante, in grave difficoltà economiche. Jean Jacques garantì che la sua devota sposa avrebbe provveduto al versamento di una somma mensile: la promessa fu puntualmente disattesa dalla donna. Fu in questa occasione che Olympe scrisse Memorie di Madame de Valmont, un romanzo epistolare autobiografico ispirato alle Relazioni pericolose che ebbe come riferimento soprattutto i testi delle lettere che aveva ricevuto dal marchese di Pompignan, suo padre.

Olympe si dedicò molto attivamente al teatro, alla scrittura di testi da rappresentare e all’attivazione di una fitta rete di relazioni all’interno di quell’istituzione che, a Parigi, era un vero e proprio circolo  impenetrabile, dove affermarsi artisticamente pareva impossibile. In generale, le opere di Olympe non ebbero mai cattiva risonanza presso la critica, per niente severa nei suoi confronti,ma furono a più riprese osteggiate dagli attori e dalle istituzioni teatrali.Fu uno degli attori più in vista del tempo a ostacolare la carriera di Olympe: il famoso Beaumarchais, divenuto una vera e propria istituzione del teatro francese dopo il successo riscosso con Le Nozze di Figaro. Nonostante questo, Olympe riuscì a presentare Zamore e Mirza al comitato di lettura del Théâtre-Francais. Il tema della pièce riguardava il dramma della schiavitù dei neri, narrato in una coinvolgente  storia di sentimenti e questioni sociali. Il problema del commercio di uomini era una questione a cui avevano dedicato attenzione già i grandi pensatori dell’epoca come Rousseau e Diderot. Proprio da un testo di quest’ultimo, nel famoso e purtroppo dimenticato Supplemento al viaggio di Bouganville, furono messi a nudo i comportamenti inumani degli uomini bianchi e dei colonizzatori, affamati solo di denaro e privilegi nella loro malvagia azione predatoria. Molti armatori francesi di Nantes e Bordeaux continuavano a commerciare uomini di colore traendo guadagni immensi mentre anche nella patria del colonialismo, in Inghilterra, cominciavano a sollevarsi voci dissenzienti su questa odiosa e inumana pratica. Olympe fu una delle prime a suscitare scalpore elevando la questione in un teatro nazionale e parlando di problematiche che riguardavano aspetti valoriali come l’etica e l’eguaglianza fra tutti gli uomini. I suoi rapporti con attori e teatro divennero sempre più burrascosi. Questi ultimi non volevano sottostare a quelle che ritenevano come illegittime pretese di Olympee non gradivano neppure che lei potesse emergere con le sue opere in qualità di scrittrice. Olympe agì d’istinto e rischiò addirittura la prigione alla Bastiglia per i suoi comportamenti ai limiti della persecuzione e dell’ingiuria nei confronti dei colleghi di teatro. Non si diede per vinta, come era nel suo carattere tenace, e scrisse Il matrimonio inaspettato, ammesso alla lettura dal comitato della Comédie-Italienne e, successivamente L’uomo generoso, sulla condizione miserevole di coloro i quali sono afflitti da debiti e usura, tematiche in quei giorni attuali nel concitato contesto sociale. Trasferitasi in piazza dell’Odéon per essere fisicamente più vicina al teatro, continuò a comporre opere, come Il secolo dei grandi uomini o Molière da Ninon con chiari riferimenti allo stesso Molière e Ninon de Lenclos, una cortigiana del secolo precedente divenuta personaggio pubblico per via delle sue relazioni con i più grandi artisti, scrittori e aristocratici del tempo.Neanche l’amicizia con il famoso attore Molé migliorò la relazione con colleghi e teatro, mentre Olympe si apprestava a presentare, instancabile, ancora un’altra opera: Il pazzo per amore. Seguirono Il filosofo punito Il cornuto presunto e La prefazione senza carattere. Sono opere in cui emerge la vera personalità di Olympe e, soprattutto, si evince la sua ribellione a un mondo che non concede nulla sacrificando tutto sull’altare dell’ipocrisia e dell’egoismo. Tanta l’ironia nelle sue opere, nella consapevolezza che il giudizio morale dei suoi detrattori era quello di essere una cortigiana: “Sono un’allieva della natura, l’ho detto e lo ripeto, non devo niente alle conoscenze degli uomini; io sono la mia opera e quando compongo sul mio tavolo non c’è che l’inchiostro, la carta e le penne. […] So che mi sarebbe facile trovare opere di ogni genere; che potrei fare liberamente un riassunto di tutte queste buone letture; non comporre con la mia immaginazione, ma con le idee di altri”.