Ontologia orientata agli oggetti ⥀ Valerio Cuccaroni

Le nuove frontiere dell’ontologia passano attraverso l’arte e la letteratura, Valerio Cuccaroni guida alla scoperta di queste nuove istanze

 

Tra fine Novecento e inizio Duemila si è affacciato nel dibattito contemporaneo, sia filosofico che artistico, un nuovo realismo. In Italia il collettivo di scrittori Wu Ming, in particolare Wu Ming 1, lo ha teorizzato nel manifesto New Italian Epic (Einaudi, 2009), seppure con lacune storico-letterarie, ben evidenziate fra gli altri da Tiziano Scarpa (qui).

Di nuovo realismo si è molto dibattuto anche nel mondo della filosofia, in seguito ai testi di Maurizio Ferraris, dagli articoli su «Repubblica» del 2011 al Manifesto del nuovo realismo, pubblicato per Laterza nel 2012.

Invece in Italia si è parlato poco – e prevalentemente in ambito artistico (qui) e musicale (qui) – del realismo speculativo, che affonda le sue radici nell’ontologia orientata agli oggetti (ooo), elaborata da Graham Harman, Ray Brassier, Iain Hamilton Grant e Quentin Meillassoux, a partire dal 2007. In inglese c’è già la critica di Zizek (qui), fra le altre.

Argo ha affrontato alcuni argomenti presi in considerazione da Wu Ming (soprattutto per ciò che riguarda gli oggetti narrativi non identificati), consapevolmente, e, senza saperlo, della ooo in Id. La materia che amava chiamarsi umana.

Torneremo su questi argomenti. Intanto facciamoci guidare, nel viaggio che affronteremo, dalle parole di uno dei padri del realismo europeo: nel suo Il rosso e il nero Marie-Henri Beyle, in arte Stendhal, scriveva che «il romanzo è uno specchio portato sulla strada maestra».