Oracolo manuale per poete e poeti ⥀ La Punta della Lingua 2023

Argo pubblica alcuni estratti da Oracolo manuale per poete e poeti di Giulio Mozzi e Laura Pugno (Sonzogno 2020) in occasione dell’incontro con l’autrice che si terrà a Filottrano il 25 giugno nel contesto del festival di poesia totale La Punta della Lingua 2023

 

L’Oracolo è un volume allo stesso tempo giocoso e serio, per chi vuole avvicinarsi alla pratica della scrittura in versi, oppure per chi intende rinforzarla, se già questa pratica la frequenta. È il frutto di molti anni di esperienza – quelli sommati di Giulio e Laura – nella scrittura, anni di riflessioni e discussioni sulla scrittura, e di insegnamento della scrittura. È un libro scritto a quattro mani, in cui si fanno degli esempi e che si può usare in molti modi: lo si può leggere qua e là, sfogliando a caso, soffermandosi sui titoli più stimolanti; o in modo più ordinato, da cima a fondo, per esplorarne in dettaglio tutti i suggerimenti. L’oracolo presenta grandi titoli in grassetto, per ogni paragrafo, argomento, concetto, pensiero… I titoli sono spesso accompagnati dai meravigliosi gatti illustrati da Sebastian Kudas.  

(Rossella Renzi)

 


 

GUARDA LA MUSICA, ASCOLTA LE IMMAGINI

La musica del testo è dentro il testo. Mettiti in ascolto.

Ezra Pound, poeta statunitense ma vissuto perlopiù in Europa (amico e mentore di T.S. Eliot, di James Joyce e di tanti altri), distingueva tre tipi di poesia:
– la melopea, ossia la “poesia di musica”, dove le parole vengono caricate di particolare significato e intensità grazie alle combinazioni di suoni, alle allitterazioni, al gioco dei versi e delle rime (pensa al fascino di un verso semplice come: «E chiaro nella valle il fiume appare», nella Quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi);
– la fanopea, ossia la “poesia di immagini” (e si può fare l’esempio di una poesia brevissima dello stesso Pound, In a Station of the Metro: «The apparition of these faces in the crowd: / Petals on a wet, black bough», «L’apparizione di questi visi nella folla: petali su un umido, nero ramo»);
– la logopea, ossia la “poesia di parole”, che unisce le risorse “musicali” della melopea e quelle “immaginali” della fanopea (e qui, quasi tutto Dante può servire da esempio).
Rileggi qualcosa che hai scritto: musica e immagini si aiutano? Configgono? Si indeboliscono, si rafforzano a vicenda? Vanno per conto proprio?

 

 

MUSICA PER QUALI ORECCHIE?

Coerenza e consonanza. O dissonanza. Ma allora, che sia cosciente e deliberata.

Montale, Meriggiare pallido e assorto: «Osservare tra frondi il palpitare / lontano di scaglie di mare / mentre si levano tremuli scricchi / di cicale dai calvi picchi». Sandro Penna, Il mare è tutto azzurro: «Il mare è tutto azzurro. / Il mare è tutto calmo. / Nel cuore è quasi un urlo / di gioia. E tutto è calmo». In Montale, uno stridore (che culminerà nei famosi, quasi impronunciabili «cocci aguzzi di bottiglia» dell’ultimo verso); in Penna, una dolcezza carezzevole. Per fare poesia vanno benissimo sia l’usignolo sia la motosega, purché si proceda con coerenza. In fondo, è musica quella di Mozart e di Albinoni ed è musica quella degli Einstürzende Neubauten; così come sono quadri quelli di Raffaello Sanzio e quelli di Jackson Pollock.

 

 

SII OSCURO

Enigmi, non indovinelli.

Ciò che non è immediatamente dato alla nostra comprensione, in poesia, ha molte funzioni: soprattutto rappresenta il limite, l’asintoto, il confine da superare. Ma perché sia così, dev’essere oscurità vera, reale, non indovinello. Prova a sciogliere tutte le oscurità del tuo testo, a spiegare tutto ciò che puoi: il residuo d’ombra che resta – la tua vera oscurità – tienilo. È lì che sta il centro.

 

 

DÀ UN NOME

«Beatrice tutta ne l’etterne rote / fissa con li occhi stava; e io in lei / le luci fissi, di là sù rimote. / Nel suo aspetto tal dentro mi fei, / qual si fé Glauco nel gustar de l’erba / che ‘I fé consorto in mar de li altri dèi. / Trasumanar significar per verba / non si poria: però l’essemplo basti / a cui esperienza grazia serba».
Dante, canto I del Paradiso. «Beatrice rivolse lo sguardo alle orbite celesti, e io a lei; e nel guardarla mi trasformai interiormente come Glauco quando mangiò l’erba magica che lo trasformò in una divinità marina. Non è possibile dire a parole che cosa sia il superare la nostra natura umana; l’esempio mitologico basterà a chi abbia ricevuto la grazia di provare questa trasformazione». Chi è dunque la tua Beatrice (o il tuo Glauco)? Attraverso quale esperienza accaduta nella tua vita puoi arrivare a nominare – o almeno ad alludere a – qualcosa che è inesprimibile?

 

 

ESTETICA VS ETICA

Sul crinale. Oppure, da un altro punto di vista: dalle percezioni ogni conoscenza, quindi anche l’etica.

«Ogni nuova realtà estetica ridefinisce la realtà etica dell’uomo.
Giacché l’estetica [cioè la percezione] è la madre dell’etica. Le categorie di “buono” e “cattivo” sono – in primo luogo e soprattutto – categorie estetiche che precedono le categorie del “bene” e del “male”. In etica “non tutto è permesso”, proprio perché non “tutto è permesso” in estetica; perché il numero dei colori nello spettro solare è limitato. Il bambinello che piange e respinge la persona estranea che, al contrario, cerca di accarezzarlo, agisce istintivamente e compie una scelta estetica, non morale. La scelta estetica è una faccenda estremamente individuale e l’esperienza estetica è sempre un’esperienza privata. Ogni nuova realtà estetica rende ancora più privata l’esperienza individuale; e questo tipo di privatezza, che assume a volte la forma del gusto (letterario o di altro genere), può già di per sé costituire, se non una garanzia, almeno un mezzo di difesa contro l’asservimento. Infatti un uomo che ha gusto, e in particolare gusto letterario, è più refrattario ai ritornelli e agli incantesimi ritmici propri della demagogia politica in tutte le sue versioni» (losif Brodskij, Discorso di accettazione del premio Nobel).

 

 

IL SENSO ATTRAVERSO LA BELLEZZA

Una definizione semplicissima di poesia? Senso è una parola plurale. Bellezza è una parola plurale.

Prova a esplorare, a forza di dizionari, la gamma dei significati delle parole “senso” e “bellezza”. Scoprirai che due parole così semplici, e di suono così comune, sono piene di significati molteplici, plurali. E quindi domandati: quando cerchi, in una poesia, di produrre un “senso”, quando cerchi, in una poesia, di produrre una “bellezza” – che cosa stai cercando veramente? E ancora, pensa a quanto indietro risale questa ricerca. Come afferma il videoartista Bill Viola, «c’è un filo che collega gli artisti, dai pittori delle caverne del Paleolitico a oggi. È una fonte di creatività a cui chiunque può attingere, e il tema, in ogni tempo, è che l’artista cerca di descrivere l’anima umana. Vi rientrano le domande che tutti ci poniamo rispetto alla vita, alla morte, alla coscienza umana. Queste sono le mie linee guida». Ancor più questo filo collega i poeti, perché per fare poesia, a rigore, non serve neanche una pasta d’ocra e la parete di una caverna ad Altamira o a Lascaux, e in fondo neanche la scrittura; basta un corpo e una voce. (E magari un giorno le si potranno scrivere, le poesie, in raggi laser sulle nubi.) In Three Women, del 2008, per nove minuti e sei secondi Viola mostra tre donne che attraversano, venendo verso di noi, per poi sfuggire di nuovo dietro di essa, una parete d’acqua. Trasparenti come l’acqua si porgono interpretazioni: le tre età della vita, il tempo, la vita/morte attraverso cui, nel silenzio dello schermo, si muovono i corpi. Eppure, attraverso quella bellezza, quel senso qui manifesto, c’è anche un residuo. Non tutto è detto, non tutto è dicibile, non ancora. Nel tempo il dicibile, l’in-dicibile cambiano, cambieranno.

 

 

PRENDI PAROLA

Realmente, metaforicamente.
Non domandarti se hai il diritto di parlare. Parla, poiché sei un essere umano.

 

Laura Pugno
Illustrazione di Sebastian Kudas

 


Giulio Mozzi ha pubblicato diverse raccolte di racconti (ricordiamo La felicità terrena, Einaudi 1996; Il male naturale, Mondadori 1998; Favole del morire, Laurana 2015) e alcuni libri in versi: Il culto dei morti nell’Italia contemporanea (Einaudi 2000), Dall’archivio (Aragno 2014). Ha inventato la poeta erotico-macabra Mariella Prestante (Estremi amori, postume querele, ’round midnight edizioni 2019). Con Stefano Brugnolo ha scritto due fortunati manuali: Ricettario di scrittura creativa (Zanichelli 2000) e L’officina della parola (Sironi 2014). Per Sonzogno ha pubblicato nel 2019 l’Oracolo manuale per scrittrici e scrittori. Insegna scrittura creativa dal 1993. Nel 2011 ha fondato a Milano la Bottega di narrazione.

Laura Pugno è nata a Roma nel 1970. È autrice di romanzi, poesia, saggi, sceneggiature e testi teatrali. Di recente ha pubblicato la fiaba contemporanea Melusina, illustrata da Elisa Seitzinger (Hacca), i romanzi La metà di bosco, La ragazza selvaggia e Sirene (Marsilio), la raccolta poetica Noi (Amos) e i saggi Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea (Il Saggiatore) e In territorio selvaggio (Nottetempo). Con Giulio Mozzi ha scritto l’Oracolo manuale per poete e poeti (Sonzogno). Ha vinto il Premio Campiello Selezione Letterati, il Premio internazionale Franco Fortini per la poesia, il Frignano per la Narrativa, il Premio Dedalus, il Libro del Mare e il Premio Scrivere Cinema per la sceneggiatura. È tra i curatori della collana di poesia I domani di Aragno e nel Comitato Scientifico del Premio Strega Poesia. Ha tradotto una dozzina di testi di poesia, romanzi e saggi dall’inglese, francese e spagnolo. La sua traduzione più recente è Il codice d’amore. Antologia dei trovatori provenzali (Ponte alle Grazie). Collabora con L’Espresso, Le parole e le cose, le Guide di Repubblica e Radio 3, per cui ha curato il programma Oltrelontano. Poesia come paesaggio. Insieme ad Annamaria Granatello ha creato il Premio Solinas Italia-Spagna. Dal 2015 al 2020 ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid.