Paesaggi anomici di Riccardo Innocenti ⥀ Passaggi

La rubrica Passaggi, laboratorio della prosa breve, presenta oggi alcune brevi prose di Riccardo Innocenti tratte dalla raccolta Paesaggio anomico, in pubblicazione presso NEM. Qui l’editoriale della rubrica

Immagine in copertina di Marco Ronconi, Illustrazione per Paesaggio anomico, 2021.

 


 

Deserto

L’altra sera hai fumato prima di andare a dormire. Un vapore denso si diradava intorno al letto, poi il peso della ragazza addormentata sul tuo petto ti ha esposto alla consistenza della vostra carne. In quel momento la tua presenza di oggetto era oscena e l’esistenza del pensiero fuori di te. Quindi ti sei alzato e sei venuto da noi, per uscire dal deserto.

 

 

 

Castello

Se adesso spegnessi la luce, posato il telefono sul comodino, dopo qualche minuto mi troverei già calato nel sonno. Dolcemente mi accorgerei di essere in una stanza enorme ed elegante, piena di gente seduta. Sarebbe una sala conferenze e fra i molti amici e vecchi compagni di scuola riconoscerei Caterina, che avrebbe qualcosa di strano fra i capelli. Sarebbero fogli di carta d’alluminio e uscirebbero dalle ciocche castane sul volto bianchiccio e stanco. Caterina sembrerebbe molto debole e sentirei un vago senso di complicità nei suoi confronti, poi vedrei Pierfrancesco avvicinarsi alla mia amica chiedendole cos’è che ha in testa. Afferrando una delle strisce argentate, senza curarsi delle proteste della ragazza, le farebbe scivolare la parrucca scoprendo la pelata lucida e malaticcia. Vedrei Caterina cadere svenuta e mi getterei su quel corpo disfatto dalla chemio. Sollevata la ragazza, molto più leggera del previsto, mi allontanerei dalla folla curiosa percorrendo uno dei corridoi adiacenti. Salendo delle scale a chiocciola in muratura, entrerei in una stanza piccola ma sfarzosa e poserei la mia amica ancora svenuta sul divano Chesterfield foderato di velluto rosso.

 

Ancora provato dagli avvenimenti e dai molti scalini, sognerei di affacciarmi dalla finestra del castello e di portare lo sguardo verso la luna bianca e piena, i boschi verdi ombrosi. Poi vedrei distintamente, benché sarebbe troppo lontano, un motociclista avvicinarsi al cancello chiedendo aiuto, a bordo di un chopper. I guardiani gli rifiuterebbero l’ingresso e il motociclista tornerebbe da dove è venuto, lasciandomi un senso di catastrofe e imminente tragedia. Penserei di dover avvertire qualcuno ma sarebbe ormai tardi per impedire l’attacco dei biker, le esplosioni di fiamme nel cortile, fuoco sulla piscina olimpionica, sugli ombrelloni di legno e paglia, tutta una notte sopra le grida degli ustionati e dei bagnanti morti, bruciati vivi. Con la luce del giorno cesserebbe l’attacco e potrei finalmente scendere nel cortile: fra i fumi neri del cherosene e le braci ardenti vedrei i corpi, la piscina olimpionica e a galla un neonato carbonizzato. Allora cadrei sulle ginocchia e solo a quel punto potrei svegliarmi, piangendo nel buio della stanza.

 

 

 

Perchie di mare

Lo tormenta un sogno ricorrente in cui un uomo gli impedisce di parcheggiare la macchina o ricevere il resto che gli è dovuto. La sua risposta spontanea è sempre sproporzionata rispetto al sopruso, trova un’arma da fuoco e ammazza il suo nemico con il distacco del miliziano, come se avesse passato anni a sviluppare automatismi in un campo di addestramento per terroristi. Per qualche istante si sente liberato da quel gesto ma presto è costretto a fuggire dalla polizia o da organizzazioni criminali internazionali, lasciando città in fiamme e cumuli di morti. La sua reazione iniziale lo coinvolge in fughe e sparatorie sempre più impegnative ed ogni notte massacra migliaia di antagonisti con il kalashnikov. Gli piace osservare le coreografie spettacolari che compie per liberarsi dalle folle di nemici, continuando a scappare e sparare.

 

Quando aveva quindici anni praticava la pesca subacquea. Non riuscendo a rimanere in apnea a lungo, sparava soltanto ai pesci piccoli che si facevano avvicinare. Restare sott’acqua era una forma di ascesi, un giorno sarebbe sceso come un piombo per aspettare sul fondo la prossima pulsazione. Smise di pescare dopo aver preso una perchia. Nonostante il tridente le avesse trapassato la coda, la perchia si divincolava con poca determinazione, come se la vita gli fosse stata indifferente. Avrebbe voluto che lottasse per sopravvivere, così che la sua agonia potesse rimanergli estranea. Sarebbe stata una forza da vincere o una corrente da risalire, lui e l’animale separati nella lotta dai loro gesti. Invece si muoveva come un meccanismo sul punto di rompersi e lui doveva assistere a quella debole morte.

 

 

 


Chi volesse proporre prose brevi per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it

 

Riccardo Innocenti
Marco Ronconi, Illustrazione per Paesaggio anomico, 2021.

Riccardo Innocenti
Riccardo Innocenti

Riccardo Innocenti (Grosseto, 1992) è dottorando di ricerca in Filologia e Letteratura italiana presso l’Università per Stranieri di Perugia. Insegna Italiano, Storia e Geografia in una scuola media della provincia di Grosseto.

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