Paranoia, cospirazione, fede ⥀ Riflessioni sparse sul penultimo (e sull’ultimo) libro del collettivo Wu Ming
Gli ultimi due libri di Wu Ming, La Q di Qomplotto e Ufo 78, riflettono sui motivi che si celano dietro l’esistenza delle teorie del complotto
Il saggio La Q di Qomplotto di Wu Ming 1 (Alegre 2021) e il romanzo Ufo 78 di Wu Ming (Einaudi 2022) sono due opere del collettivo di scrittori Wu Wing che, a mio avviso, riflettono sul legame tra paranoia, cospirazione e fede. I temi affrontati nei due scritti, con particolare evidenza nel primo, si collegano all’evoluzione e alla diffusione della mentalità complottista, fenomeno che ha subito una brusca accelerazione negli anni dell’emergenza sanitaria, risvegliando ansie collettive e sfiducia nel “sistema ufficiale” (la foucaultiana governamentalità, l’ensemble tecnico-accademico-scientifico e il paradigma economico). Nello scenario pandemico il libero mercato e la democrazia liberale pagano lo scotto degli squilibri globali e una parte di mondo profetizza la fine della fine della storia, prospettando un’imminente apocalisse.
Paranoia
Senza perderci in definizioni di carattere etimologico, storico o psicologico, prendiamo la “paranoia” come cosa nota e cominciamo il viaggio. Partiamo da un evento assurto a madre di tutti i cambiamenti della storia, la Rivoluzione francese, con il 1789 in veste di inizio della fine di un mondo e principio di una età liquida, soggetta a leggi mutabili e certezze controvertibili. È proprio il crollo delle certezze su cui si reggeva l’ordine medievale, la Respublica Christiana, a fare paura: il mondo europeo affronta dolorosamente la fine delle unità – la seconda e ultima fine di Roma nel 1453, il tramonto del mito delle colonne d’Ercole nel 1492 e dell’egemonia catto-papale nel 1517 – e i governi assolutisti riescono a far convivere un confortante medievismo, simbolico, concettuale e psicologico, con la razionalità della burocrazia e dell’economia politica, convivenza resa possibile dal dispositivo della sovranità. Nel 1789 il compromesso crolla, si chiudono 13 secoli di storia: il re, il corpo del re, è soggetto alla giustizia popolare alla stregua di un suddito qualunque. «In quei tre minuti impiegati da Luigi Capeto per scendere gli scalini della carrozza si era consumato oltre un millennio di religio regis» (Bertelli 1990, 250). Più di mille anni di storia sono alle spalle e l’ignoto mondo nuovo è davanti; la prospettiva è terrificante.
A guardare con terrore il futuro incerto della Francia non c’erano solo baroni e contadini lealisti, uniti in Vandea contro la coscrizione rivoluzionaria e la costituzione civile del clero, ma anche il terzo stato. Grande Peur (Grande Paura) è la locuzione che usano i modernisti per definire l’ondata di panico che attraversò la Francia nell’estate dell’89: le masse temevano che il governo volesse portare alla fame lavoratori e contadini per vendicare la presa della Bastiglia.
Al modo stesso che il popolo del faubourg Saint-Antoine fremeva di paura e di collera all’ombra della Bastiglia, il contadino vedeva all’orizzonte il castello che, dalle più remote età, aveva ispirato ai suoi antenati ancora più paura che odio. Qualche volta la fisionomia se n’era addolcita; i cannoni erano ammutoliti da un pezzo, le armi erano arrugginite; non si vedevano più soldati ma solo lacchè. Tuttavia, era sempre là; e che cosa si sapeva di ciò che vi accadeva? Il terrore e la morte non potevano forse più uscirne? Dal minimo indizio si traeva la conclusione di preparativi, di raduni per schiacciare il terzo stato (Lefebvre 1953, 109).
L’Europa moderna non era nuova a devastanti ondate di panico: le ripercussioni della Riforma, con la fobia di “fine della cristianità” che portò con sé, soprattutto in quel terribile colpo di coda dello scontro che fu la Guerra dei Trent’anni; il Long Parliament in Inghilterra e la decapitazione del cristianissimo re Carlo I Stuart il 30 gennaio 1649 – Hobbes, fatto tesoro della lezione, fece della paura la cifra della sua teoria politica, motore di ogni governo che sa esercitare la sua autorità indiscussa; l’ondata di moral panic che portò al rogo migliaia di innocenti accusati di essere in combutta con il diavolo. Nel vecchio continente covarono sottotraccia per secoli la paura degli eretici, dei blasfemi, delle carestie, del papa o dell’imperatore, dei signori o del popolino, dei protestanti o dei cattolici. In questo scenario l’esorcizzazione del dolore passa necessariamente dalla vittima sacrificale – si veda Il capro espiatorio di Girard (Adelphi 1987) – che con la sua morte permette al conflitto di ricomporsi e all’uomo comune di tornare a respirare.
Anche per la gente comune l’attacco alle streghe serviva a lenire l’ansia […] l’intera comunità, partecipando alla cattura delle streghe, testimoniando contro di loro e assistendo in massa alla loro esecuzione, agiva in risposta a un bisogno emozionale (Levack 1998, 178).
Le grandi fobie gli europei le portarono con sé nel nuovo continente, rendendo l’America fra i più grandi aggregatori/distributori di paura al mondo. La matassa che Wu Ming 1 sbroglia in La Q di Qomplotto comincia a ingarbugliarsi nell’Europa medievale con l’accusa del sangue (si veda il capitolo dedicato, pp. 395-406), intrecciandosi ancora di più con i timori di un continente in tumulto e di una cristianità in frantumi. Il salto di qualità si compie nel Nuovo Mondo, quando popoli differenti si ritrovano a dover ricostruire una lingua, una confessione, un modello di sviluppo e una narrazione comune. L’indipendenza, prima, e la Costituzione, poi, saranno messe a dura prova dalle mille conseguenze della paura; «qui nel sud siamo cresciuti con la paura, paura degli indiani, paura degli schiavi, paura dei maledetti yankee. Il sud è abituato a convivere con la paura», dice Claude Kersek/Joe Don Baker in Cape Fear (1991).
Ma anche paura per gesuiti, illuminati, massoni, Irlandesi, cattolici (Ottocento), anarchici, immigrati, Italiani, mafiosi (pre-WWII), comunisti, neri, femministe, hippies, satanisti, abortisti (guerra fredda), musulmani, omosessuali, latinos e, di nuovo, neri (XXI secolo). L’antisemitismo nello sfondo. La paura degli Ebrei è sempre presente; male “concepito” dall’universo religioso europeo del medioevo e rimasto latente nella modernità, assume una chiara fisionomia in Russia, giunge al culmine dell’orrore in Germania e resuscita negli Stati Uniti e in Medio Oriente. L’ebreo come incarnazione del male, essere intrinsecamente malvagio, biologicamente diverso, crudele per natura e cosmopolita per furbizia, lavora per distruggere l’unità nazionale, il lavoro, la famiglia, la sessualità “conforme” e l’America bianca e cristiana. Verrà punito nel giorno del giudizio. L’ebreo che lavora per il signore oscuro: Satana. Secoli dopo la controriforma Satana è ancora vivo, entra dalla porta sul retro nelle case delle famiglie che si disgregano e abbandonano la chiesa, i valori americani e il duro lavoro. La fine del sogno americano porta con sé liberazione sessuale, droga, rock and roll, capelli lunghi e disobbedienza contro la guerra e contro la bandiera: una nuova ondata di panico collega Michelle Remembers (Wu Ming 1 2021, 479-488) alla axis of evil di Bush jr.
L’America e il mondo arrivano già terrorizzati all’undici settembre.
La guerra fredda è finita ma Bush sr. ha mandato le truppe in Iraq e Panama, Clinton in Haiti, Somalia ed ex-Jugoslavia. L’URSS è caduta ma, come disse Badoglio nel 1943, «la guerra continua». Dopo che fanatici antigovernativi e fondamentalisti cristiani hanno tentato l’assalto al “socialismo in casa” – cliniche abortive bombardate e medici assassinati, conflitti a fuoco con agenti federali e la strage di Oklahoma City del 1995 –, il grande nemico comune ritorna a unire l’America e i suoi alleati, ovvero tutto quel mondo che crede che la storia sia finita (Fukuyama 1992) e che il liberalismo sia destinato ad arrivare ovunque. Rally around the flag! la difesa della libertà richiede la paura per i regimi illiberali, per le atomiche iraniana e nordcoreana, per la rete latino-socialista capeggiata da Cuba e Venezuela, per l’ascesa della Cina e per l’instabilità dell’Africa.
L’America e il mondo arrivano già terrorizzati a Trump.
C’erano stati Obama e l’allarme che aveva provocato fra gli ultraconservatori, l’islamismo e la scia di cadaveri che aveva lasciato dietro di sé, il ritorno sulla scena dell’estrema destra. Lo spettro novecentesco degli immigrati, dei socialisti e della crisi economica era tornato a spaventare la classe media.
L’America e il mondo arrivano già terrorizzati al Covid-19, a Qanon e all’invasione russa dell’Ucraina.
Cospirazione
Il termine conspiracy non necessariamente rimanda a piani diabolici per controllare il mondo; è l’aggiunta della locuzione theory a rendere più interessante il tutto. In Italia tendiamo a usare il termine “complotto”, da cui teoria del complotto. Il problema sorge quando si deve riconoscere che i complotti esistono per davvero, ovunque, da sempre.
L’errore più comune nell’opporsi alle «teorie del complotto», infatti, consisteva nel negare tout court l’esistenza dei complotti, col risultato di sminuire qualunque denuncia e di chiamare «complottismo» ogni inchiesta scomoda o manifestazione di pensiero critico. E invece di complotti ne erano esistiti, ne esistevano e ne sarebbero esistiti ancora. In ogni momento, da qualche parte, «qualcuno complottava». Il lavoro sta tutto nel distinguere «i complotti veri da quelli immaginari» (Wu Ming 1 2021, 134).
Che cos’è una teoria del complotto? Si domanda Brotherthon. «La difficoltà di definire il termine “teoria del complotto” è stata paragonata al tentativo di definire la pornografia – un’impresa che, com’è noto, ha costretto il giudice della Corte suprema degli Stati Uniti Potter Stewart a concludere, semplicemente, “la riconosco quando la vedo”» (Brotherthon 2015, 71). Ma non devo obbligatoriamente vederla, posso sentirla o, peggio, immaginarla. La cospirazione non si svela mai definitivamente (o non sarebbe segreta) e ciò permette di speculare all’infinito, trovare correlazioni, fossero anche spurie, perdersi in tecnicismi ingestibili senza un’adeguata formazione – si veda l’effetto Dunning-Kruger, the less you know, the less you know you don’t know – e senza curarsi dell’impatto con il muro di realtà opposto dalla scienza: affidabilità dei dati, riscontro empirico, causa-effetto, ripetibilità, ecc. La soluzione è spesso più semplice del previsto, perché la casualità degli eventi non si cura di assecondare le esigenze psicologiche di chi vuole, o meglio, deve, “unire i punti”: come insegna il Rasoio di Ockham, just do the math.
Semplice, per chi conosce perlomeno le basi: «perché il mare era salato? Perché d’estate faceva più caldo che d’inverno? Cosa faceva il fegato, esattamente? A quelle domande la maggior parte di noi non avrebbe saputo rispondere al volo» (Wu Ming 1 2021, 154). Eppure, sembra così facile avanzare “teorie” sulla demolizione controllata delle torri gemelle o sull’origine del virus SARS-CoV-2: è sufficiente autocertificarle come scomode e conoscere le basi di scienza delle costruzioni o di epidemiologia diventa irrilevante nell’economia del discorso. Come si sviluppa il complotto in un contesto paranoide? Hofstadter in uno studio pioneristico del 1964 sentenzia: «nello stile paranoide, per come lo concepisco, il sentimento di persecuzione è centrale, ed è strutturato in elaborate teorie della cospirazione» (Hofstadter 2021, 12). Persecuzione che sia vera o presunta, conseguenza giustificata o meno, la vittimizzazione è una componente essenziale.
Ora torniamo al principio, alla Rivoluzione francese. Il primo testo complottista della storia moderna tenta di spiegare proprio come è stata possibile ma, soprattutto, di chi è la colpa. Augustin Baurrel dà alle stampe nel 1798 Mémoires pour servir à l’histoire du Jacobinisme, dove racconta di un complotto che coinvolge massoni, occultisti, illuministi e che intende rovesciare il governo legittimo e scristianizzare la Francia, da lì il mondo.
Il cospirazionismo moderno nasce per spiegare la Rivoluzione. Quasi tutte le fantasie di complotto moderne risalgono a un periodo che va da fine diciottesimo secolo a inizio ventesimo. Nascono per reazione al grande terremoto, per descriverlo come una mera congiura, seppure vasta. Da allora ci sono state quasi solo ricombinazioni (Wu Ming 1, 416).
Dall’altra parte dell’oceano si teorizzava un altro grande complotto speculare, i cui cospiratori erano cattolici e tramite la testa di ponte gesuita volevano distruggere la democrazia americana – da un giornale texano del 1855: «è cosa notoria che i monarchi d’Europa e il Papa di Roma in questo esatto momento complottano per la nostra distruzione e minacciano l’estinzione delle nostre istituzioni politiche, civili e religiose» (in Hofstadter 2021, 20) – o magari, anche qui, massoni. Nell’Ottocento ogni evento catastrofico può riferirsi a una cospirazione, che siano gli “illuminati di Baviera” (la cui storia finisce in realtà nel 1784) o gli Ebrei.
Di nuovo gli Ebrei, il prezzemolo del cospirazionismo. Liberali ma marxisti, capitalisti ma comunisti, internazionalisti ma radicati nelle istituzioni, patriarcali ma femministi, endogami ma promotori della mescolanza delle razze. Quando a inizio Novecento l’Ochrana scrive e fa circolare I protocolli dei Savi di Sion la storiella è già vecchia (la fonte originaria è Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu del 1864 di Maurice Joly) ed è stata rimaneggiata da fanatici antisemiti per decenni. Ai confini dell’Impero russo si trovava la cosiddetta zona di residenza, organizzata in shtetl, in cui vivevano milioni di Ebrei. Come per l’Europa a ovest del confine – imperi tedesco e austro-ungarico – gli Ebrei vivevano in comunità ai limiti dell’indipendenza dal governo centrale, parlando la propria lingua e organizzandosi economicamente e politicamente. Un popolo che sembrava arricchirsi grazie a finanza e professioni liberali, che aveva una cultura e un’istruzione migliore della media e che sentiva come fratelli gli Ebrei di tutto il mondo, anche se vivevano nei territori del nemico.
Quando le cose cominciarono a mettersi male per un modello di governance obsoleto e fuori dalla storia, quale era quello zarista, divennero il perfetto capro espiatorio. Più a ovest, in Francia, il terrore di diventare una colonia tedesca (si veda Maurras e l’Action Francaise) era palpabile: vicini di casa (e nemici) della nazione dotata dell’esercito fra i più avanzati del mondo, del sistema d’istruzione migliore del mondo, di un’industria all’avanguardia, di un impressionante numero di germanofoni che abitava da Strasburgo a Leopoli. I conservatori francesi videro nell’ebreo Dreyfus la pedina di un complotto contro di loro. Toccò poi alla Germania, che si sentiva tradita dai suoi politici e dagli Ebrei: la destra nazionalista vide in loro la fonte di ogni complotto antitedesco; come andò a finire è noto a tutti. In Dixieland, quando la classe operaia bianca temeva di perdere il “privilegio” di una paga decente, a svantaggio dei neri, e la classe media di dover mandare i figli a scuola con i figli della servitù – il KKK nasce dalla paura di un’eventuale ribellione degli schiavi liberati e si sviluppa per rispondere alla paura degli immigrati cattolici, disposti a lavorare per due spiccioli. A muovere i fili di tutto sono sempre loro, gli Ebrei, si teme che vogliano rendere l’America una cloaca su cui dominare dopo aver tolto di mezzo gli onesti lavoratori americani.
Non solo il primo mondo, anche i “dannati della terra”: l’antisemitismo di molti vicini di casa di Israele, con Hamas e i governi iraniani che recuperano i Protocolli; le teorie del complotto sul crack come arma di distruzione degli afroamericani; l’HIV inventato a tavolino per decimare l’Africa; il terrore di un’altra dirty war americana contro i socialismi latini. Qanon è l’utimo step di un’evoluzione della destra populista (ma diciamo pure radicale) che sfocia nella conspirituality:
A politico-spiritual philosophy based on two core convictions […] (1) A secret group covertly controls, or is trying to control, the political and social order […] (2) Humanity is undergoing a ‘paradigm shift’ in consciousness, or awareness, so solutions to lie in acting in accordance with an awakened ‘new paradigm’ worldview (Ward et al. 2011, 104).
Ma, come recita il titolo di un capitolo de la Q di Qomplotto, il problema non è solo a destra (si veda Wu Ming 1 2021, 173-178). Persone di grande levatura, e indubitabile fede progressista, hanno parlato apertamente di complotti ai loro danni: noti intellettuali liberal, come Vidal, hanno diffuso fake news mentre combattevano la propria battaglia intellettuale all’imperialismo del governo americano (si veda Tonello 2002), esponenti di spicco della sinistra hollywoodiana hanno commesso qualcosa di più grave: scegliere le fonti, escludendo quelle che contraddicono la versione in cui si è deciso di credere. Stone nel film JFK del 1991 menziona un discorso di Kennedy che recita «in ultima analisi, è la loro guerra [dei sudvietnamiti]. Sono loro che devono vincerla o perderla», a conferma della teoria per cui il presidente fu ucciso da un complotto interno alla CIA per la sua ritrosia a continuare la guerra. Peccato che il discorso continui: «ma non sono d’accordo con chi dice che dovremmo ritirarci. Sarebbe un grosso errore» (riportato in Brotherthon 2015, 240).
Il complottismo su big pharma, le grandi banche, il complesso militare-industriale e, centro di emanazione del complottismo post-moderno, l’11/9, hanno attecchito più a sinistra che a destra. Lo scudo di credibilità a sinistra, che dovrebbe salvare anche le idee più grottesche, deriva dal fatto che talvolta ci hanno preso, Piazza Fontana è forse l’esempio più eclatante. Ufo 78 sembra muoversi su questa linea. Italia, 1978: l’anno di Moro e delle BR, ma anche l’anno degli “avvistamenti” e della via italiana all’ufologia, alla clipeologia e ad altri campi di interesse che anticiparono, volenti o nolenti, il riflusso nel privato degli anni Ottanta. In Ufo 78 un complotto c’è, è reale: si muove entro le coordinate fornite dagli anni di piombo e il mondo “deviato” delle istituzioni che cospira, realmente, per distruggere diritti e democrazia.
Il governo, il potere, il nuovo ordine mondiale, loro, diventano oggetto di speculazioni ai limiti del ridicolo che pur partono da fatti conclamati. Ma quando comincia questa arraffazzonata guerra all’establishment?
Forse è iniziato tutto negli anni settanta, con la crisi di fiducia nell’amministrazione americana seguita allo smascheramento della presidenza paranoide di Richard Nixon. O forse fu negli anni sessanta, con la perdita collettiva di innocenza avvenuta con la morte di John F. Kennedy e l’escalation della disfatta in Vietnam. O forse era iniziato tutto con la strisciante paranoia della guerra fredda negli anni cinquanta (Bortherthon 2015, 21).
Qualche decennio dopo, nel 1991, con Behold a Pale Horse di Milton Cooper siamo già arrivati a black helicopters, FEMA deathcamps, microchips.
Cooper’s claim in the second document regarding abductee implants and concentration camps were equally sweeping. One in every forty Americans has allegedly been implanted, which would amount to several million individuals. The concentration camps are part of a plan in which, under the pretext of a terrorist nuclear threat, martial law would be declared and media nationalized (Barkun 2013, 95).
L’incredibile diventa credibile, il surreale reale. Anche i rettiliani ora hanno senso.
Fede
Il fisico della NYU Alain Sokal nel 1996 inviava alla prestigiosa rivista di cultural studies «Social Text» un paper completamente privo di senso, Transgressing the Boundaries: Towards a Transformative Hermeneutics of Quantum Gravity. Sokal voleva dimostrare che in certi ambienti qualsiasi scritto “suoni bene” e sia in sintonia con i preconcetti ideologici degli editor può essere pubblicato, anche se stracolmo di errori da principiante e calcoli sbagliati, dunque a prescindere da metodo, onestà intellettuale e deontologia professionale. Il paper fu accettato e pubblicato. Forse un solo esperimento, per di più così condotto, non è sufficiente a mettere in discussione intere discipline, ma è pur sempre un utile indicatore.
Il 12 ottobre 2022 un giudice del Connecticut impose ad Alex Jones di versare quasi un miliardo di dollari alle famiglie delle vittime della scuola elementare Sandy Hook, 26 fra bambini e insegnanti uccisi dal mass shooter Adam Lanza il 14 dicembre 2012. Per anni Jones ha sostenuto che il massacro non è mai avvenuto e ha accusato i genitori (di bambini inesistenti) di essere crisis actors: tutto parte di un grande piano del governo per approvare leggi restrittive sul possesso di armi da fuoco e aumentare regole e burocrazia, primo step per il controllo di menti e corpi dei cittadini americani. Lo hanno portato in tribunale e hanno vinto la causa.
Secondo Barkun la mentalità complottista si regge su una forma di conoscenza stigmatizzata da lui definita suppressed knowledge: «allegedly known to be valid by authoritative institutions but [le conoscenze] are suppressed because the institutions fear the consequences of public knowledge or have some evil or selfish motive for hiding the truth» (Barkun 2013, 27).
Cosa c’entrano i primi due aneddoti con la legge di Barkun? Il mindset alla base di credenze o di processi di scelta ed elaborazione dei dati. La scienza “ufficiale” viene messa sotto accusa in quanto espressione del potere che codifica e formalizza tecniche di dominio; la verità diventa relativa; tecnici e professori sbagliano, io no, I did my own research; niente è ciò che sembra (si deve decostruire tutto); il mondo si divide manicheisticamente in buoni e cattivi, amici e nemici, oppressori e oppressi. Ma, soprattutto, è sempre sufficiente identificarsi in “vittima”, di qualcuno o qualcosa. Così anche i “privilegiati” diventano vittime del sistema, delle tasse, del governo, degli immigrati, delle femministe, del patriarcato, del gender, della polizia, della biopolitica. Si sceglie la categoria vittimologica e, in un attimo, Elon Musk diventa un paladino del free speech e Michelle Obama oppressa da un elettore trumpiano qualsiasi che vive in povertà nella rust belt. Il potere – quello vero, non la “lobby gay” o la “lobby omofoba” – ringrazia e cavalca l’onda per mantenere tutto così com’è (il sottotitolo di La Q di Qomplotto è, non a caso, Come le fantasie di complotto difendono il sistema).
Un tempo maliziosi e illuministi definivano “religione” qualsiasi credo che negasse l’evidenza. La religione è qualcosa di certamente più complesso e più nobile delle banalità a cui la riducono quotidianamente coloro che hanno ricevuto un’istruzione superiore alla propria intelligenza, ma richiede pur sempre che il miracolo si compia, che il pane si trasformi in corpo, che il martire raggiunga le 72 vergini, che Mosè apra le acque. Per compiersi l’uomo deve credere, anche fra le macerie, anche quando nulla ha più senso: «nessuno è ateo in trincea» diceva Marchesi. Credo ut intelligam, credere al complotto è un atto di fede.
In un universo alternativo Obama è nato in Kenya, è in atto una grande sostituzione, e gli uccelli non sono reali. Se ci credi è possibile, ma devi crederci con tutto te stesso. La favola che sottende la storia di Ufo 78 è forse proprio questa, gli avvistamenti danno speranza a chi vive con ansia la guerra civile alle porte, c’è qualcuno là fuori perché di questo ho bisogno, di avvistamenti (rimando a Debouzy 2002). Non a caso, I want to believe.
C’è questo tizio che dice che i marziani l’hanno picchiato in montagna. E chissenefrega! È così importante dimostrare che non erano davvero extraterrestri? Se uno ci vuol credere, di sicuro non smette perché glielo dici tu. Voglio dire: giù in strada c’è la guerra civile, la repressione, la gente che va in carcere per un volantino, l’eroina che ci ammazza. Ti pare che me la devo prendere con uno che vede i marziani? Beato lui! (Wu Ming 2022, 272).
Cos’è l’ufologia se non un «articolato tentativo di esorcizzare il perturbante dentro di sé»? (ibid., 273). Cos’è il cospirazionismo se non una strategia di coping in un mondo in cui non si trova un posto? Un safe space dove ci siamo prima Io e il mio nuovo Dio? Al collasso delle grandi escatologie si risponde con una nuova grandiosa narrazione, nuovi simboli, nuovi martiri, un nuovo verbo incarnato. Alla Grande Peur postmoderna si risponde ergendo un culto (politico, tecnologico, scientifico) a religione, e trovando un orizzonte di senso in un sistema di (non)valori che presto o tardi diventerà il giocattolino del grande nemico trasversale: loro.
Dalla Paranoia alla Cospirazione come atto di Fede.
È sotto gli occhi di tutti, basta unire i punti.
(Andrea Germani)
Bibliografia
Barkun M., A culture of conspiracy, Berkeley: California University Press, 2013.
Bertelli S., Il corpo del re, Firenze: Ponte alle Grazie, 1990.
Brotherthon R., Menti sospettose, Torino: Bollati Boringhieri, 2015.
Debouzy M., «“E poi mi attirarono sull’astronave”: rapiti dagli alieni nell’America di fine millennio», Àcoma, VIII, 23, 2002, 22-40.
Fukuyama F., La fine della storia, Milano: Rizzoli, 1982.
Girard R., Il capro espiatorio, Milano: Adelphi, 1987.
Hofstadter R., Lo stile paranoide nella politica americana, Milano: Adelphi, 2021.
Lefebvre G., La grande paura del 1789, Torino: Einaudi, 1953.
Levack B., La caccia alle streghe in Europa, Roma-Bari: Laterza, 1998.
Tonello F., «Dare corpo alle paure: le teorie del complotto», Àcoma, VIII, 23, 2002, 41-52.
Ward C., Voas D., «The Emergence of Conspirituality», Journal of Contemporary Religion, 1, 2011, 103-21.
Wu Ming 1, La Q di Qomplotto, Roma: Alegre Edizioni, 2021.
Wu Ming, Ufo 78, Torino: Einaudi, 2022.
Andrea Germani nasce e cresce a Perugia, si diploma al liceo classico e va a vivere a Bologna per studiare filosofia. Dopo la laurea lavora in vari settori, cambiando occupazione per noia o per necessità, prima di tornare “in aula”: consegue un dottorato di ricerca specializzandosi in filosofia e teoria politica, discipline di riferimento in anni di ricerche e scritture, assieme agli studi storici e alle scienze sociali. Attualmente è in post-doc ed è autore del suo podcast, a breve nelle “migliori piattaforme”.
* Immagine in copertina di Jamie Lee Curtis Taete, Signs with various conspiracy theories are on display at a “Save the Children” rally in Los Angeles on Aug. 22 (fonte: Vera Bergengruen, QAnon Candidates Are Winning Local Elections. Can They Be Stopped?, in «Time»).