Poesia, realtà e immaginazione in William Carlos Williams e Jack Spicer ⥀ MediumPoesia & Argolibri

Mercoledì 28 ottobre,  alle ore 18.30, si è discusso della poesia di William Carlos Williams e Jack Spicer, con Paul Vangelisti, Anna Ruchat, Tommaso Di Dio, Andrea Franzoni e Francesco Ottonello

 

Poesia, realtà e immaginazione in William Carlos Williams e Jack Spicer L’incontro sarà visibile dalle 18.30 di mercoledì 29 ottobre sulle pagine Facebook di Argo e MediumPoesia.
L’evento verrà trasmesso anche su Youtube, sul canale ArgoWebTv.
Di seguito è possibile attivare la notifica come promemoria.


 

«Come gli alberi che vide Williams»

 

Non sono poche le corrispondenze, come d’altronde le variazioni di poetica, emerse dalla pubblicazione coeva, in traduzione italiana, di “Spring and all” (1923) di William Carlos Williams (La primavera e tutto il resto, a cura di Tommaso Di Dio, Le meteore, Iris Edizioni, 2020) e dei tre volumi, tutti composti e pubblicati nel 1958 da Jack Spicer, ovvero “Admonitions”, “A book of music” e “Fifteen false propositions against god”, raccolti di recente in un’unica pubblicazione da Argolibri (Un rosario di bugie, a cura di Andrea Franzoni, Talee, Argolibri, 2020).

Cercheremo di scoprire queste due pubblicazioni, come le rispettive collane di appartenenza, in un incontro online realizzato in sinergia tra la rivista Argo e MediumPoesia, che si terrà il giorno 28 Ottobre, alle 18:30, in compagnia di Paul Vangelisti (poeta, traduttore), Anna Ruchat (traduttrice, responsabile della collana “Le Meteore” con Domenico Brancale), Tommaso Di Dio (poeta, traduttore), Andrea Franzoni (poeta, traduttore, co-curatore con Fabio Orecchini della collana “Talee”) e Francesco Ottonello (poeta, critico, MediumPoesia.com), con quest’ultimo a moderare il dibattito.

Liberare la lingua dalla truffa in cui società e linguaggio fondano se stessi, dall’imperialismo incorporato nell’immagine, de-retoricizzare l’io («Ogni volta che dirò “io”, intenderò anche “tu”» scriveva Williams) contro ogni confessionalismo sterile («la grande bugia del personale» la definiva Spicer), mettendo in primo piano il materiale linguistico, la natura della lingua, privandola del portato retorico dell’immagine e dell’immaginario, queste sono alcune delle importanti corrispondenze emerse.

Eppure, con interessanti variazioni: l’uno, Williams, in risposta alla “Waste Land” di Eliot, uscito proprio l’anno precedente a “Spring and all”, celebra l’atto poetico come strumento di percezione massima del momento, che per essere raffinato e intensificato necessita di una forza che il poeta stesso chiama immaginazione, per cui la poesia non vuole essere nient’altro che strumento, medium, di questo percepire; e l’altro, Spicer, sul finire degli anni ’50, in opposizione al Formalismo e al movimento Beat in rampa di lancio mainstream, si rivolge verso una più libertaria poetica della relazione, in cui sia il linguaggio stesso della poesia ad accogliere e disvelare l’altro da sé, a rivelare il reale, o, per meglio dire, fare sì che la poesia possa seminare realtà nel reale, senza considerarsi debitrice («Le parole sono ciò che si afferra al reale. Le usiamo per spingere il reale, per tirare il reale nella poesia. Sono ciò con cui ci teniamo, nient’altro»).

Per non parlare dell’utilizzo alternato e funzionale («la prosa inventa, la poesia rivela») di poesia e prosa, pratica dialettica comune ai due autori: di lacerti narrativi e prose poetiche, nel caso di Williams, o di lettere rivolte ad amici, poeti ed editori per quanto concerne Spicer, in tutti e due i casi con intenti di carattere spiccatamente teorico e riflessivo.
E poi gli alberi, incerti, che vedeva Williams, gli olmi aggrappati alla terra delle sue poesie, “quell’immenso orto botanico – selva, giardino, regno di growing things -”*, che ritornano, nel volume spiceriano, pronti a cominciare una rivoluzione, amorosa, ma impalpabile, come «quando mettono le foglie verdi e provano a sembrare dei veri alberi »; gli alberi che la nonna di Williams vide prima di morire («Sulla strada / oltrepassammo una lunga fila / di olmi. Lei li guardò per un po ‘ / dal finestrino dell’ambulanza e disse, / Cosa sono tutte / quelle cose confuse là fuori? / Alberi? Bene, sono stanca / di loro e girò la testa dall’altra parte»), versi che Spicer, molti anni più tardi, farà finta di non ricordare, in una delle poesie più belle di “Quindici false proposizioni contro dio”.
Proviamo insieme -noi, oggi- ad addentrarci e smembrare, a voci nude, «questa foresta confusa».

 

X

Alberi. Quelle cose confuse?» domandò il nonno di Williams
o forse era sua nonna sulla strada per l’ospedale. Un viaggio
Che tutti dovremo fare.
Non ricordo bene la poesia ma so che la bellezza
Sempre diventerà confusa
E l’amore sarà confuso
E il fatto stesso di morire sarà confuso
Come un grande albero.
Allora, lasciate ch’io abbatta una ad una
Qualunque cosa blocchi la mia vista
Gente, alberi, i miei stessi peduncoli oculari.
Lasciate ch’io smembri
Con queste nude mani
Questa foresta confusa.

Jack Spicer, nella traduzione di Andrea Franzoni – da “Quindici false proposizioni contro dio”, contenuto in “Un rosario di bugie” (Argolibri, 2020).

 

***

Sulla strada verso l’ospedale del contagio

Sulla strada verso l’ospedale del contagio
sotto l’impennata delle blu
chiazzate nuvole, alla deriva trascinate dal
nordest – un vento freddo. Al di là, lo
spreco di vasti, fangosi terreni
bruni di erba secca, stagnanti e cadute
toppe d’acqua stagnante
uno spargimento di alti alberi
lungo tutta la strada, la rossastra
violacea, biforcuta, retta e sterposa
cianfrusaglia di cespugli e alberelli
con le morte, scure foglie sotto di loro
viti senza foglie –
All’apparenza senza vita, la fiacca
la stupefatta primavera si approssima –
Entrano nel nuovo mondo nudi
freddi, incerti di tutto
tranne che del loro entrare. Tutto intorno a loro
un vento freddo e familiare –
Adesso l’erba, domani
il rigido ricciolo della foglia di carota selvatica
uno dopo l’altro, gli oggetti si definiscono –
Accelera: chiarità e contorno di foglia
ma adesso la brulla dignità
di ogni entrare – Immobili, un profondo mutamento
è giunto in loro: radicati, s’aggrappano
giù, alla terra e cominciano
a risvegliarsi.

William Carlos Williams nella traduzione di Tommaso Di Dio, da “La primavera e tutto il resto” (Iris edizioni, 2020).


* Definizione di Cristina Campo contenuta nell’introduzione a Il fiore è il nostro segno, poesie di W.C.W. scelte e tradotte dalla stessa, pubblicato in edizione numerata nel 1958 (proprio l’anno in cui Spicer pubblica i tre volumi inclusi in Un rosario di bugie) da All’insegna del pesce d’oro e dedicato da Cristina Campo e dall’editore stesso Vanni Scheiwiller al settantacinquesimo compleanno del poeta.

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