Le possibilità di David Eloy Rodríguez, tradotte da Lorenzo Mari ⥀ Passaggi
Passaggi oggi presenta quattro prose brevi tratte da Le possibilità di David Eloy Rodríguez: L’uomo che aveva una nuvola scura sulla testa, L’ascensore, L’uomo che assomigliava a Álex de la Iglesia e La milleunesima notte, nella traduzione di Lorenzo Mari. L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Illustrazione in copertina di Sofia Dolci.
Poeta, autore di letras flamencas, co-editore di Libros de la Herida, David Eloy Rodríguez (Cáceres, Extremadura, 1976) ha recentemente esordito nel microrrelato, o racconto breve, con Las posibilidades (De La Luna Libros, 2022). A continuazione di un lavoro iniziato con la traduzione della plaquette Il desiderio è un ospite (L’Arca Felice, 2015) e arrivato fino alla traduzione degli ultimi testi poetici dell’autore su Le Nature Indivisibili (2022), Lorenzo Mari propone qui una selezione di estratti da Le possibilità.
L’uomo che aveva una nuvola scura sulla testa
Prima c’era il sole, un bel sole, raggiante; poi ombra; poi una pioggia intensa, ma soltanto sopra di lui.
L’uomo stava lavorando nel suo orto quando si accorse che aveva una nuvola scura sulla testa. Se ne rese conto, di fatto, perché stava piovendo e pensò che quella pioggia avrebbe fatto bene alla campagna, a quella che stava coltivando e, in generale, a tutta la campagna.
L’uomo pensò: «Che situazione curiosa: la pioggia cade soltanto su di me (va be’, non soltanto su di me, ma quasi); oltre a questa nuvola che casualmente ho sulla testa, il cielo è sereno». E pensò anche: «Una nuvola passeggera». E anche: «È un temporale estivo».
La pioggia, però, continuava a cadere sulla testa dell’uomo. Non cessò per tutta la mattina. La nuvola lo accompagnava, con movimenti compassati. «Be’, cose che succedono», diceva l’uomo mentre camminava verso casa salutando le persone che, come ogni giorno, incontrava sul suo percorso. E anche: «Cosa ci possiamo fare». E anche: «Non so come glielo spiegherò, all’osteria».
A partire da quel giorno, la vita dell’uomo non fu facile. Il fatto è che, esattamente da quel momento nell’orto che vi dicevamo, a prescindere dal luogo in cui si trovasse, in qualunque paesaggio e sotto qualunque tetto, e indipendentemente dal clima che ci fosse a poca distanza da lui, sulla testa dell’uomo c’era in modo permanente una nuvola che portava pioggia. Una nuvola. Che portava pioggia.
Mettetevi nei suoi panni. Tutta la sua vita cambiò.
Dovette modificare le sue abitudini, si dovette adattare alle nuove circostanze. Ve lo potete immaginare.
Vi risparmieremo il racconto di tutte le sue sofferenze. Basta dirvi che aveva limitato le sue uscite di casa al minimo indispensabile, che riceveva sempre meno visite e che aveva sempre meno amici. Lo sapete: non sempre la gente riesce a mettersi nei tuoi panni.
Dopo alcuni anni sotto il suo inseparabile ombrello e avvolto nel suo impermeabile, con la tosse e con il raffreddore, con una umidità costante e il ristagno dell’acqua, l’uomo non era in gran forma. Una mattina, quasi del tutto uguale alla mattina che vi abbiamo raccontato all’inizio di questa storia, l’uomo stava lavorando nell’orto sotto la sua pioggia, sotto la sua pioggia solitaria e persistente. E si sentì male: stanco, triste, ammalato. E senza dolore né lamento, senza nemmeno accorgersene, l’uomo cadde a terra e morì.
Quando il cuore dell’uomo smise di battere, la nuvola se ne andò, proprio come era arrivata.
Prima c’era una pioggia intensa; poi ombra; poi sole, un bel sole, raggiante.
L’ascensore
Ho deciso di prendere l’ascensore.
Abbiamo superato già da tempo l’ultimo piano.
Non so da quant’è che stiamo salendo.
L’uomo che assomigliava a Álex de la Iglesia
La mia situazione non è facile, credetemi: otto persone su dieci mi confondono con Álex de la Iglesia. Abbiamo, com’è ovvio, una somiglianza fisica indissimulabile (e ci ho provato). Gli occhi? I capelli? La pancetta? Sembrerebbe che la somiglianza vada oltre il visibile: qualcosa nel mio portamento, nella mia compostezza, nel mio essere, ci unisce in modo ineluttabile.
Per qualche ragione, la gente pensa che quello che farebbe Álex de la Iglesia nel caso che qualcuno si accorgesse della sua presenza in pubblico è di negare la propria identità, e quindi mi è di poca utilità mostrare i miei documenti oppure fornire una qualsiasi altra informazione: non c’è spazio per le smentite. Neppure la ritrosia, l’ho verificato, ottiene qualcosa, se non di moltiplicare i problemi e di ingrandire la leggenda. Cosicché, paradossalmente, quando qualcuno mi avvicina per chiedermi un autografo, o per dare un giudizio sui miei film, o per candidarsi per un ruolo nella mia prossima produzione, l’unica opzione che mi rimane è quella di affrontare degnamente la mia responsabilità. Come lo farebbe lui, come immagino che faccia.
Negli ultimi tempi, in effetti, ho conosciuto molta gente. Ci sono bar di Madrid dove vengo trattato come un ministro: non ho mai pagato nulla. Di solito ai fan piacciono soprattutto i miei primi film (suppongo che migliorino grazie alla memoria, sempre così benevola). Sulla sua affabilità e cordialità, l’opinione è unanime. Mi parlano di musica, del conflitto basco, di Guerre stellari. Mi parlano di letteratura, di filosofia, di cibo. Mi parlano delle loro sceneggiature inedite e, in generale, dei loro problemi. Mi raccontano i segreti dell’industria cinematografica, mi chiedono consiglio…
Adesso ho bisogno di tranquillità, di allontanarmi dalla città e dal suo rumore. Ho in testa grandi progetti. Soprattutto uno, forse il più ambizioso, sto preparando la sceneggiatura della seconda parte di Azione mutante.
La milleunesima notte
L’ultima notte a Sheherazade veniva in mente soltanto un racconto iperbreve. Si dispiacque molto per la sua mancanza di ispirazione.
EL HOMBRE QUE TENÍA UNA NUBE SOBRE LA CABEZA
Primero había sol, un sol precioso, radiante; luego sombra; luego una lluvia intensa, pero solo sobre él. El hombre estaba trabajando en su huerto cuando se percató de que tenía una nube oscura sobre la cabeza. Se dio cuenta, de hecho, porque estaba lloviendo y pensó que esa lluvia le vendría bien al campo, al que él estaba cultivando y a todo el campo en general.
El hombre pensó: «Qué curiosa situación: la lluvia cae solo sobre mí (bueno, no solo sobre mí, pero casi); el cielo está despejado más allá de la nube que casualmente tengo sobre la cabeza». Y también pensó: «Una nube pasajera». Y también: «Es una tormenta de verano».
Pero la lluvia continuaba sobre la cabeza del hombre. No cesó en toda la mañana. La nube lo acompañaba, acompasada con sus movimientos. «Bueno, cosas que pasan», discurría el hombre mientras caminaba hacia su casa saludando a la gente que, como cada día, se iba encontrando en su trayecto. Y también: «Qué se le va a hacer». Y también: «No sé cómo voy a explicarlo en la taberna».
No fue fácil la vida de aquel hombre a partir de ese día. Y es que, desde ese mismo momento en el huerto que antes os contábamos, estuviera donde estuviera, en cualquier paisaje o bajo cualquier techo, e independientemente del clima que hubiese a poca distancia de él, sobre la cabeza del hombre había permanentemente una nube lloviendo. Una nube. Lloviendo.
Poneos en su lugar. Toda su vida cambió.
Tuvo que alterar sus costumbres, tuvo que adaptarse a las nuevas circunstancias. Ya os imaginaéis. Os ahorraremos contar sus penalidades. Solo deciros que limitó a las indispensables las salidas de su casa, que cada vez recibía menos visitas, que cada vez tenía menos amigos. Ya sabéis: la gente no siempre sabe ponerse en tu situación.
Iban algunos años de toses y fríos bajo su inseparable paraguas y su impermeable, de humedad constante y encharcamientos, y el hombre no estaba muy bien de salud. Una mañana, en casi todo igual a la mañana que os contábamos al principio de esta historia, el hombre estaba trabajando en el huerto bajo su lluvia, bajo su solitaria y persistente lluvia. Y se sintió mal: cansado, triste, enfermo. Y sin dolor ni queja, casi sin enterarse, el hombre cayó al suelo y se murió.
Cuando el corazón del hombre dejó de latir, la nube se fue como había venido.
Primero había una lluvia intensa; luego sombra; luego sol, un sol precioso, radiante.
EL ASCENSOR
Decidí tomar el ascensor.
Dejamos atrás hace tiempo la última planta.
No sé desde hace ya cuánto que estamos subiendo.
EL HOMBRE QUE SE PARECÍA A ÁLEX DE LA IGLESIA
No es fácil mi situación, podéis creerme: ocho de cada diez personas me confunden con Álex de la Iglesia. Tenemos, es obvio, un indisimulable (lo he intentado) parecido físico. ¿Los ojos? ¿El pelo? ¿La barriguita? La similitud pareciera ir más allá de lo visible: algo en mi porte, en mi compostura, en mi ser, nos une de forma inevitable.
Por alguna razón la gente considera que lo que Álex de la Iglesia haría en el caso de que alguien se percatara de su identidad en público es negar su identidad, así que me es de poca utilidad enseñar el DNI u ofrecer todo tipo de detalles: no caben desmentidos. Hacerme el esquivo, lo he comprobado, tampoco consigue más que multiplicar los problemas y engrandecer la leyenda. Así que, paradójicamente, cuando alguna persona me aborda para pedirme un autógrafo, o poner un calificativo a mis películas, o solicitar un papel para la siguiente producción, solo me queda la opción de afrontar dignamente mi responsabilidad. Como lo haría él, como supongo que él hace.
Desde luego en este tiempo he conocido a mucha gente. Hay bares de Madrid donde tengo trato de ministro: jamás he pagado nada. A los fanes les suelen gustar especialmente sus primeras películas (supongo que ganan en la memoria, tan benévola). Es unánime la opinión sobre su campechanería y cordialidad. Me hablan de música, del conflicto vasco, de La guerra de las galaxias. Me hablan de literatura, de filosofía, de comida. Me hablan de sus inéditos guiones y de sus problemas en general. Me cuentan de los entresijos de la industria del cine, me piden consejo…
Ahora necesito tranquilidad, alejarme de la ciudad y su ruido. Tengo grandes proyectos en la cabeza. Sobre todo uno, acaso el más ambicioso: estoy preparando el guion de la segunda parte de Acción mutante.
LA NOCHE 1001
En la última noche a Sherezade solo se le ocurría un relato hiperbreve. Realmente lamentó estar falta de inspiración.
Chi volesse proporre prose brevi e illustrazioni per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it


Lorenzo Mari
Lorenzo Mari vive e lavora a Bologna. Ha pubblicato alcuni libri di poesia, tra i quali gli ultimi sono Querencia (Oèdipus, 2019) e la plaquette Tarsia/Coro (Zacinto, 2021). In prosa, ha pubblicato il racconto Via Mascarella alta e bassa (autoproduzioni Modo Infoshop, 2019) e ha ottenuto il XXXV Premio Teramo Giovani - Giacomo Debenedetti per il racconto Un percorso sicuro.
Traduce dallo spagnolo (Agustín García Calvo, Sonetti teologici, L'Arcolaio, 2019; César Vallejo, Trilce, Argolibri 2021) e dall'inglese (David Keenan, Memorial Device, Double Nickels, 2020, insieme a Matteo Camporesi).
Ha curato l'edizione italiana di ZURITA. Quattro poemi del poeta cileno Raúl Zurita (Valigie Rosse, 2020), nella traduzione di Alberto Masala.
Collabora con varie riviste online (Pulp Libri, Fata Morgana Web e Jacobin Italia).