A voi starebbe bene? I diritti degli uomini — Annie Denton Cridge

17.00

Brossura

pag. 206 – 12,5×19,5

ISBN: 9788831225533

traduzione di Stella Sacchini e Ilaria Mazzaferro

progetto grafico di Francesca Torelli e Paolo Rinaldi

Collana Rosa fresca aulentissima | n.2 | collana diretta da S. Lorenzetti e F. Sanguineti

in libreria dal 21 giugno

Il libro verrà spedito con posta rapida e tracciata



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Descrizione

Il primo romanzo di fantascienza femminista, pubblicato da A.D.Cridge nel 1870, finora inedito in italiano

 

A voi starebbe bene? di Annie Denton Cridge, tradotto da Stella Sacchini e Ilaria Mazzaferro, rappresenta una pietra miliare nella letteratura di fantascienza e un capolavoro dimenticato di narrazione femminista. Pubblicato da Argolibri nella collana “Rosa fresca aulentissima”, questo romanzo rivoluzionario, scritto nel 1870 e ora per la prima volta disponibile in italiano (con testo originale a fronte), ci trasporta in una realtà alternativa dove i ruoli di genere sono capovolti e la lotta per la parità di diritti si svolge su Marte. Attraverso il racconto di nove sogni di una narratrice femminile, Denton Cridge esplora un futuro in cui le donne guidano la società, culminando nella visione di un’America governata da una Presidentessa.

Con un’introduzione di Valeria Palumbo, questo volume è rivolto a tutte e tutti, in particolare a chi studia la letteratura e le storie di emancipazione femminile ma si rivela una lettura essenziale per chiunque aspiri a un mondo di uguaglianza e giustizia. Un’opera che, pur nella sua storicità, ci parla direttamente di diritti e identità, rendendola imprescindibile per ogni libreria..

 


 

Annie Denton Cridge (1825-1875) fu una scrittrice, femminista e visionaria britannica emigrata negli Stati Uniti, conosciuta per il suo impegno nella lotta per i diritti delle donne e per il suo contributo significativo alla letteratura utopica e di fantascienza. Nata in Inghilterra, Cridge si trasferì negli USA dove divenne attivamente coinvolta nel movimento suffragista, sostenendo con passione l’uguaglianza di genere e i diritti civili. Oltre alla sua scrittura, Cridge fu una oratrice eloquente. Partecipò a numerose conferenze e incontri pubblici per promuovere le cause femministe e attirare l’attenzione sui diritti delle donne. La sua eredità persiste come fonte di ispirazione per le generazioni successive di attivisti e scrittori impegnati nella lotta per un mondo più equo e inclusivo.

Rassegna Stampa

Online

Estratto su Le parole e le cose, 17 Luglio 2024

Annie Denton Cridge/ Il primo romanzo di fantascienza femminista su Pulplibri, 6 settembre 2024


Quotidiani e riviste

Recensione di Agnese Cipriani, Le Monde DIplomatique-il manifesto, ottobre 2024

“Annie Cridge, il futuro è già tra noi” di Silvia Veroli, Alias – il manifesto, 29 Giugno 2024

“Lui cucina e fa il bucato. 1870, i sogni di una donna” di Carmen Pellegrino, La Lettura – Corriere della Sera, 22 Settembre 2024


Recensione

Agnese Cipriani, Le Monde Diplomatique-il manifesto, Ottobre 2024

“Last night I have a dream”…. Nove sogni ci trasportano sul pianeta Marte alla scoperta di un mondo paradossale e capovolto. A voi starebbe bene? I diritti degli uomini di Annie Denton Cridge, capolavoro della fantascienza femminista, è il racconto di un mondo in cui tutti i ruoli e luoghi pubblici sono occupati da donne, mentre gli uomini sono a casa a badare ai figli e alle faccende di casa. Narrazione distopica, ironica e coinvolgente di un passaggio di stato, dalla subordinazione (qui dell’uomo) alle lotte per i suoi diritti. Se Annie Denton Cridge, scrittrice ingiustamente dimenticata, ci parla del suo XIX secolo, nel quale ha combattuto facendosi portatrice delle istanze femministe nella lotta per i diritti, non è però difficile vedere il parallelismo con la contemporaneità: questo testo, dopo un secolo e mezzo dalla sua prima pubblicazione negli Stati Uniti (1870), è inquietante nella sua attualità. Ci parla anche della nostra società, dei nostri ruoli. Lo fa attraverso uomini che, nel mondo capovolto, hanno paura a rincasare tardi da soli, a partecipare alle assemblee senza l’appoggio delle mogli; uomini non ascoltati né rispettati, perché considerati per natura inferiori. Il romanzo esce per la prima volta in traduzione italiana (ma con testo originale a fronte) ad opera di Ilaria Mazzaferro e Stella Sacchini per Argolibri, nella collana “Rosa fresca aulentissima”, dedicata alla riscoperta della scrittura femminile rimossa. L’ottima introduzione di Valeria Palumbo ci apre le porte al mondo obliato di Denton Cridge, che si dimostra una scrittrice visionaria su materie come la gestione del denaro, le leggi, la religione, l’istruzione. Immagina la “Società per i diritti delle bambine e dei bambini” grazie alla quale, attraverso l’educazione, si persegue un cambiamento radicale, “perché la conoscenza è potere”. Il romanzo ci invita a riflettere e ci lascia con la consapevolezza che “è la condizione, non il sesso, la radice del problema”, verità che non possiamo più ignorare. Nove sogni o, come intuisce la scrittrice in chiusura del romanzo, una lunga profezia di un mondo possibile.

Annie Cridge, il futuro è già tra noi

Silvia Veroli, Alias – il manifesto, 29 Giugno 2024

La Punta della Lingua è un festival internazionale di poesia, organizzato dall’Associazione Culturale marchigiana Nie Wiem, che in quasi vent’anni di vita ha ampliato il suo raggio di indagine dalla parola lirica in senso stretto alle diverse possibili pieghe del linguaggio, linguacce simboliche comprese.

Nell’edizione 2024 della manifestazione, in programma fino al 2 luglio in diverse località marchigiane da Ancona a Fermo, una sezione tematica è dedicata alla poesia femminile e i linguaggi nel tempo; oggi 29 giugno (alle 19, alla Mole Vanvitelliana di Ancona) propone la presentazione dell’antologia “Si manifesta la tua voce” voci di dodici poetesse e poeti iraniani contro la censura (in collaborazione con Amnesty International Marche).

Sempre oggi e sempre alla Mole di Ancona, alle 21.30, andrà in scena la Compagnia Frosini Timpano (Premio Ubu 2022) con lo spettacolo “Disprezzo della donna. Il futurismo della specie”.

Una poetessa americana, all’Università di Harvard, Amanda Gunn porterà il suo reading il 2 luglio, alle ore 19, alla Chiesa di Santa Maria di Portonovo di Ancona mentre una sua collega vissuta nell’Ottocento, Annie Denton Cridge, è stata già protagonista in contumacia della presentazione in anteprima nazionale del suo libro, “A voi starebbe bene ?– I diritti degli uomini” edito da Argolibri, nella collana Rosa fresca Aulentissima e tradotto per la prima volta in italiano da Stella Sacchini e Ilaria Mazzaferro.

Bisogna essere grati al marchio editoriale di Nie Wiem, associazione che prende il nome dal refrain poetico di un’autrice donna, Wisława Szymborska, il polacco, socraticissimo “Non So” che schiude le porte alla curiosità e quindi alla filosofia, alla scienza, alla speculazione; e davvero la curiosità, ma non nell’accezione stucchevole e pettegola della vulgata, è donna e il libro di Annie Cridge, ottimamente introdotto da Valeria Palumbo lo dimostra appieno.

L’autrice britannica emigrata negli States, pochissimo nota in Europa e non troppo indagata nemmeno oltre oceano, attivista del movimento suffragista e capace oratrice, è considerata antesignana della fantascienza femminista, proprio in ragione di questo libro scritto nel 1870; il romanzo consiste in una pretesa raccolta di sogni, i diari di viaggio onirico della scrittrice che racconta di aver visitato luoghi extraterrestri (Marte segnatamente, il pianeta dove gli essere umani fantasticanti hanno riposto da sempre la loro immaginazione) dove esiste una società matriarcale speculare a quella americana dell’Ottocento; un mondo dove le donne tengono le redini della società, rivestono ruoli apicali, legiferano, studiano, decidono. Gli uomini di contro sono relegati alla cura domestica e familiare, non votano, hanno cervello e intelletto atrofizzati come il corpo imprigionato in abiti costrittivi. Annie Denton Cridge riesce ad un tempo ad essere divertentissima, garbata, arguta e, agli occhi di chi la legge oggi, sommamente inquietante come si addice a ogni inviato ai confini della realtà: è misericordioso lo sguardo su uomini ridicolizzati, decorati, astuti magari ma sempre disadorni perché privi di ogni grazia o barlume di intelligenza. Si sdegna l’autrice e si commuove di fronte ai primi di vagiti di lotta di liberazione dei maschi, puntualmente rintuzzati e irrisi dall’egemonia di genere al potere. La descrizione di Parlamenti di sole donne o di quelli che chiameremmo board aziendali al femminile, su cui si incentra il pamphlet di denuncia politica e socioeconomia incardinata su una dimostrazione per assurdo, è effettivamente e drammaticamente fantascienza anche oggi.

Il lavoro di Cridge, e l’analisi di Palumbo, aprono a più di una riflessione di genere, non solo sessuale, ma anche letterario; “A voi starebbe bene?” (titolo sapiente nel suo ricorso all’argomento umano, prima che femminile, dell’empatia) rientra in un filone che deborda dagli argini di quella che consideriamo fantascienza e forse sta più dalle parti della categoria anglosassone della speculative fiction, caratterizzata da trame che si allontanano dal realismo, a prescindere dall’elemento dello spazio o del tempo, o da quello scientifico e tecnologico. Si tratta comunque di storie sbalorditive; “Amazing stories” è stato del resto anche il titolo della prima rivista americana di racconti di Science Fiction (ideata nel 1926), poi mutuato da due serie di tv: la prima di Spielberg, negli Anni Ottanta del secondo scorso, e un suo vago remake risalente all’anno pandemico 2020 tramesso da Apple Tv+. Racconti non sempre marziani ma invariabilmente disturbanti, come quelli della pure fortunata, storica serie tv “Ai confini della realtà”, ché l’inglese amazing ha nell’etimo il maze, il labirinto, l’intrico che disorienta.

E Annie Cridge disorienta, perché mostra la realtà attraverso il suo ribaltamento in uno specchio, come Lewis Carroll a mezzo Alice, come le meravigliose autrici classiche e contemporanee, da Ursula K. Le Guin a Angela Carter, del libro “Le Visionarie” raccolta di ventinove racconti scelti dalla coppia Ann e Jeff VanderMeer : il meglio della narrativa fantastica declinata in chiave femminista di ambientazione futuribile e/o surreale; brevi bildungsroman dove viene costruita l’identità sessuale e dei processi di potere (in Italia editi da Produzioni Nero nel 2018 con la cura di Claudia Durastanti e Veronica Raimo).

Se nel solco della narrativa speculativa viaggiano molto bene anche “Orlando” di Virginia Woolf e tutti i racconti di Daphne Du Maurier, e il pretesto narrativo del sogno è quello di L.Frank Baum in Oz (oltre che di Martin Luther King ), la capostipite fantasmagorica di queste trame è Mary Shelley col suo Frankenstein classe 1816;  più che moderno Prometeo o prequel di Pinocchio, sogno avveniristico di una maternità diversa, della potenza creativa e generativa non necessariamente di esseri umani, tema su cui finisce spesso sia il racconto delle Visionarie che in parte la riflessione di Cridge (che tocca in modo non banale anche l’aspetto attuale della moda e della cosmesi facciale) e dove si torna prepotentemente anche oggi perché della faccenda non si viene a capo; si dirigono periodicamente lì le sparate demagogiche dei politici, i dibattiti seri e a volti interrotti degli intellettuali (il caso di Michela Murgia con “Dare la vita”), alcune nuove trame, come quella di “Barbie” di Greta Gerwig, altre ripescate dal passato prossimo: accade con la Modesta di Goliarda Sapienza che,  nella riproposizione di Valeria Golino e Viola Prestieri, nella sua vorace gioia di vivere, è ancora capace di disturbare, non solo gli uomini.

 

Lui cucina e fa il bucato. 1870, i sogni di una donna

Carmen Pellegrino, La Lettura – Corriere della Sera, 22 Settembre 2024

Era il 1870 e su una rivi­sta di Boston, per la prima volta, furono pub­bli­cati cin­que dei nove «sogni» di Annie Den­ton Cridge. Rac­conti defi­niti fan­ta­scien­ti­fici anche per­ché la voce nar­rante si ritrova, a un certo punto, su Marte, calata in una società a ruoli ribal­tati, ma in realtà, se di fan­ta­scienza si tratta, lo è nella misura in cui con­sente l’offu­sca­mento delle anti­che dua­lità: bello brutto, gio­vane vec­chio, uomo donna. Gli altri quat­tro sogni usci­rono qual­che mese dopo, a pun­tate, su una rivi­sta new­yor­kese. Fu il fra­tello di lei, Wil­liam Den­ton, a favo­rirne la pub­bli­ca­zione.

Era il 1870 e su una rivi­sta di Boston, per la prima volta, furono pub­bli­cati cin­que dei nove «sogni» di Annie Den­ton Cridge. Rac­conti defi­niti fan­ta­scien­ti­fici anche per­ché la voce nar­rante si ritrova, a un certo punto, su Marte, calata in una società a ruoli ribal­tati, ma in realtà, se di fan­ta­scienza si tratta, lo è nella misura in cui con­sente l’offu­sca­mento delle anti­che dua­lità: bello brutto, gio­vane vec­chio, uomo donna. Gli altri quat­tro sogni usci­rono qual­che mese dopo, a pun­tate, su una rivi­sta new­yor­kese. Fu il fra­tello di lei, Wil­liam Den­ton, a favo­rirne la pub­bli­ca­zione.

Annie Den­ton Cridge era nata nel 1825 a Dar­ling­ton, nel nor­dest dell’Inghil­terra, e nel 1842 emigrò, assieme a Wil­liam, negli Stati Uniti. I Den­ton veni­vano dal movi­mento car­ti­sta che, ispi­ran­dosi alla Carta del popolo, chie­deva mag­giori diritti e tutele per i lavo­ra­tori, e l’esten­sione del diritto di voto. In Ame­rica Wil­liam divenne pro­fes­sore di geo­lo­gia e assi­duo cul­tore di psi­co­me­tria, si con­vinse che le pie­tre, ade­gua­ta­mente inter­ro­gate, potes­sero par­lare e rav­visò poteri sopran­na­tu­rali in sé stesso, nella sorella Annie che, a suo dire, tenendo una let­tera in mano poteva rife­rire le carat­te­ri­sti­che fisi­che di chi l’aveva scritta, e per­fino nei con­giunti. Annie, nono­stante la gio­va­nis­sima età, cominciò a fre­quen­tare gli ambienti del movi­mento suf­fra­gi­sta, a soste­nere le bat­ta­glie per i diritti civili e l’ugua­glianza di genere, e a scri­verne. Nel 1856 pub­blicò sulla rivi­sta «Social Revo­lu­tion» l’arti­colo inti­to­lato La schia­vitù della mia anima e la sua libe­ra­zione, e in que­sto tracciò la rotta del suo per­corso verso lo spi­ri­tua­li­smo (con­tro l’edu­ca­zione meto­di­sta da cui pro­ve­niva e con­tro il pro­te­stan­te­simo), verso il socia­li­smo uto­pico e la libertà di sce­gliere — se spo­sarsi o meno, per esem­pio, senza impo­si­zioni esterne. Que­stioni che, per sua for­tuna, poté con­di­vi­dere con il marito Alfred Cridge.

Annie Den­ton Cridge era nata nel 1825 a Dar­ling­ton, nel nor­dest dell’Inghil­terra, e nel 1842 emigrò, assieme a Wil­liam, negli Stati Uniti. I Den­ton veni­vano dal movi­mento car­ti­sta che, ispi­ran­dosi alla Carta del popolo, chie­deva mag­giori diritti e tutele per i lavo­ra­tori, e l’esten­sione del diritto di voto. In Ame­rica Wil­liam divenne pro­fes­sore di geo­lo­gia e assi­duo cul­tore di psi­co­me­tria, si con­vinse che le pie­tre, ade­gua­ta­mente inter­ro­gate, potes­sero par­lare e rav­visò poteri sopran­na­tu­rali in sé stesso, nella sorella Annie che, a suo dire, tenendo una let­tera in mano poteva rife­rire le carat­te­ri­sti­che fisi­che di chi l’aveva scritta, e per­fino nei con­giunti. Annie, nono­stante la gio­va­nis­sima età, cominciò a fre­quen­tare gli ambienti del movi­mento suf­fra­gi­sta, a soste­nere le bat­ta­glie per i diritti civili e l’ugua­glianza di genere, e a scri­verne. Nel 1856 pub­blicò sulla rivi­sta «Social Revo­lu­tion» l’arti­colo inti­to­lato La schia­vitù della mia anima e la sua libe­ra­zione, e in que­sto tracciò la rotta del suo per­corso verso lo spi­ri­tua­li­smo (con­tro l’edu­ca­zione meto­di­sta da cui pro­ve­niva e con­tro il pro­te­stan­te­simo), verso il socia­li­smo uto­pico e la libertà di sce­gliere — se spo­sarsi o meno, per esem­pio, senza impo­si­zioni esterne. Que­stioni che, per sua for­tuna, poté con­di­vi­dere con il marito Alfred Cridge.

Annie Den­ton Cridge era nata nel 1825 a Dar­ling­ton, nel nor­dest dell’Inghil­terra, e nel 1842 emigrò, assieme a Wil­liam, negli Stati Uniti. I Den­ton veni­vano dal movi­mento car­ti­sta che, ispi­ran­dosi alla Carta del popolo, chie­deva mag­giori diritti e tutele per i lavo­ra­tori, e l’esten­sione del diritto di voto. In Ame­rica Wil­liam divenne pro­fes­sore di geo­lo­gia e assi­duo cul­tore di psi­co­me­tria, si con­vinse che le pie­tre, ade­gua­ta­mente inter­ro­gate, potes­sero par­lare e rav­visò poteri sopran­na­tu­rali in sé stesso, nella sorella Annie che, a suo dire, tenendo una let­tera in mano poteva rife­rire le carat­te­ri­sti­che fisi­che di chi l’aveva scritta, e per­fino nei con­giunti. Annie, nono­stante la gio­va­nis­sima età, cominciò a fre­quen­tare gli ambienti del movi­mento suf­fra­gi­sta, a soste­nere le bat­ta­glie per i diritti civili e l’ugua­glianza di genere, e a scri­verne. Nel 1856 pub­blicò sulla rivi­sta «Social Revo­lu­tion» l’arti­colo inti­to­lato La schia­vitù della mia anima e la sua libe­ra­zione, e in que­sto tracciò la rotta del suo per­corso verso lo spi­ri­tua­li­smo (con­tro l’edu­ca­zione meto­di­sta da cui pro­ve­niva e con­tro il pro­te­stan­te­simo), verso il socia­li­smo uto­pico e la libertà di sce­gliere — se spo­sarsi o meno, per esem­pio, senza impo­si­zioni esterne. Que­stioni che, per sua for­tuna, poté con­di­vi­dere con il marito Alfred Cridge.

Annie Den­ton Cridge era nata nel 1825 a Dar­ling­ton, nel nor­dest dell’Inghil­terra, e nel 1842 emigrò, assieme a Wil­liam, negli Stati Uniti. I Den­ton veni­vano dal movi­mento car­ti­sta che, ispi­ran­dosi alla Carta del popolo, chie­deva mag­giori diritti e tutele per i lavo­ra­tori, e l’esten­sione del diritto di voto. In Ame­rica Wil­liam divenne pro­fes­sore di geo­lo­gia e assi­duo cul­tore di psi­co­me­tria, si con­vinse che le pie­tre, ade­gua­ta­mente inter­ro­gate, potes­sero par­lare e rav­visò poteri sopran­na­tu­rali in sé stesso, nella sorella Annie che, a suo dire, tenendo una let­tera in mano poteva rife­rire le carat­te­ri­sti­che fisi­che di chi l’aveva scritta, e per­fino nei con­giunti. Annie, nono­stante la gio­va­nis­sima età, cominciò a fre­quen­tare gli ambienti del movi­mento suf­fra­gi­sta, a soste­nere le bat­ta­glie per i diritti civili e l’ugua­glianza di genere, e a scri­verne. Nel 1856 pub­blicò sulla rivi­sta «Social Revo­lu­tion» l’arti­colo inti­to­lato La schia­vitù della mia anima e la sua libe­ra­zione, e in que­sto tracciò la rotta del suo per­corso verso lo spi­ri­tua­li­smo (con­tro l’edu­ca­zione meto­di­sta da cui pro­ve­niva e con­tro il pro­te­stan­te­simo), verso il socia­li­smo uto­pico e la libertà di sce­gliere — se spo­sarsi o meno, per esem­pio, senza impo­si­zioni esterne. Que­stioni che, per sua for­tuna, poté con­di­vi­dere con il marito Alfred Cridge.

Annie Den­ton Cridge era nata nel 1825 a Dar­ling­ton, nel nor­dest dell’Inghil­terra, e nel 1842 emigrò, assieme a Wil­liam, negli Stati Uniti. I Den­ton veni­vano dal movi­mento car­ti­sta che, ispi­ran­dosi alla Carta del popolo, chie­deva mag­giori diritti e tutele per i lavo­ra­tori, e l’esten­sione del diritto di voto. In Ame­rica Wil­liam divenne pro­fes­sore di geo­lo­gia e assi­duo cul­tore di psi­co­me­tria, si con­vinse che le pie­tre, ade­gua­ta­mente inter­ro­gate, potes­sero par­lare e rav­visò poteri sopran­na­tu­rali in sé stesso, nella sorella Annie che, a suo dire, tenendo una let­tera in mano poteva rife­rire le carat­te­ri­sti­che fisi­che di chi l’aveva scritta, e per­fino nei con­giunti. Annie, nono­stante la gio­va­nis­sima età, cominciò a fre­quen­tare gli ambienti del movi­mento suf­fra­gi­sta, a soste­nere le bat­ta­glie per i diritti civili e l’ugua­glianza di genere, e a scri­verne. Nel 1856 pub­blicò sulla rivi­sta «Social Revo­lu­tion» l’arti­colo inti­to­lato La schia­vitù della mia anima e la sua libe­ra­zione, e in que­sto tracciò la rotta del suo per­corso verso lo spi­ri­tua­li­smo (con­tro l’edu­ca­zione meto­di­sta da cui pro­ve­niva e con­tro il pro­te­stan­te­simo), verso il socia­li­smo uto­pico e la libertà di sce­gliere — se spo­sarsi o meno, per esem­pio, senza impo­si­zioni esterne. Que­stioni che, per sua for­tuna, poté con­di­vi­dere con il marito Alfred Cridge.

Pro­po­sto per la prima volta ai let­tori ita­liani nella tra­du­zione di Ila­ria Maz­za­ferro e Stella Sac­chini, e con l’eccel­lente intro­du­zione di Vale­ria Palumbo, A voi sta­rebbe bene? I diritti degli uomini èun for­mi­da­bile docu­mento, in for­mato oni­rico, su come, usando l’iro­nia e con un accu­rato regi­stro lin­gui­stico, non solo sia pos­si­bile imma­gi­nare una società retta e gover­nata dalle donne, ma anche cogliere tutta l’ingiu­sti­zia del con­fi­na­mento di una parte dell’uma­nità — in que­sto caso quella maschile — in ruoli fero­ce­mente subal­terni, sem­pre più este­nuanti, di solito appan­nag­gio delle donne. Nove sogni in cui Annie viag­gia e vede cose mai viste: uomini che fanno il bucato e accu­di­scono una ple­tora di figli; uomini che bru­ciano la cena e ven­gono aspra­mente rim­pro­ve­rati dalle mogli, men­tre que­ste sie­dono accanto a un bel fuoco cre­pi­tante, dopo la gior­nata di lavoro. Annie approda in una terra aliena dove le deci­sioni ven­gono prese dalle donne, e sem­pre loro man­ten­gono gli uomini, i quali restano diversi passi indie­tro, striz­zati in cor­setti che man­giano il respiro, uomini che pos­sono ambire solo a fare un buon matri­mo­nio e a una nuova, vapo­rosa messa in piega alla moda.

Pro­po­sto per la prima volta ai let­tori ita­liani nella tra­du­zione di Ila­ria Maz­za­ferro e Stella Sac­chini, e con l’eccel­lente intro­du­zione di Vale­ria Palumbo, A voi sta­rebbe bene? I diritti degli uomini èun for­mi­da­bile docu­mento, in for­mato oni­rico, su come, usando l’iro­nia e con un accu­rato regi­stro lin­gui­stico, non solo sia pos­si­bile imma­gi­nare una società retta e gover­nata dalle donne, ma anche cogliere tutta l’ingiu­sti­zia del con­fi­na­mento di una parte dell’uma­nità — in que­sto caso quella maschile — in ruoli fero­ce­mente subal­terni, sem­pre più este­nuanti, di solito appan­nag­gio delle donne. Nove sogni in cui Annie viag­gia e vede cose mai viste: uomini che fanno il bucato e accu­di­scono una ple­tora di figli; uomini che bru­ciano la cena e ven­gono aspra­mente rim­pro­ve­rati dalle mogli, men­tre que­ste sie­dono accanto a un bel fuoco cre­pi­tante, dopo la gior­nata di lavoro. Annie approda in una terra aliena dove le deci­sioni ven­gono prese dalle donne, e sem­pre loro man­ten­gono gli uomini, i quali restano diversi passi indie­tro, striz­zati in cor­setti che man­giano il respiro, uomini che pos­sono ambire solo a fare un buon matri­mo­nio e a una nuova, vapo­rosa messa in piega alla moda.

Pro­po­sto per la prima volta ai let­tori ita­liani nella tra­du­zione di Ila­ria Maz­za­ferro e Stella Sac­chini, e con l’eccel­lente intro­du­zione di Vale­ria Palumbo, A voi sta­rebbe bene? I diritti degli uomini èun for­mi­da­bile docu­mento, in for­mato oni­rico, su come, usando l’iro­nia e con un accu­rato regi­stro lin­gui­stico, non solo sia pos­si­bile imma­gi­nare una società retta e gover­nata dalle donne, ma anche cogliere tutta l’ingiu­sti­zia del con­fi­na­mento di una parte dell’uma­nità — in que­sto caso quella maschile — in ruoli fero­ce­mente subal­terni, sem­pre più este­nuanti, di solito appan­nag­gio delle donne. Nove sogni in cui Annie viag­gia e vede cose mai viste: uomini che fanno il bucato e accu­di­scono una ple­tora di figli; uomini che bru­ciano la cena e ven­gono aspra­mente rim­pro­ve­rati dalle mogli, men­tre que­ste sie­dono accanto a un bel fuoco cre­pi­tante, dopo la gior­nata di lavoro. Annie approda in una terra aliena dove le deci­sioni ven­gono prese dalle donne, e sem­pre loro man­ten­gono gli uomini, i quali restano diversi passi indie­tro, striz­zati in cor­setti che man­giano il respiro, uomini che pos­sono ambire solo a fare un buon matri­mo­nio e a una nuova, vapo­rosa messa in piega alla moda.

«Men­tre osser­vavo quei signori-ser­vetti e quei gen­ti­luo­mini-gover­nanti mi sono detta: “È assurdo! Ma insomma, dove è finita la loro viri­lità? Che spalle ricurve! E la voce — così fle­bile e lamen­tosa”. In seguito ebbi modo di veri­fi­care che a essere di domi­nio esclu­sivo degli uomini non era solo la cucina, ma anche la stanza dei bam­bini: in defi­ni­tiva, tutti i lavori dome­stici erano diretti e svolti dagli uomini. Pro­vavo una gran pena per que­gli uomini, men­tre pas­savo di casa in casa, di cucina in cucina, da una stanza dei bam­bini all’altra…Vedevo l’uomo di casa alzarsi all’alba, accen­dere il fuoco e met­tersi a pre­pa­rare la cola­zione, con il volto pal­lido e affranto. “Sfido io!” pen­sai, nel vedere come si affac­cen­dava a destra e a manca, nel cuore la paura costante che il bam­bino si sve­gliasse da un momento all’altro. Di lì a poco, infatti, il bimbo cominciò a stril­lare; e il povero padre corse via per poi tor­nare, dopo qual­che istante, con il par­golo in brac­cio e in brac­cio con­tinuò a tenerlo men­tre attiz­zava il fuoco, frig­geva la carne e pre­pa­rava la tavola per la cola­zione. Quando tutto fu pronto, sce­sero due o tre bam­bini con il viso sporco e i capelli in disor­dine, che anda­vano accu­diti: e, quando ebbe pen­sato anche per loro, notai che il povero signore aveva perso l’appe­tito; pal­lido e ner­voso, si mise a sedere sulla sedia a don­dolo, con il neo­nato in brac­cio. Ma quel che più mi lasciò inter­detta fu vedere l’imper­tur­ba­bile tran­quil­lità con cui la padrona di casa sor­seg­giava il suo caffè e leg­geva il gior­nale del mat­tino, all’appa­renza ignara delle tri­bo­la­zioni del povero marito, asse­diato da ogni parte dalle fac­cende dome­sti­che».

«Men­tre osser­vavo quei signori-ser­vetti e quei gen­ti­luo­mini-gover­nanti mi sono detta: “È assurdo! Ma insomma, dove è finita la loro viri­lità? Che spalle ricurve! E la voce — così fle­bile e lamen­tosa”. In seguito ebbi modo di veri­fi­care che a essere di domi­nio esclu­sivo degli uomini non era solo la cucina, ma anche la stanza dei bam­bini: in defi­ni­tiva, tutti i lavori dome­stici erano diretti e svolti dagli uomini. Pro­vavo una gran pena per que­gli uomini, men­tre pas­savo di casa in casa, di cucina in cucina, da una stanza dei bam­bini all’altra…Vedevo l’uomo di casa alzarsi all’alba, accen­dere il fuoco e met­tersi a pre­pa­rare la cola­zione, con il volto pal­lido e affranto. “Sfido io!” pen­sai, nel vedere come si affac­cen­dava a destra e a manca, nel cuore la paura costante che il bam­bino si sve­gliasse da un momento all’altro. Di lì a poco, infatti, il bimbo cominciò a stril­lare; e il povero padre corse via per poi tor­nare, dopo qual­che istante, con il par­golo in brac­cio e in brac­cio con­tinuò a tenerlo men­tre attiz­zava il fuoco, frig­geva la carne e pre­pa­rava la tavola per la cola­zione. Quando tutto fu pronto, sce­sero due o tre bam­bini con il viso sporco e i capelli in disor­dine, che anda­vano accu­diti: e, quando ebbe pen­sato anche per loro, notai che il povero signore aveva perso l’appe­tito; pal­lido e ner­voso, si mise a sedere sulla sedia a don­dolo, con il neo­nato in brac­cio. Ma quel che più mi lasciò inter­detta fu vedere l’imper­tur­ba­bile tran­quil­lità con cui la padrona di casa sor­seg­giava il suo caffè e leg­geva il gior­nale del mat­tino, all’appa­renza ignara delle tri­bo­la­zioni del povero marito, asse­diato da ogni parte dalle fac­cende dome­sti­che».

«Men­tre osser­vavo quei signori-ser­vetti e quei gen­ti­luo­mini-gover­nanti mi sono detta: “È assurdo! Ma insomma, dove è finita la loro viri­lità? Che spalle ricurve! E la voce — così fle­bile e lamen­tosa”. In seguito ebbi modo di veri­fi­care che a essere di domi­nio esclu­sivo degli uomini non era solo la cucina, ma anche la stanza dei bam­bini: in defi­ni­tiva, tutti i lavori dome­stici erano diretti e svolti dagli uomini. Pro­vavo una gran pena per que­gli uomini, men­tre pas­savo di casa in casa, di cucina in cucina, da una stanza dei bam­bini all’altra…Vedevo l’uomo di casa alzarsi all’alba, accen­dere il fuoco e met­tersi a pre­pa­rare la cola­zione, con il volto pal­lido e affranto. “Sfido io!” pen­sai, nel vedere come si affac­cen­dava a destra e a manca, nel cuore la paura costante che il bam­bino si sve­gliasse da un momento all’altro. Di lì a poco, infatti, il bimbo cominciò a stril­lare; e il povero padre corse via per poi tor­nare, dopo qual­che istante, con il par­golo in brac­cio e in brac­cio con­tinuò a tenerlo men­tre attiz­zava il fuoco, frig­geva la carne e pre­pa­rava la tavola per la cola­zione. Quando tutto fu pronto, sce­sero due o tre bam­bini con il viso sporco e i capelli in disor­dine, che anda­vano accu­diti: e, quando ebbe pen­sato anche per loro, notai che il povero signore aveva perso l’appe­tito; pal­lido e ner­voso, si mise a sedere sulla sedia a don­dolo, con il neo­nato in brac­cio. Ma quel che più mi lasciò inter­detta fu vedere l’imper­tur­ba­bile tran­quil­lità con cui la padrona di casa sor­seg­giava il suo caffè e leg­geva il gior­nale del mat­tino, all’appa­renza ignara delle tri­bo­la­zioni del povero marito, asse­diato da ogni parte dalle fac­cende dome­sti­che».

La scrit­tura di Annie Den­ton Cridge è accu­rata, pia­ce­vole: non ci sono agget­tivi ridon­danti, né meta­fore ecce­denti la misura sop­por­ta­bile. A voi sta­rebbe bene? è un libro incre­di­bil­mente moderno, con quel suo filo di iro­nia che tocca i nove sogni e rie­sce nel mira­colo nar­ra­tivo di farci vedere, senza dare lezioni, le insen­sa­tezze dei sistemi che si reg­gono sulla dispa­rità di genere.

La scrit­tura di Annie Den­ton Cridge è accu­rata, pia­ce­vole: non ci sono agget­tivi ridon­danti, né meta­fore ecce­denti la misura sop­por­ta­bile. A voi sta­rebbe bene? è un libro incre­di­bil­mente moderno, con quel suo filo di iro­nia che tocca i nove sogni e rie­sce nel mira­colo nar­ra­tivo di farci vedere, senza dare lezioni, le insen­sa­tezze dei sistemi che si reg­gono sulla dispa­rità di genere.

In que­sta dire­zione, sap­piamo che una pie­tra miliare della let­te­ra­tura fem­mi­ni­sta è Her­land, di Char­lotte Per­kins Gil­man, uscito negli Stati Uniti nel 1915. Prima ancora, nel 1905, era stato pub­bli­cato in Ben­gala Il sogno di Sul­tana, di Begum Rokeya. In entrambi i libri le autrici ave­vano descritto visioni not­turne di terre felici con ruoli ribal­tati e le donne a gui­dare la comu­nità. «Se Dio stesso avesse voluto le donne infe­riori avrebbe dispo­sto che le madri par­to­ris­sero le figlie fem­mine al quinto mese di gra­vi­danza — scri­veva Rokeya — e che il latte materno da dare loro fosse la metà di quello desti­nato a un maschio. Ma così non è».

In que­sta dire­zione, sap­piamo che una pie­tra miliare della let­te­ra­tura fem­mi­ni­sta è Her­land, di Char­lotte Per­kins Gil­man, uscito negli Stati Uniti nel 1915. Prima ancora, nel 1905, era stato pub­bli­cato in Ben­gala Il sogno di Sul­tana, di Begum Rokeya. In entrambi i libri le autrici ave­vano descritto visioni not­turne di terre felici con ruoli ribal­tati e le donne a gui­dare la comu­nità. «Se Dio stesso avesse voluto le donne infe­riori avrebbe dispo­sto che le madri par­to­ris­sero le figlie fem­mine al quinto mese di gra­vi­danza — scri­veva Rokeya — e che il latte materno da dare loro fosse la metà di quello desti­nato a un maschio. Ma così non è».

I sogni di Annie Den­ton pre­ce­dono que­ste visioni di quasi qua­rant’anni, e ora più che mai si fanno urgenti, visto che la colo­niz­za­zione di Marte è ormai ine­vi­ta­bile, e poi hanno il merito di «ren­dere evi­dente anche agli uomini ciò che si osti­nano a non vedere — sot­to­li­nea Vale­ria Palumbo nella sua intro­du­zione — che tutte le gene­ra­zioni di donne fino al Due­mila sono cre­sciute in un mondo in cui nei posti di potere c’erano quasi esclu­si­va­mente uomini: maschi i dot­tori che ci hanno spie­gato come fun­ziona il nostro corpo, i pro­fes­sori e i pre­sidi che ci hanno detto che cosa dove­vamo sapere, i regi­sti che ci hanno detto su quali sto­rie pote­vamo sognare, i giu­dici che sede­vano nei pro­cessi di stu­pro e per­fino gli avvo­cati».

I sogni di Annie Den­ton pre­ce­dono que­ste visioni di quasi qua­rant’anni, e ora più che mai si fanno urgenti, visto che la colo­niz­za­zione di Marte è ormai ine­vi­ta­bile, e poi hanno il merito di «ren­dere evi­dente anche agli uomini ciò che si osti­nano a non vedere — sot­to­li­nea Vale­ria Palumbo nella sua intro­du­zione — che tutte le gene­ra­zioni di donne fino al Due­mila sono cre­sciute in un mondo in cui nei posti di potere c’erano quasi esclu­si­va­mente uomini: maschi i dot­tori che ci hanno spie­gato come fun­ziona il nostro corpo, i pro­fes­sori e i pre­sidi che ci hanno detto che cosa dove­vamo sapere, i regi­sti che ci hanno detto su quali sto­rie pote­vamo sognare, i giu­dici che sede­vano nei pro­cessi di stu­pro e per­fino gli avvo­cati».

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