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Voci — Antonio Porchia

12.50
con una lettera di Alejandra Pizarnik

Brossura

pag. 140 – 16,0×23,5 cm

ISBN: 9788831225380

traduzione e cura di Andrea Franzoni

Testo originale Voces (1943) in codice QR

progetto grafico di Susanna Doccioli

ARGOLIBRI | Collana Talee | N.9 diretta da A.Franzoni e F.Orecchini

Dal 31 marzo in libreria



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Descrizione

Paragonato a Lao Tzu , con le sue “Voci” Antonio Porchia ci ha lasciato in eredità alcuni dei componimenti più luminosi e toccanti di sempre. Un libro zen da consultare ogni giorno, ora edito dalla nostra casa editrice Argolibri

 

«Le massime corrono il rischio di apparire come semplici equazioni verbali: siamo tentati di vedervi l’opera del caso o di un’arte combinatoria. Ma non è così nel caso di Novalis, La Rochefoucauld e Antonio Porchia. In ognuno di essi, il lettore sente la presenza immediata di un uomo e del suo destino».
J. L. Borges

 

«Antonio Porchia era un surrealista. Il suo pensiero è stato il più eclettico e poliedrico tra tutti gli autori in lingua spagnola».
André Breton

 

«Non volevo crederci e non potei più fermarmi prima di aver finito di leggerlo. Dopo, cercai di sapere chi ne era l’autore; nessuno lo conosceva, ma io lo incontrai. E dissi a Porchia: Io scambierei per queste righe tutto quello che ho scritto».
Roger Caillois

 

«Credo che Porchia sia lo scrittore più puro d’Argentina. È riuscito a restituire alle parole la loro missione primordiale: quella di illuminare l’essenza dell’essere umano, come Blake, Hörderlin o Rimbaud» .
Alejandra Pizarnik

 

 

Chi era? Un santo laico, un bodhisattva, un saggio con pochi libri, un asceta in piena città. Taoista, buddista, anarchico, cristiano senza Dio, filosofo senza sistema, solitario e collettivo, caldo e distante, Porchia: una voce che pensa. La voce di Porchia era così calda che le sue recitazioni, incise su dischi, venivano trasmesse da un emittente radiofonica di Buenos Aires a mezzanotte, per conciliare la riflessione. Una delle sue voci, dedicata ad un amore perduto, divenne così celebre negli anni ’60 che era possibile leggerla scritta a caratteri cubitali sui muri di tutti i uartieri popolari di Buenos Aires, e recitava:  «No ves el rio de llanto porque le falta una lagrima tuya » ( «Non vedi il fiume del pianto perché manca una lacrima tua »).

 

 

Prima di trovare la mia strada, ero io la mia strada.

 

Il fiore che hai in mano è nato oggi e ha già la tua età.

 

Non è forte chi mi tiene appeso a un filo: quello forte è il filo.

 

Una cosa sana non respira.

 

Tutto è come i fiumi, opera delle pendenze.

 

Vorrei essere parte di qualcosa, per non essere parte di tutto.

 

Ho cominciato la mia commedia essendo io il suo unico attore e la finisco essendo io il suo unico spettatore.

 


 

Antonio Porchia. Nato a Conflenti (Catanzaro), nel 1885 emigrò con i genitori in Argentina, a Boca, uno dei quartieri più poveri di Buenos Aires dove vivrà per il resto della sua vita. Fu carpentiere, intrecciatore di ceste, puntatore nel porto, tipografo, fu silenzioso e raccolto, anarchico e socialista, giardiniere eremita, “mistico indipendente”.
Si occupò per tutta la sua vita della scrittura e riscrittura delle sue «voci» circa seicento, raccolte in due volumi, e molte altre sparse e perse.

voci Porchia

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