Proletkult: più che un romanzo, un manifesto rivoluzionario
Con la pubblicazione di Proletkult si è chiuso un ventennio di produzioni romanzesche del collettivo Luther Blissett-Wu Ming. Il romanzo dedicato a Bogdanov, il fondatore dell’Organizzazione Culturale-educativa Proletaria russa chiamata Proletkult, chiude il ciclo iniziato con la pubblicazione dei romanzi Q (1999) a firma Luther Blissett e Asce di guerra (2000) a firma Wu Ming.
Proletkult può essere letto sia come un romanzo, da chi è interessato alla fabula del dottor Bogdanov il rivoluzionario fallito e della malata Denni sedicente aliena, sia come un manifesto letterario e politico, punto di arrivo di una lunga ricerca d’avanguardia.
I motivi di interesse di Proletkult sono vari ma per comodità li riduciamo a tre. Innanzitutto, è un’opera transgenere che sperimenta un processo di ibridazione tra romanzo storico e fantascientifico, con una parziale messa in discussione dei piani di realtà, in linea con il romanzo L’invisibile ovunque (2015). Inoltre, riporta al centro dell’attenzione pubblica il pensiero e la vita di Bogdanov, una figura storica e culturale che va collocata al centro della storia mondiale, dato che fu tra i pionieri della rivoluzione sovietica, della letteratura fantascientifica, della teoria dei sistemi complessi e della pratica delle trasfusioni di sangue: Bogdanov fu un genio poliedrico che dovrebbe comparire in tutte le antologie letterarie e in tutti i libri di storia. In terzo luogo Proletkult offre un programma politico alla sinistra del XXI secolo: mostra che la rivoluzione è organizzazione, passa per la creazione di un sistema educativo ramificato ma resterà sempre un’utopia aliena allo sviluppo storico, risolvendosi in restaurazione, eppure va praticata.
Le virtù del romanzo sono anche la causa della sua debolezza, sul piano estetico. La scrittura di Wu Ming, per la sua dichiarata subordinazione alla ricostruzione storica e all’impegno militante, manca quasi totalmente di ironia ed è spesso didascalica. I mondi romanzeschi del collettivo sono costruzioni pianificate che lasciano intravedere la carta millimetrata usata per progettarle: nel caso di Proletkult, la scaletta prevede antefatto, presentazione dei personaggi (con un capitolo a testa per i coprotagonisti), flashback, ricerca dell’oggetto del desiderio e dell’elisir con ostacoli, incontro con l’antagonista, conclusione. I personaggi non sono autonomi ma recitano delle parti. Bogdanov non pensa con la frammentarietà di un essere umano ma i suoi pensieri sono la trascrizione della voce enciclopedica che ne ricorda le opere: l’ascolto di un concerto diventa il pretesto per esporre, semplificata, la sua teoria dei sistemi complessi (p. 27), il racconto della vita nel suo Istituto per le trasfusioni serve a spiegare la sua teoria delle trasfusioni (p. 40), quando Bogdanov e Denni parlano di povertà appare una povera (p. 156), quando Bogdanov pensa alla concezione della famiglia espressa nel suo romanzo di fantascienza Stella rossa, in cui non esiste la famiglia borghese e «i bambini crescevano insieme, educati al collettivismo», ecco spuntare il figlio (p. 163).
Proletkult, però, contiene anche degli elementi che rompono la rigida griglia della pianificazione collettivista, proprio come succedeva nel romanzo L’invisibile ovunque, in cui si trovavano i motivi metanarrativi e stranianti della follia e del camouflage, della mimetizzazione con cui i personaggi cercavano di sfuggire alla guerra, per cui follia e mimetismo rinviavano allo statuto della scrittura come specchio rovesciato della realtà e alla complessità stessa del reale, schizomorfo e illusorio.
In Proletkult Denni dice di provenire dal pianeta in cui Bogdanov ha ambientato il suo romanzo di fantascienza Stella rossa: è una aliena, dunque, come sembra possibile che sia, per l’accenno contenuto nell’antefatto a un essere dalle «vaghe fattezze umane» che fino a quel momento «s’era celato» sotto «una maschera molle, color pelle», sfilata e lasciata cadere a terra «come un vestito usato» (p. 11)? Oppure è un’alienata, come crede Bogdanov che pensa venga «da un pianeta lontano, cioè dalle pagine di una trilogia letteraria, e non fa che portare alle estreme conseguenze ciò che lui stesso ha scritto» (p. 164)? La risposta non è data ma è nella radice comune alle parole aliena e alienata, il latino alia, altra fra molti. Proletkult ci invita a un confronto fra la dura realtà della storia, cumulo di macerie, e la realtà possibile, libera, ma sempre di là da venire. La fine di Proletkult, che come Stella rossa è un conte philosophique, un racconto filosofico, ci dice che Nacun, il pianeta da cui dice di venire Denni, è l’altrove, l’avvenire, il mondo possibile a cui giungerà l’umanità una volta portata a termine la rivoluzione. Che Nacun sia il mondo delle meraviglie, wonderland, è dimostrato dal mezzo magico che avrebbe dovuto consentire la guarigione di Denni, affetta da una forma di tubercolosi, anch’essa aliena, cioè altra, perché benigna al contrario della ordinaria tubercolosi maligna: il mezzo magico sono dei conigli che sarebbero dovuti servire come cavie per capire la natura della malattia di Denni. I conigli di Denni ne fanno una Alice che conduce Bogdanov di fronte allo specchio e lo obbliga a vedere sul proprio volto i segni del passato, della sconfitta subita da Lenin e del fallimento della rivoluzione dei soviet.
Proletkult è il manifesto letterario-politico dei Wu Ming perché Bogdanov come Luther Blissett o Wu Ming sono pseudonimi (il vero nome di Bogdanov era Aleksandr Aleksandrovič Malinovskij) e perché l’opera è il primo oggetto narrativo non identificato dei Wu Ming che parla di oggetti volanti non identificati (il termine oggetto narrativo non identificato è la traduzione di Unidentified Narrative Object, UNO, termine coniato da Wu Ming sul modello degli Unidentified Flying Object, UFO, per indicare un libro che può avere «uno sviluppo “aberrante” e nascere con sembianza di “mostr[o]”», New italian epic, 2009, p. 41). Infine la rete dei proletkult russi non può non ricordare quel collettivo di collettivi che è la Wu Ming Foundation, «una libera federazione di collettivi, gruppi d’inchiesta, laboratori, progetti artistici, culturali e politici» avviati nell’omonimo blog, in cui scrivono molti collaboratori di Wu Ming attivi in diversi settori dell’antagonismo contemporaneo, dai No Tav agli antifascisti militanti.
L’alter ego di Wu Ming però non è solo Bogdavon ma anche Denni, un personaggio ispirato allo studente ammalato di malaria e affetto da una forma benigna di tubercolosi che nella realtà Bogdanov aiutò davvero nel suo Istituto per le trasfusioni, morendo in seguito alla trasfusione, e nella storia raccontata in Proletkult dice di essere una femmina. L’antagonismo è una funzione della storia umana e ha un’identità plurale. Lo capiamo alla fine della romanzo, quando Bogdanov attraversa lo specchio. Per questo, proprio perché lo capiamo, Proletkult conferma l’appartenenza di Wu Ming al filone delle avanguardie: le opere del collettivo hanno un fine politico e si servono dell’estetica per raggiungerlo. Chi cerca lo stile troverà un programma.
Valerio Cuccaroni
Valerio Cuccaroni
Dottore di ricerca in Italianistica all’Università di Bologna e Paris IV Sorbonne, Valerio Cuccaroni è docente di lettere e giornalista. Collabora con «Le Monde Diplomatique - il manifesto», «Poesia», «Il Resto del Carlino» e «Prisma. Economia società lavoro». È tra i fondatori di «Argo». Ha curato i volumi “La parola che cura. Laboratori di scrittura in contesti di disagio” (ed. Mediateca delle Marche, 2007), “L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila” (con M. Cohen, G. Nava, R. Renzi, C. Sinicco, ed. Gwynplaine, coll. Argo, 2014) e Guido Guglielmi, “Critica del nonostante” (ed. Pendragon, 2016). Ha pubblicato il libro “L’arcatana. Viaggio nelle Marche creative under 35” e tradotto “Che cos’è il Terzo Stato?” di Emmanuel Joseph Sieyès, entrambi per le edizioni Gwynplaine. Dopo anni di esperimenti e collaborazioni a volumi collettivi, ha pubblicato il suo primo libro di poesie, “Lucida tela” (ed. Transeuropa, 2022). È direttore artistico del poesia festival “La Punta della Lingua”, organizzato da Nie Wiem aps, casa editrice di Argo e impresa creativa senza scopo di lucro, di cui è tra i fondatori, insieme a Natalia Paci e Flavio Raccichini.
(Foto di Dino Ignani)