Quasi morto, o Dei distesi di Simone Raviola ⥀ Passaggi
La rubrica Passaggi ospita oggi Simone Raviola con la prosa breve Quasi morto, o Dei distesi, illustrata da Iaia. L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Illustrazione in copertina di Iaia, Incubus, 2020.
Raramente un paragrafo impressiona il lettore. Accade più spesso con il verso che stravolge una poesia dal respiro regolare. Il paragrafo è per definizione più anonimo del verso, eppure talvolta costringe a rileggere, sospendendo il ritmo frenetico che ci fa voltare trepidamente una pagina dopo l’altra.
«Quel giorno, sotto la fodera scolorita, il mio divano parve radioso. Mi ricordò tutte le letture che avevamo fatto insieme, perché leggo sempre disteso, per dimenticare il più possibile il mio corpo, per essere quasi morto nella mia esistenza e per intero con i miei eroi».
In ogni bellezza si esprime una verità. A rigore, si dovrebbe sempre leggere sdraiati: in ginocchio si prega, seduti si studia, in piedi si lavora, sdraiati si legge. La lettura è una disciplina della distensione, un esercizio di disaffezione verso l’incombere delle pratiche quotidiane che tendono sempre ad esigere qualche cosa a cui in ogni caso non si sarà in grado di attendere.
Leggere è come sonnecchiare dopo aver pranzato, quando si vaga nel limbo in cui il mondo prende la forma del suo racconto. Nella lettura, le immagini escono dai libri per entrare nella testa e finire là fuori, dove popolano lo spazio a cui si è voltato le spalle. Per i distesi, il Principe Andrej riflette malinconico sulla poltrona e Jean Valjean passeggia irrequieto nella cucina di là della porta. Un attimo prima che il loro inconscio cominci ad imporsi, un attimo prima che il sonno li vinca e li strappi via dalla ruvidità delle cose, i distesi fanno un ultimo, flebile e labile, sforzo, per lasciare che sia l’inconscio dell’universo ad apparire e a fargli compagnia.
Distendersi, leggere: un modo per imparare a morire, ovvero insegnare al mondo che non si è più e ad apprendere che le cose sono inconsistenti quanto lo sguardo che le attraversa. Un modo per assottigliarsi, farsi impalpabili, impercettibili. Un filo d’acqua che scorre quieto e continuo, una monade dalle ampie finestre che lascia filtrare infiniti punti di vista nel proprio antro luminoso e gode nell’osservarne la danza iridata. Si dice che prima di morire si veda passare la propria vita di fronte a sé, in una carrellata di immagini che ne svolge ogni momento. Io credo sia vero, e non è forse diverso da quello che succede quando leggiamo e un nastro delicato riempie la nostra esistenza di vite immaginarie.
Chi volesse proporre prose brevi e illustrazioni per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it


Simone Raviola
Simone Raviola è co-fondatore di sovrapposizioni, collettivo e rivista milanese. Attualmente vaga tra Verona, Milano e Friburgo (Svizzera), inseguendo feste, persone, pensieri e studi. Collabora inoltre con wesh_studio, agenzia grafica di stanza a Milano, e con Posto Segreto, residenza artistica situata ad Alcamo.