La rubrica dedicata alla prosa breve Passaggi presenta il testo Quasi vivo di Simone Raviola, insieme a un’illustrazione realizzata da Francesca Alessandrini. L’editoriale della rubrica può essere letto qui

Immagine in copertina di Francesca Alessandrini.

 

Qualcuno dice che l’uomo è zoon logon echon, sputategli addosso. Qualcuno dirà che l’uomo è zoon politikon, ignoratelo. L’uomo è l’animale che abita il letto. «C’est un berceau garni de fleurs», borbotta De Maistre, «c’est le trône de l’amour, c’est un sépulcre». Inizio e fine evaporano. Libri, incubi, vestiti, secrezioni, piaghe, pieghe, matite, cuffiette, mozziconi si accumulano. L’entropia è generale, topica.

Nel letto eiaculo e leggo, nel letto vedo che la vita passa e non si ferma. Mi acciambello, gatto. Mi distendo, rettile. Rotolo, palla di neve. Mi sciolgo, neve al sole. E gioco al gioco, gioco a giocare un po’ qui e un po’ là. Riposo. La zampetta stanca girovaga sul bordo delle cose. L’artiglio ritratto. Ritratto.

Letti d’amore, letti improvvisati, letti d’ospedale, letti d’ospizio, letti di guerra, letti di fortuna, nel letto la miseria umana si distende e si espande sul posto, concentrata. Giacigli, talami, alcove, brande, amache, culle, covi, lettiere, tatami, futon. Leggio quadrangolare in cui sprofondo, al bordo. Chi non cade nel letto, fuori? Sformo e riformo, rifaccio il letto. Ricomincio, è l’alba. «Musica sommessa e labbra pazienti». Scrivo e attendo, nel letto, che accada qualcosa, «prima che finisca il nostro tempo».

Soli l’un l’altro ci stendiamo a letto ed è come accoppiare intimità estranee. Moltiplichiamo odori, condividiamo debolezze, ammucchiamo entropia, veniamo toccandoci, recitiamo poesie. Il mondo si riduce allo squillare attutito di un clacson. Il letto cede quando le assi saltano. Piegando il piano della realtà ci scambiamo il centro di irraggiamento della nostra esistenza: ci guardiamo dormire.

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