Discorso elettronico a Virginia dal concerto dei Baustelle continuamente interrotto dai versi delle loro canzoni cantate all’Estragon nella solitudine di un 12/4/2018
Regalo N.15 dell’account Twitter @AmoreMorteeBoh associato a Daniel Agami
Cara Virginia, “avrei bisogno di scopare con te”.
É l’unico verso che Francesco Bianconi non ha cantato, tra quelli che ha scritto in Gomma prima che la massa di fuori dalla massa ma che poi ci sguazzano del pubblico dell’Estragon si eccitasse ed esaltasse cantandola in modo apotropaico e quanto siamo giovani e liberatori. Ma si vedeva benissimo che per lui non era così liberatorio, che quel distico non era gioia, ma sì, via, accontentava, come avrebbe fatto in tutto il concerto. In questo club stasera raduno di tanti emarginati dalla vita, di ragazze che si prendono la soddisfazione di ritrovarsi malinconiche magari in vite in cui lo sono poco, dove la mia solitudine equidista la ragazza dai capelli ossigenati che sta male e forse vomita (starà così per tutto il concerto), e persino una coppia con il bambino che avrà meno di sei anni e dorme durante il concerto accovacciato sui bomber dei genitori nascosto tra piedi su piedi su piedi (ma i Baustelle avrebbero approvato?), “tutto mi parla di te, perfino la tua assenza mi fa compagnia”. Ma cazzo se era il caso, ci fossi, tu che entri ed esci continuamente dai tuoi riformatori, nei tuoi riformatori mentali e sentimentali. “E quindi mi servono armi lo so (…) i muscoli magri d’acerba che hai.”.
“E allora stanotte dormi qui che non esiste oscenità, freghiamo la pornografia (…) e vieni a vivere con me, un mondo atroce, vieni qua, a sopportarne la follia, e dammi figli e oscenità, e tenerezza e dignità”
e tutti si commuovono e accendini, buio, e Rachele Bastreghi parte con Morricone, e tu nei tuoi riformatori leggi che scrivo queste parole e pensi magari pensi che bello poi chiudi la pagina, apri un altro link, ti annoi senza mai dirlo, fotografi la realtà, manifesti e invece io non le voglio scrivere, le voglio vivere. Virginia, le voglio realizzare.
Vorrei vederci commuovere come quando ascolto Il Vangelo di Giovanni nel concerto.
Poco importa se a un certo punto Bianconi si mette pure a rappare durante Perdere Giovanna , io e te non parliamo e siamo ancora io qui tu lì ad “immaginare come è coniugato al presente il verbo amare”, poco importa se Rachele Bastreghi non é più timida come era all’Estragon sei o sette anni fa, mentre limonava davanti ad un drink nel dopo concerto una, se indossa un cappello enorme e suona meno e sembrano un po’ tutti imprigionati in quell’acquario dorato che é la celebrità, io e te continuiamo a non vederci non toccare non parlare, e “ad immaginare, come sarà pronunciato domani il verbo amare”.
Poi tutti coi cellulari ad immortalare, fotografare, tutti a guardare, io con la schiena rivolta al palco, ad ascoltare. Ci siamo fatti a pezzi senza nemmeno esserci vissuti, vorrei prenderti per mano e portarti a danzare, a viaggiare, a sperare, ad innamorarmi ed amare, ma “adesso ho un corpo fragile che sa di essere morto e sogna l’Africa”.
Dici che stai male, ma questo non ti giustifica per fare male. Che tipo di persona vuoi essere tra le tante che hai esplorato, sofferto, eiaculato ? So che se fossi in te eviterei l’esaltazione e la brama ogni volta che si avvicina ricordandomi come sto quando soffro nel dolore, e che é inutile essere di sinistra se siamo ancora fermi al berlusconismo della sessualità con chi non coglie il tuo spessore, il tuo dolore, con chi non sa vedere il tuo valore, nascosto come lo sai nascondere, so che é inutile twittare cose giuste, di “profughi siriani costretti ad emigrare” e non crederle più nell’intimo della notte, “so che ti rivedrò, dove non lo so” .
Evito quasi tutti i versi osceni che i Baustelle hanno cantato in questo club per rispettare un patto, e in fondo, se stiamo facendo sesso davanti a tutti, o ci stiamo amando, io scrivendo, e tu leggendo, in questo webar, é una scelta tua, queste cose potrei scriverle qui o raccontartele mordendo e accarezzando sopra il letto a casa mia. Perché in fondo sei stanca anche tu di una certa femminilità canonizzata, stereotipata, e di recitare ancora il ruolo della ragazzina che diventa adulta ammiccando carnalità la notte per poi ricomporsi al giorno di una noiosa intransigente serietà. “Rimani un poco prima di andar via…La storia insegna che sei fatta per me. Ma ho dichiarato guerra, è colpa mia”.
E poi dei sabati sera fuori coi drink, delle passeggiate equosolidali, delle regole date ai ragazzi che sei la prima che non rispetterai, di questa inutile femminilità (che la tua vera femminilità appartiene alla tua curiosa mascolinità, a quando sei vecchia e di altri tempi , al valore che dai alle e-mail all’assuefazione da whichapp), degli orgasmi da regalare, dei casting per trovare il fidanzato, di cosa piace o non piace a te, di cosa funziona e cosa no, “sotto queste macerie, che te ne fai ?”
E non voglio più farti male , ma la delicatezza verso l’ignoto mi fa soffrire, e l’alto e il basso stanno insieme, la parola e la carne pure loro, non farmi essere solo un modo, non confinarmi nell’elettricità, attaccata a questa flebo in cui metto amore, ricordi che “dietro ogni fiorellino si nasconde un tumore”.
Cosi ad ogni parola scritta o letta in questo preservativo elettronico Virginia ci avviciniamo e ci allontaniamo dalla vita che é “ho fame ho sete, siccità, fiumi di spermatozoi” e forse sono tutti sprecati se non finiscono in te, come collirio tra le tue lacrime, che ingoierei io lasciando vederle mescolare come acque dell’oceano o del mare, in un’unica fonte battesimale (della nostra vita nuova). E allora magari scoprirai, vivendolo senza fine, che “Non sono triste come ti aspettavi
Non sono gli altri uomini che amavi
E dammi tempo e non mi abbandonare”
Ma Rachele ha voglia di recitare il ruolo della rockstar e tra tamburello pianola e voce e a momenti si scopa da sola, Bianconi non ne può più e soffre e la sofferenza diventa show quando tutti cantano I Provinciali appunto da provinciali, dimenticando senso di morte e la possibilità concreta e labirintica dell’amore appena usciranno fra poco da questo club dove tu non ci sei ovunque, Virginia.
Ma poi tu sei solo un personaggio di una canzone dei Baustelle la cui incomunicabilità che mi caratterizza ha ucciso, magari nella realtà esisti e sarai una Virginia con un cognome a caso, che so, una cazzo di Virginia Paderni, Virginia Berni, Virginia Quaderni qualsiasi, La Guerra è finita e l’armistizio con te stessa infinito e di queste parole elettroniche non rimarrà nulla, ingrandimento di un intrattenimento di qualche minuto.
Come Marta vedo la Fine nel tuo non intersecarmi, nel lavoro etico, e notti selvagge insieme come uno scandalo di Oxfam o dell’Unicef qualunque, ma tutto più in piccolo e provinciale, vedo la fine in queste ragazze bellissime che sono come me ma non parlano con me e forse si sentono pure peggio, vedo la fine nella professoressa che poga la sua infelicitá e ha un anno più di me e colleziona fidanzati senza anima, che tradisce. Ma fidanzarsi e tradire é roba da pezzenti, vedo la fine in me che scrivo un testo come questo senza un obiettivo, vedo la fine nella prigione dorata della loro bravura dei Baustelle, vedo i titoli di coda in te che (non) mi leggi in me che ti scrivo e non viaggiamo, e non ci abbracciamo senza orologi, queste nudità piene di falsità che non sono un letto a capirsi guardandosi al buio con gli accendini nelle mani, e i nostri cuori ustionati.
Lo so, la mia ossessione mi spinge a citare solo i versi che hanno cantato e suonato giovedì e alcune canzoni non le conosciamo, lo so anche io che questo testo é noioso ma cosa ti aspettavi sputtanassi le nostre poesie in questo webar? Lo so anche io che non mi hai visto commuovermi ascoltando Il liberismo ha i giorni contati, ma se non lo hai fatto Virginia é perché non c’eri, preferisci ancora essere un personaggio che una persona.
Mi ricordo quando vidi i Baustelle ad Ancona nel 2006, suonavano dopo il mio monologo, li ascoltavo già da anni e avrebbero dovuto partecipare ad uno spettacolo che con Angelo Guglielmi stavamo organizzando in teatro nella città che circonda l’Estragon sugli agi e disagi della follia , poi sono stato male e non se ne é fatto niente.
E mi ritrovo a scriverne con lo stile sbandato trasandato che piace tanto ai giovani che non sanno che il disagio vero é muto, non é sbandierato, e questo fa tanto ehi stile blog. Usciamo dai webar e dal petting delle chat Virginia.
In questo raduno di sbandati con la band più di qualità del secolo forse ha ragione Marta Ugolini che struccata in tuta ascolta tutte le canzoni senza mai cantarle, é lontana dalle amiche che volevano stare sotto al palco “ma non ha senso stare ad un concerto dei Baustelle sotto al palco”, non urla, é sempre seria, struccata, studia filosofia e dice che i Baustelle raccontano le sue malinconie. Non ha la confidenza per confidarmi che raccontano anche la sua sessualità ma tanto ormai é finita, erano un po’ imprigionati e io non so ancora come fare a farti capire che la parola diventa una prigione se non mi guardi affogandomi di silenzi e non ci mettiamo le ruote ai nostri silenzi e alle nostre gentilezze scabre.
Non é un caso se al bis hanno fatto La canzone del riformatorio e se mi commuove anche solo il titolo come a te,
per piacere
“Non studiare non chattare
Ma piuttosto” vieni il 21 e tutto il resto della vita e “stringi forte chi ti ama” e non vuole , esci dal Riformatorio, chiamami confrontami confortati incontrami chiudi tutto brucia tanto smetti Twitter abbracciami come se non ci fosse più il sesso anale e la morte per un po’ , viaggiaci e di questo, se lo farai, senza elettricità, “mi perdonerai, Virginia.
E adesso mi manchi, te lo giuro”
Daniel
NB= sono sicuro che Baustelle mi capirebbe e ci sosterrà se ci incontreremo e ci vivremo e viaggeremo. Starai meglio, fuori dal Riformatorio e anche io, nonostante sia inabituato.
(Se a qualcuno interessa, contatti me e Daniel per Virginia diventerà un movimento politico per la liberazione)