Roberto Saporito. “Come un film francese”. Del Vecchio Editore, 2015 (Recensione di Simone Colombo)
I personaggi di Roberto Saporito, come i suoi romanzi, sono sempre in una fase di post-formazione: qualcosa è già successo, e l’autore ci racconta il seguito. Si percepisce spesso un vuoto nelle sue storie, qualcosa che manca, ed è appunto la prima parte della storia, un romanzo non scritto che l’autore salta per concentrarsi su ciò che accade dopo, concedendo al prima qualche cenno allusivo.
Uno scrittore che non scrive più, contraddizione in termini ambulante, ma che insegna scrittura creativa all’università. Donnaiolo con la sindrome di Peter Pan, non cresce professionalmente ed emotivamente: lo conosciamo mentre si gongola, anche se un po’ annoiato, nella storia con una sua ricchissima studentessa/groupie, che lo trascina suo malgrado nel mondo dell’alta società tra Piemonte e Francia, in sfarzose e patinate feste per vip. Qui l’incontro clandestino con Lea.
Lea, giovanissima femme fatale, parte con l’amica Martina per un’avventura on the road, subito dopo essere stata tradita dallo scrittore che non scrive. Due belle ribelli in viaggio su un Maggiolino, tra musica, alcool e motel sperduti chissà dove, incontrano e proteggono Anny, ragazza in fuga dal fidanzato malavitoso. È l’occasione per farsi forza a vicenda con pasticche e alcool, per impugnare una pistola e svegliare pulsioni non previste quanto inebrianti.
Il viaggio non può durare per sempre, il cerchio va chiuso: un appuntamento a Parigi tra Lea e lo scrittore chiude la vicenda, non prima di averci svelato il “prequel” di Lea, appesantita da un passato ingombrante nonostante la sua giovane età.
In “Come un film francese” il tema della giovinezza è al centro del romanzo: quella adolescenziale di Lea, bambina che gioca a fare l’adulta e al tempo stesso adulta carica di immatura energia; lo scrittore, invece, uomo maturo suo malgrado, cede al proprio lato adolescenziale senza poterne fare a meno, annoiandosene subito dopo, trascinandosi in un limbo tra due età: tra il suo promettente passato e il suo improbabile presente.
Roberto Saporito organizza le due storie come vasi comunicanti, uno accanto all’altro come atti teatrali, lasciando fino in fondo la sensazione che la sua macchina narrativa non finirà e che potrebbe continuare all’infinito. Il suo è uno stile semplice, introspettivo ma concreto: al lettore sono svelati in prima persona i pensieri e le emozioni di personaggi un po’ fuori dal mondo, mentre dettagli superficiali sapientemente disposti li riportano a terra, inquadrandoli in tipi umani, espressioni sociali di un sentire comune. Qui l’autore può sfogare la sue passioni mondane, la musica, la letteratura, la moda… Saporito è autore di questi tempi, e non perde occasione per farlo notare nominando luoghi, scrittori, band, dischi, vestiti e marche di sigarette, con un edonismo a volte sfacciato e compiaciuto ma sempre significante.
Simone Colombo
Roberto Saporito (1962) collabora con la rivista letteraria Satisfiction, suoi racconti sono stati pubblicati su riviste e antologie. Ha pubblicato diversi romanzi, tra cui Anche i lupi mannari fanno surf (Robin, 2002), Eccessi di realtà/Sushi Bar (Gruppo Editoriale Marche, 2003), Millenovecentosettantasette/Fantasmi armati (Besa, 2006), Carenze di futuro (Zona, 2009), Il rumore della terra che gira (Perdisa Pop, 2010) e la novella Anche i lupi mannari fanno surf (Remix) (Senzapatria, 2010), Il caso editoriale dell’anno (Edizioni Anordest, 2013) e raccolte di racconti: Harley-Davidson Racconti (Stampa Alternativa, 1996), H-D / Harley-Davidson, deserti e moderni vampiri (Stampa Alternativa, 1998), Generazione di perplessi (Edizioni della Sera, 2011).