Rupert Brooke ⥀ Lo splendore delle ombre
Pubblichiamo oggi per Argo il prologo del libro Rupert Brooke. Lo splendore delle ombre (Ares, 2024) di Paola Tonussi, la prima biografia italiana dedicata a uno dei più importanti war poets inglesi
Now, ere the unthinking silence on that strife
Steals down, I would cheat drowsy Death so far,
My night shall be remembered for a star
That outshone all the suns of all men’s days1.
Ora, prima che furtivo silenzio scenda
Su quella lotta, vorrei ingannare Morte che ci addormenta,
E sarà la mia notte ricordata come una stella
Che ha eclissato ogni sole nell’esistenza degli uomini.
Il mare manda lampi di luce come scaglie di pesce al sole.
Per poco ancora. In breve la luce precipita in un piccolo gorgo lontano, e a guidare il fosforo della notte non rimarrà che il riflesso della luna.
L’isola adesso li aspetta. Avvolta dall’oscurità, ne avvertono la presenza anche dal mare, perché il vento porta alla nave aromi di erbe selvatiche, odore di terra e belati confusi di greggi tra arbusti nascosti.
Sulla nave ancorata alla baia a sud di Sciro il funerale è cominciato.
Al lume delle torce Oc Asquith ha vestito l’amico con l’uniforme e inciso il suo nome e la data di morte direttamente sulla bara di legno semplice: non c’è tempo per apporre una targa. Gli ufficiali francesi ve lo adagiano con le sue armi, la coprono con la bandiera britannica. Chinato il capo, poi se ne vanno.
Una lancia lo accoglie e scivola sul mare tra le navi nella baia, le bandiere abbassate, gli uomini sui ponti che presentano le armi. Aromi e suoni dell’isola si avvicinano. I compagni hanno deciso di seppellirlo nella radura di ulivi dov’erano stati insieme giorni prima, con Denis Browne, Charles Lister e Patrick Shaw-Stewart: in una conversazione occasionale aveva detto che gli sarebbe piaciuta un’isola greca per tomba.
Alle sette quella sera il comandante Freyberg, Denis Browne e Lister sono sbarcati con un drappello di attendenti. Denis li ha preceduti, per individuare il luogo esatto sul fianco del monte Kohylas. Segnato il punto sotto un ulivo, avrebbero finito poi gli attendenti con i badili.
Dodici uomini del battaglione Hood, quasi tutti australiani, hanno sollevato a spalla la bara. Avanzano, diretti alla radura, reggendo lanterne: un passo illuminato, un altro al buio. A tratti scivolano sui ciottoli del fiume in secca, che sembrano sabbia al chiarore della luna. Calpestano con gli stivali pesanti le erbe aromatiche. Impiegano due ore a coprire un miglio.
Denis è già nella radura con Freyberg e Lister, sull’attenti. Tutto intorno, salvia selvatica blu-grigia e timo emanano un profumo come misto di pepe e incenso.
La processione arriva alle 11. In testa uno dei suoi uomini, il sergente Saunders, con una grezza croce di legno dipinta di bianco e il nome: “Rupert Brooke”. Patrick Shaw-Stewart comanda il picchetto d’onore. Seguono il feretro il generale Paris e altri ufficiali della brigata. Deposta dal tenente colonnello Quilter una corona d’ulivo sulla bara, il cappellano tiene la breve funzione sotto la luna velata, i rami d’ulivo mossi dal vento.
I tre spari di commiato strappano l’aria nel buio, echeggiando come battiti di mani da una cresta all’altra. Nel silenzio grida di civette coprono le campanelle di capre e pecore svegliate dal rumore, in corsa spaventata tra i cespugli.
La tromba suona l’omaggio, la bara è calata: è la fine del viaggio.
Poi è silenzio. La rozza croce di legno sul capo, un ramo d’ulivo gli oscilla sopra, una croce più piccola offerta dal suo plotone ai piedi.
Gli uomini presentano le armi prima di ripercorrere il cammino a ritroso verso la baia. Solo la luna assiste la processione quando le lanterne non splendono più.
Freyberg, Oc Asquith, Denis Brown, Charles Lister e Cleg Kelly restano a coprire la tomba con pietre raccolte lì intorno. L’interprete greco intanto inscrive un epitaffio dietro la croce più grande.
E quando lasciano Rupert Brooke da solo sotto il tumulo di pietre chiare e l’ulivo, tra le pecore e le capre nell’isola di Achille, più di uno tra loro pensa di aver assistito non solo a una morte, ma anche a una nascita: «come stessimo vivendo l’origine di un mito classico» dirà Kelly2.
La morte di Brooke servirà in effetti il mito meglio che se fosse caduto in battaglia: non deturpato da ferite, mutilato o intaccato, il corpo dell’eroe è stato trasportato dai compagni tra ulivi e fiori, allo stesso modo antico in cui i combattenti greci avevano portato a spalla quello di Byron.
L’eternità si è spalancata in una radura sulla collina: la tomba coperta di pietre chiare è una vertigine di solitudine. Remoto, assente, il mare che circonda l’isola riluce alla luna.
La leggenda ha inizio.
Ma l’ordine è arrivato: la loro nave, la “Grantully Castle”, dovrà salpare il 24 all’alba per invadere i Dardanelli. «Fate presto», la precisazione.
Non c’è tempo da perdere.
Uno dei frammenti copiati da Kelly sembra la voce dell’uomo rimasto indietro sull’isola:
I piedi che correvano con i miei han trovato mèta,
Gli occhi che incontravano i miei han guardato nella notte.
Le forti membra non sono più; tornate alla terra.
Facili a confondersi…
. Quel che è ancora di lui,
Non vivente, vive, ha trovato casa nella mente di pochi…
. Egli indossa
I fiori sbocciati e non raccolti della quiete; più fermo
Di un pozzo profondo a mezzogiorno o di amanti congiunti;
Del sonno o del cuore dopo l’ira. Egli è il
Silenzio che segue grandi parole di pace3.
Aveva fatto molta strada per arrivare a quella pace. Tutto era cominciato ventisette anni prima, a Rugby.
Note
1 The Great Lover, in Rupert Brooke: Collected Poems, The Oleander Press, Cambridge 2010, p. 125.
2 C. Hassall, Rupert Brooke: A Biography, Faber & Faber, Londra 1964, p. 513.
3 «The feet that ran with mine have found their goal», in The Poetical Works of Rupert Brooke, a cura di G. Keynes, Faber & Faber, Londra 1946, p. 207.
Paola Tonussi è studiosa di letteratura inglese e americana dell’Ottocento e del Novecento e collabora a riviste italiane e anglosassoni, tra cui «Brontë Studies». Ha scritto tra l’altro su Byron, Dickens, Virginia Woolf, Eliot, Brodskij e i Brontë. La sua biografia Emily Brontë (Salerno, 2019), è stata finalista al Premio Comisso 2020 per la sezione dedicata. Per Ares ha pubblicato War Poets. Nelle trincee della Prima guerra mondiale (2022) e Rupert Brooke. Lo splendore delle ombre (2024).