La scuola minacciata dalla strategia dell’abbandono ⥀ Resistere al capitalismo algoritmico

Prendere coscienza della realtà socio-politica odierna al fine di preservare le nostre istituzioni fondamentali dalla centralizzazione, ed evitare una nuova Strategia dell’abbandono. La scuola è una di queste

 

È un tratto distintivo del nostro tempo guardare il dito ma, a ben vedere, le scelte dei governi creano un paesaggio lunare, una desertificazione fatta di crateri al di sopra dei quali gli esseri umani fluttuano senza poter andare dove li condurrebbe la propria volontà. «Ce lo chiedono i mercati». «Ce lo chiede l’Europa». «Ce lo chiede la Nato» non lo dicono mai, ma la Nato non si limita a chiedere: pretende e ogni volta, con argomentazioni del secolo scorso, giustifica la creazione di un habitat sempre meno adatto e funzionale alla vita. Esiste un filo rosso che collega l’aziendalizzazione e la regionalizzazione dei servizi pubblici e dei beni comuni alle riforme in tema di lavoro, spacciate finora per sostenibilità economica in un momento di crisi. Ma quanto dura questa crisi? E, soprattutto, esiste davvero una crisi che non sia endemica al sistema capitalista?

Gridare alla crisi è una forma di allarmismo studiata perché l’insicurezza sociale è uno strumento di dominio – il dominio del capitale fuori controllo, che riproduce sé stesso attraverso l’algoritmo. Se i governi non sono in grado di imprimere un cambio di rotta, rendendo vana la presenza alle urne della popolazione, è lecito chiedersi se la situazione non sia ormai davvero incontrollabile e se il capitale non minacci la sopravvivenza stessa dell’umanità, dato che non si produce ciò che si consuma, ma il contrario.

Esiste tuttavia un settore in cui questo processo non è ancora stato compiuto: la pubblica istruzione.
Ciò che è accaduto al sistema sanitario può lasciarci intuire cosa potrebbe accadere anche alla scuola considerando inoltre la portata storica del calo demografico, il quale potrebbe condurci verso una decrescita drammatica o indolore. Il rischio concreto legato al capitale è lo spostamento delle persone dalle aree interne, con delocalizzazione del lavoro e depauperazione dei servizi. Ce ne dà un chiaro esempio Leonardo Animali nel suo libro La strategia dell’abbandono, in cui descrive l’abbandono di un territorio in stato di miseria e degrado. Tutto ciò avviene perché condensare una grande quantità di persone nei grandi centri riduce la spesa. I servizi centralizzati non sono però sufficienti per le grandi masse.

Le persone si ammalano a causa dello stress, dovuto ai turni di lavoro sempre più massacranti o alla mancanza di certezze sul lavoro, oltre che a causa dell’assenza di tempo e di mezzi per la cura del benessere del proprio corpo (alimentazione scorretta, poco esercizio fisico, impossibilità di screening di prevenzione. A questo va aggiunta la condizione stressante delle tante donne che, oltre agli impegni lavorativi, si fanno carico della maggior parte degli impegni domestici.

Allora, dove il pubblico depredato non arriva, subentra il privato che eroga prestazioni. Il pubblico dovrebbe organizzare percorsi integrati per la presa in carico del soggetto. Ciò accade? No, poiché il pubblico lavora con la mentalità del privato, erogando prestazioni a sua volta.

Quanto diversamente funziona o può funzionare la scuola? È vero che viene dato a ciascuno ciò che deve avere, oppure con la legge sui bisogni educativi speciali (BES) e sui disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) sono stati tolti insegnanti di sostegno a classi che ne avrebbero avuto bisogno e ridotta la possibilità di avvalersi della legge 104 per allievi e allieve che ne avrebbero avuto diritto? Tra presa in carico del soggetto e prestazione il confine è molto labile e l’algoritmo non lo vede, mentre noi sì.

Se la pubblica istruzione rischia di subire a sua volta la strategia dell’abbandono esiste tuttavia una resistenza umana che ancora può arginare il declino. La resistenza umana ha fatto in modo che la scuola primaria di San Paolo di Jesi potesse continuare a esistere con le pluriclassi. La resistenza umana in Germania ha rallentato la deforestazione, grazie a degli ambientalisti che organizzandosi in turni, hanno dormito sugli alberi affinché non venissero tagliati. La resistenza umana ha salvato vite nel Mediterraneo quando l’”algoritmo della difesa” sosteneva che le persone in mare non fossero affare nostro (io stessa ho partecipato a questo tipo di resistenza, nonostante l’ostilità di chi lo impediva).

La crisi dei partiti non si risolverà a breve e più il tempo passa, più occorre restare vigili. Il sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori oggi ci fornisce una possibilità per lottare, non solo attraverso lo sciopero che è un’estrema ratio, ma anche e soprattutto attraverso due strumenti principali: la nostra coscienza di categoria e la nostra coscienza politica. Sono strumenti da usare quotidianamente attraverso l’unità e attraverso il confronto continuo tra di noi, perché non esiste nulla di più potente di un’intelligenza collettiva e organizzata.

(Serena Cavalletti)