Shut up, o men ⥀ Un’esperienza di traduzione queer
Presentiamo oggi un’esperienza di traduzione particolare, confluita poi in una piccola edizione-feuilleton dal titolo New to age, che ha coinvolto le poete e artiste queer Allison Grimaldi-Donahue e Stacy Szymaszek, alle prese con i testi-epistola delle poete marchigiane del ‘300 di Tacete, o maschi (Argolibri, 2020). Per l’occasione abbiamo scelto di intervistare Allison Grimaldi-Donahue e di condividere un breve estratto dal loro libro
Nel vostro testo-feuilleton New to age ad un certo punto ti rivolgi alla tua sodale e co-autrice del lavoro Stacy Szymaszek, e scrivi: «Reading Elisabetta Trebbiani I read lesbian / innuendo – is it me or is it the poem? / I’ll say it’s me but all the medieval women, / had interests that weren’t as rigid as we / think. / Reading it again there’s something so sexual to / read or misread», partirei proprio da questa sensazione, di piacere della scoperta, che è anche insinuazione, dubbio sensuale, apertura e possibilità; come e perché avete iniziato a lavorare, a ri-comporre, ripensare oggi, i testi delle poetesse marchigiane del ‘300?
Infatti, perché… Allora, io sono da quasi sempre molto appassionata del medioevo. Ho scritto la mia tesi magistrale su Petrarca (e addirittura ho un suo verso tatuato sul braccio!) e sempre mi sono interessata all’idea di fare un queering della letteratura medievale. Non perché io voglia cambiare la storia, ma per imparare a giocare con le tracce che ci rimangono di quell’epoca e rivalutare le interpretazioni che poi sono diventate egemoniche.
A un certo punto durante la pandemia ho cominciato a scambiare messaggi con Stacy Szymaszek su Instagram! Anche lei è italo-americana, e queer, e non so come ha cominciato, ma lei è una poeta che ammiro da tanti anni. Scrivevamo principalmente dei nostri legami fra lingua e poesia, lingua e cultura. E di Pasolini, perché lei ultimamente ha scritto un libro che è una riverberazione della sua poetica – si chiama Divine Mimesis. Tutto questo per dire che c’era un bel dialogo. E poi leggendo Tacete, o maschi sembrava che anche noi stessimo facendo una conversazione per lettere sulla poesia, ma poi dentro le lettere c’era anche tutt’altro – storie d’infanzia, storia d’amore, lutto, tragedia, viaggi – molto simile alle donne del ‘300. Così quando ho cominciato a tradurre volevo coinvolgere anche Stacy, anche se non sa l’italiano. Però, credo molto che questo sia solo il primo tentativo. I testi sono estremamente difficili da tradurre e vorrei passare più tempo con ogni poesia, ogni poetessa, e fare un lavoro più completo. E come metodologia credo molto che la traduzione di poesia possa essere un campo in cui si gioca, proponendo tante versioni e possibilità: da quella più simile all’italiano a quella più storica sino a quella più sperimentale – che è comunque molto in tema con il medioevo, la molteplicità, l’oscurità, la mancanza di risposte chiare o scientifiche.
Parli quindi di de-colonizzare il passato dal nostro sguardo ormai cristallizzato, offuscato da centinaia di anni di accademia e critica misogina, che sempre ha relegato le scritture femminili a singolarità eccezionali (o sante o pazze) invece di rintracciarne criticamente le correnti e le influenze reciproche che accomunano Nina Siciliana alle poete marchigiane del ‘300 come a Gaspara Stampa e Ada Negri, per restare al contesto italiano. Si tratta forse di imparare ad abitare diversamente la storia che ci accomuna, anche la storia della lingua, perché no. Come pensi si possa agire in questa direzione? Come avete lavorato voi sul testo delle poete del ‘300? Cosa significa, nello specifico, per te, fare un queering della letteratura medievale?
Grazie per questa domanda molto bella e molto difficile. E grazie per la tua pazienza, ché sono giorni molto pieni per me e spesso non ho l’energia per pensare in un modo chiaro. Sono molto scettica, stranamente perché sono queer io, sul progetto di queering della letteratura del passato. Penso così perché non vorrei mai imporre un modo di pensare a quelli che non possono dire diversamente. Ho avuto l’opportunità di pensare a lungo su questo con una mia ex-studentessa alla John Cabot University che scriveva la sua tesi di laurea su Chaucer e The Wife of Bath, cioè su come possiamo riconoscere le evidenze queer nel passato senza assumerle nelle nostre idee, nei nostri schemi, oggi. Ma, per quanto concerne il medioevo, credo di poter dire che sia quasi tutto già queer, era un mondo molto più libero di quanto noi riusciamo a comprendere con la nostra razionalità. Come dicevo prima, queste traduzioni sono solo un inizio, credo che in realtà le poetesse della vostra raccolta meritino differenti tipi di traduzione – più standard ma anche più collaborative. Io ho cominciato a tradurre da sola ma poi ho chiesto anche al mio ex-prof e amico medievista Stefano Mula un po’ d’aiuto – per tradurre queste poetesse veramente ci vorrebbero anni e anche tanti cervelli. Ma a parte i miei limiti come linguista, credo che testimoniare, fare presente queste voci, sia in ogni caso fondamentale. La storia della letteratura come la storia dell’arte non sono una cosa scientifica o oggettiva, sono sempre sempre da costruire. Forse per questo faccio fatica con il mondo accademico che tratta, certe volte, le cose come fossero fatti della realtà e non scelte fatte da persone. Quindi, per me, il queering della letteratura è il lavoro volto alla ridefinizione del canone, alla ricerca di persone e voci andate perdute – non perché non fossero interessanti o di qualità ma perché non erano nella norma del loro tempo. E come traduttrice il mio lavoro è anche teso a cambiare l’idea della letteratura italiana per chi legge in inglese. Non è che non c’erano scrittrici importanti nel medioevo, è che la società (fino ad ora) non aveva la forza di sentirle.
Grazie per la risposta. Trascrivo questi versi di Ortensia di Guglielmo destinati al Petrarca, come riportato nella vostra traduzione: «I would like to direct my pen / Up there, Lord, where desire invents me». Ad esempio, questi versi potentissimi, creano un vero e proprio campo di forze, un field, in grado di farsi permeare dallo spaziotempo, di comprimere sette secoli e dilatarli, di trapassare generi e forme stabilite, di essere assolutamente contemporanee perché contemporanee sono sempre state: è il desiderio a dare corpo, un corpo, anche linguistico, ancora da immaginare… Ti chiederei una riflessione a partire da questo.
Mi piace molto quest’idea che il contemporaneo cerca di «dare corpo» – cioè di rendere materiale, presente, la poesia nella vita. Poi con la parola field, ‘campo’, vado subito a Charles Olson, uno delle voci principali del Black Mountain College, dove si è formato assieme a Robert Creeley e John Cage. Dentro quest’idea ci sono vari campi, quello della carta, il telaio, ma anche il campo – il prato, in cui esiste il corpo. La poesia quindi va oltre, va nello spazio del mondo. E penso anche ai Frisbees di Giulia Niccolai – gettati nel mondo, piccoli poemi in attesa di una reazione oppure una risposta, da qualcuno o dall’universo. Ma per tornare a questi versi… Credo che l’impulso nelle donne medievali non fosse lontano da Olson e tantomeno da Niccolai. La poesia è una preghiera laica che esprime sempre un desiderio – di entrare in contatto con l’altro. Quindi le nostre traduzioni contenute in New to age sono anche un tentativo di avere un contatto – con le poetesse marchigiane, fra me e Stacy come scrittrici a distanza, ma anche con te, poi con il pubblico. Come tutti cerchiamo una conversazione, una comunità di condivisione.
Estratti da New to Age1
from Leonora della Genga’s Tacete, o maschi
Shut up, o men, to say that Nature
Means only to make males
And doesn’t take to forming women
If not against Her own will some attention.
What envy for them, what dark cloud
Makes your minds fail to comprehend
How She in making them spends all of her
energy, in their glory your own is obscured?
Women know how to handle swords
They know how to hold up Empires and even
know how to find a straight path to Helicon.
In each thing your virtue crumbles,
Men next to them. Man will not,
Ever take possession of their prestige or crown.
O men, shut up, to claim that Nature
Wishes only to make the male
And takes no pleasure in forming the female
If not against her own will is pressed.
What envy for them, what dark shadow
Makes your minds unable to grasp
How She spends all Her energy on them,
In their glory is your own diminished?
Women know how to handle swords
They know how to hold up Empires and even
How to find the straight path to the Muses of Helicon.
In everything your virtue falls,
Men, beside Women. Man will not ever,
Take possession of their prestige or crown.
Ah, shut it, man. Stop saying Nature
only means to make men
And treats women like an accident
against its own will or health.
Why so jealous, why this dark cloud
encroaching on your minds unable to grasp
How it spends all its energy on them,
Does their success render you a failure?
Women know how to wield a sword
To rule Empires and even
Find the quick path to the Muses of Helicon.
Beside women, men, your virtue collapses
Never will man gain possession of
woman’s prestige nor her crown.
⥀
1 March 2021
– to Stacy in parts southwest and unknown
The only river here is the Reno and they buried
it under a parking lot in the 1960s – the
Italians too, make poor preservation choices.
And I’m closest to the Adriatic, the wrong shore
from which to reach America. Croatia certainly,
but not America.
Reading Elisabetta Trebbiani I read lesbian
innuendo – is it me or is it the poem?
I’ll say it’s me but all the medieval women,
had interests that weren’t as rigid as we
think.
Reading it again there’s something so sexual to
read or misread. I spent most of yesterday
listening to podcasts about Christin de Pizan,
the foremost feminist of the Middle Ages. She
was Italian, not French! And writing around the
same time as Elisabetta. Just richer and more
educated. Just.
Her pen along so eloquently gives (?)
All the scholarship says these aren’t love
poems.
⥀
from Ortensia di Guglielmo
to Petrarca
I would like to direct my pen
Up there, Lord, where desire invents me;
And after death to regain in life
The clear virtue of an untamed flame.
But I drown it out in the river’s waves;
I’m as worthy of blame as you may think
Vanquished, lost the way of all my possessions:
I go along the Helicon to the sacred river.
Needle, spindle, more than laurel or myrtle,
As if this were not my glory,
He always wants this mind to be Understood.
Tell me yourself by now what straight road
You have taken to Parnassus, noble spirit
Must I really leave this worthy task?
Di seguito i due testi originali di Leonora della Genga e Ortensia di Guglielmo da Tacete, o maschi (a cura di Andrea Franzoni e Fabio Orecchini, collana Talee, Argolibri, 2020)
Leonora della Genga
Tacete, o maschi, a dir, che la Natura
A far il maschio solamente intenda,
E per formar la femmina non prenda,
Se non contra sua voglia alcuna cura.
Qual’ invidia per tal, qual nube oscura
Fa, che la mente vostra non comprenda,
Com’ella in farle ogni sua forza spenda,
Onde la gloria lor la vostra oscura?
Sanno le donne maneggiar le spade,
Sanno regger gl’Imperj, e sanno ancora
Trovar il cammin dritto in Elicona.
In ogni cosa il valor vostro cade,
Uomini, appresso loro. Uomo non fora
Mai per torne di man pregio, o corona.
⥀
Ortensia di Guglielmo
al Petrarca
Io vorrei pur drizzar queste mie piume
Colà, signor, dove il desio m’invita;
E dopo morte rimanere in vita
Col chiaro di virtute inclito lume.
Ma ‘l volgo inerte che dal rio costume
Vinto, ha d’ogni suo ben la via smarrita:
Come degna di biasimo ognor m’addita;
Ch’ir tenti d’Eliconia al sacro fiume.
All’ago, al fuso, più che al lauro o al mirto,
Come che qui non sia la gloria mia,
Vuol ch’abbia sempre questa mente intesa.
Dimmi tu ormai che per più dritta via
A Parnaso te ne vai, nobile spirito
Dovrò dunque lasciar sì degna impresa?
Note
1 Testi tratti da New to Age, Allison Grimaldi Donahue with Stacy Szymaszek & Leonora della Genga, Elisabetta Trebbiani, and Ortensia di Guglielmo. Created for the occasion of The Feuilleton: I will bear witness, Piggy-backing-from the Edicola, curated by Jo Melvin at Mahler & LeWitt Studios in Spoleto and MACRO in Rome, Summer 2021.