Il baratto
Tu mi dai la tua rabbia, e io cosa ti do. Io ti do il fiato, tu ci metti il tempo. E luce che sparpaglia i sogni, luce che spazza via la nebbia.
Imminente, secondo indiscrezioni, il lancio sul mercato di una nuova generazione di servizi assicurativi:
Per te silenzio, vuoto, libertà di tregua. Io ti do tempo. Domande certo che potrai farne, dirmi cose: una risposta è assicurata, dentro o fuori dal silenzio. E c’è anche il caso che la risposta non ti serva più, che ti basti aver fatto la domanda. Che vada bene così.
servizi attivi 24 ore su 24, copertura internazionale;
assicurazione contro i rischi e il malessere psicologico – dell’anima, dello spirito,
della sfera interiore, per intenderci.
Nei giorni duri io ci sarò. Tu mi dai tempo, io ti do un’altra vita.
Perché verranno giorni, giorni duri e giorni no, notti con lune e stelle accese e tu senza dormire, il cielo sopra di te, notti stellate e notti senza sonno, notti di puro sonno e poi puro risveglio, risveglio della nuda coscienza che sa di essere e null’altro, luce e basta, prima di caricare tutto il software feriale e diurno, tutte le cose e le parole e il fardello del giorno, del pensiero.
E allora toccherai le cose, le chiamerai per nome perché restino con te, i loro nomi li sentirai addosso – li terrai in mano, in bocca – ricorderai parole con stupore, con stupore le lascerai andare. Potrai parlare e tacere. Che noi ti si ascolta, a nostro modo ti si ascolta, e io nemmeno un commento su di te, sulle tue parole e le tue scelte, nessun biasimo dei tuoi errori, del tuo aspetto, del corpo in cui sei cresciuto, cresciuta dentro, nulla e nessuno baderà a te per come pensi di essere, per come hai pensato d’essere finora, eppure avremo cura di te.
A fronte di polizze di entità contenuta
– e a quanto pare di carattere ibrido, parte in denaro parte in offerta di tempo –
assicurazione contro rabbia, depressione, angoscia
Tu dammi spazio, io ti do una ragnatela. Un labirinto. Sogni vividi appena ti addormenti.
L’ora del sogno guaritore e l’ora senza riposo; lo stato di eccezione dell’essere nel mondo, l’oltraggio al giusto e al vero, il limite della norma e del diritto; questo è ciò che abbiamo, tutti, e il divenire ambiguo del presente; schifo, impotenza, dolore civile; e il sonno provvisorio delle bestie. Ti do una ragnatela controluce, perfetta come il labirinto di Cnosso; io ti do ascolto, tu fammi domande.
(forse, anche contro l’insonnia).
E l’indistruttibile – il perfetto indistruttibile che è in noi – il decisamente divino, qualsiasi cosa possa stare in quel “decisamente” – quello lo intuirai chiudendo gli occhi, occhi chiusi nel sole e nell’insonnia, ricordando parole e poi lasciandole andare. E non aspirerai a raggiungerlo, niente affatto, solo lo intuirai e questo è gioia, minima assurda incomprimibile gioia, pura contraddizione. Tu dammi spazio e io ci metto il tempo; e il fiato, le storie e le vertigini, come avere sedici anni ed essere innamorati, oppure avere attacchi di panico.
Si esclude, a quanto riferiscono, l’uso di tecniche new age, né si tratta di assistenza spirituale o psicologica:
Tu dammi il tempo e io lo riempio di storie – un baratto, uno scambio, una forma minore di magia.
Serve carta tabacco e inchiostro ma anche no, solo tempo e luce, fuoco senza colore che corre per rue de la Huchette, che si infila tra le assi tarlate di via Piella, Goito, tra san Vitale e le Moline, nei vuoti tra i portici, nei vuoti tra le parole. Tu dammi il vuoto e io ti do il silenzio.
Tempo in cambio di aiuto, tempo in cambio di tempo.
E se ti verrà voglia di mandare a memoria – di ripetere, di serbare parole, noi ti diamo i nomi. Ti offriamo i nostri artisti del digiuno, detective selvaggi, veterani del tempo perduto. I nostri esperti di metrica e di addii. La legione dei poeti, sempre in lotta col tempo e col denaro (tranne quelli a stipendio nelle corti), esperti da secoli nel rivoltare cappotti, nel rivoltare pietre e scoprirvi sotto vita, vita di insetti e pianticelle; e quelli del narrare, che altro non è che il passare del tempo; e i nostri eroi che hanno buttato il tempo, buttato e ripreso al volo trent’anni dopo; ti offriamo cosa, noi, e in cambio di cosa. Luce salmastra e fuochi liquidi. E strana, forse misteriosa, forse pericolosa consolazione
le compagnie si avvarranno di un team di esperti attivi 24 ore su 24,
di colloqui e soluzioni ad hoc, mirate, tagliate sul cliente;
allo studio l’estensione delle proposte assicurative a rischi di suicidio, dipendenze, comportamenti autolesionistici
sapere che nessuno ci salverà dal lutto, dalla rabbia e dal dolore
(dicono che la polizza sia uguale al premio)
dall’angoscia, dallo schifo, dal dolore civile; eppure eccoci qui – qui da secoli e non per darti fregnacce, confessioni da facebook, sbrodolate da social, non marketing non servizi più o meno innovativi – piuttosto qualcosa che trasforma, un’arte o artigianato o una magia minore, qualcosa che trasforma in se stesse le parole, le riempie poi le vuota, le dilata e contrae. Qualcosa che si ostinano a chiamare letteratura, lingua sottratta al potere per il tempo che dura la lettura, la scrittura, il far segni su un pezzo di carta, facoltà di parola, spazio vuoto. Spazi bianchi nel tempo, nei dispositivi negli istituti nelle asimmetrie di potere – luce, regni futuri, illusori, reami di luce nel risveglio (ti imbroglierà anche questa, sai, ti ingannerà come ogni altra assicurazione, ma almeno lo sai da subito e almeno ti divertirai qui con noi, con noi onironauti, verbalizzanti, noi che scriviamo sulle panchine, in pausa pranzo o in posizione di tiro, noi che scriviamo alla stazione di Astapovo, gente che trova nomi ai sentimenti – tipo chiamarli George, Albertine o Clelia – gente cui appare in sogno il Polifilo, Guerra d’Amore in sogno, Hölderlin nella torre e smisurate preghiere e tanta sete al risveglio – a inventare l’on-off del linguaggio, l’esser fuori da tutto e dentro tutto, il baratto col vuoto e sarà tempo, tempo dilatato e contratto, battito accelerato, limite, tempo come luce come una nascita).
©Silvia Tebaldi
Nota: Illustrazione originale di Giulia Ferrandi