Lo starnuto di Emanuele Muscolino ⥀ Passaggi
La rubrica Passaggi dedica la sua pubblicazione di oggi a una prosa breve di Emanuele Muscolino, intitolata Lo starnuto. L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Illustrazione di Sarah Di Piero, La Cosa, 2023.
Se ne stava tanto bene per conto suo: possedeva il tempo e lo spazio, la materia e l’antimateria, era maschio e femmina, animato e inanimato, organico e inorganico, bianco e nero, bene e male. Il suo verbo era l’unico ed era sempre esatto.
Tutto era in un punto: lo spazio sconfinato, il tempo passato e futuro − l’eterno presente. Con indefiniti sensi godeva di ogni molecola e di ogni atomo, sempre nel medesimo punto, in quanto altri non ve n’erano.
Arrivò un giorno, in quel tempo che era tutto compreso là dentro, che starnutì, perché c’era di tutto lì e ci doveva essere anche della polvere. Nessuno scandalo, capita anche ai migliori, arriva senza preavviso, ma starnutì tanto forte che ciò che era dentro fuggì via come un − Pum! − tappo che salta.
Aveva pastrocchiato alla grande stavolta. Altro che ordine, altro che compresenza, c’era da dannarsi l’anima a stare appresso a quel big-bang, quell’universo che s’era fatto da un pedicello. E non si pensi che non provò, con pungolo onnipotente, a rinchiudere tutto dentro: saettava su e giù indaffarato come un concierge, sudato come un postino di montagna; acchiappava un pianeta, gli scappava un’idea; se acciuffava una stella, gli sfuggiva un sogno; con il rosso faceva lava, con l’azzurro un brivido volava, un monte si rovesciava, una cometa saltava, una marea si alzava… Riuscì infine a imbrigliare una galassia intera, ma lasciandone novantanove alla deriva.
− Lo spazio e il tempo che senza volerlo ho generato, − disse, − ora esulano dalla mia potenza e vogliono dettar legge.
− Ingrati! − urlò brandendo una nuvola di elettroni.
Si era cacciato in un garbuglio senza precedenti e, con l’angoscia di perdere l’orizzonte degli eventi, se ne uscì con un’idea delle sue, di quelle che un tempo lo facevano gongolare nel punto. Con la nuova trovata che gli ballava nella testa se ne andò lontano, molto lontano, vagò in lungo e in largo per ogni periferia e finì in una zona sfigatissima, grigiastra, rarefatta. Raccattò le prime cose che trovò attorno e si mise all’opera: un po’ di silicio, del magnesio, del ferro, un po’ d’alluminio, ossigeno, carbonio, un pizzico di nichel. Diede una bella mescolata e al momento giusto alzò la fiamma, rimestando indemoniato.
− La Terra è fatta! − disse.
La prese sul dito e la fece andare come una trottola. Girò, girò e girò: appena qualche secondo di pazienza e due miliardi di anni erano passati. Quando la polvere si posò, le acque si calmarono e le fiamme si spensero, arrivò l’ora degli esperimenti: ne vennero di buffi, di bislacchi, di effimeri, di mostruosi, ma col tempo ci prese la mano e decise infine di farne uno a sua immagine. Ne emerse una scimmietta esile, con tanti peli sul capoccione, ma grande abbastanza da metterci dentro quello che voleva: pensieri vecchi e consolidati e spunti novelli senza collaudo, sopraggiunti con lo stress dell’ultima settimana. Insomma, era nato esso.
Esso cominciò a moltiplicarsi, come si erano moltiplicati gli altri prima di lui. Ma l’ultimo arrivato era particolarmente testardo. E presuntuoso: si mise a toccare, si incaponì sulle pietre, sui bastoni, sul fango. Ne uscirono degli emeriti scempi − sassi su sassi e disse Ho fatto un dolmen; un taglio nella pietra: Ma questa è arte; ne fece due: Un capolavoro! Combinò, eresse, assemblò, levigò, zappò, edificò, usò la leva, accese il fuoco e la torcia, costruì l’argano e l’aratro e fu un attimo che disse Sono un Dio, così che il padre, dall’altra parte, rispose Oh, ce l’hai fatta a capirlo! E se lo coccolò un pochino:
− Sei meglio di me figliuolo!
− Dici, padre?
− Ma certo, non vedi cosa riesci a fare? A tuo confronto, io non ho fatto che uno starnuto e uno stronzo.
Esso se ne convinse:
− Sono Dio, − disse. − Il più figo!
Il padre gli concesse quel poco che serviva per mettere il mondo a ferro e fuoco. E quando ormai l’illusione onnipotente fu radicata in lui, lo mise alla prova:
− Fermo scimmioide, inchinati! Sono il tuo Dio.
− Ma vaffanculo! − rispose esso. E per festeggiare l’onnipotenza ricevuta, sganciò petardi ai quattro poli ed emigrò sui pianeti accanto, a continuare l’opera.
Il padre, mandato in culo dallo scimmioide, non se lo fece ripetere e se la diede a gambe, soddisfatto che il piano gli fosse riuscito. E mentre il peloso neonato veniva assalito da angosce di morte e di ignoti spazi profondi, la volpe del suo creatore si rintanò nel punto zero, si accovacciò in posizione fetale come se dovesse andare di corpo (cosa che non aveva mai fatto, abituato a un punto senza prese d’aria né correnti) ma al posto di tirarla fuori come da pronostico, fece il vuoto nello stomaco e si riprese ogni cosa, o almeno tutto ciò che riuscì ad acchiappare nelle vicinanze, senza curarsi troppo delle novantanove galassie smarrite. Chi s’accontenta…
− Bello mio, − disse a esso da lontano. − Ti lascio l’universo, tutto per te: naviga fino ai confini ultimi, conquistalo, distruggi tutto, fa’ come ti pare, ora sei tu Dio. Cazzi tuoi.
E, così dicendo, chiuse la porta del buco, risucchiando dentro anche quella. Poi rimase lì, beato, come prima, cercando di non starnutire più. Che poi, starnutisse ancora, saprebbe ormai cosa fare.
Chi volesse proporre prose brevi e illustrazioni per la rubrica, può inviarle a questo indirizzo email: RubricaPassaggi@argonline.it


Emanuele Muscolino
Emanuele Muscolino è nato a Roma nel 1984. Dopo la laurea in Arti e scienze dello spettacolo ha pubblicato il saggio Paradossi della soggettiva. Visione pura e visione-sguardo nella sequenza cinematografica. Ha lavorato come montatore per il cinema e la tv ed è autore di cortometraggi, documentari e reportage. Dal 2023 i suoi racconti e le sue poesie sono pubblicati su blog, riviste letterarie e antologie.