Toti O’Brien traduce Richard Garcia (II) ⥀ Le vele – Poesia della traduzione 11

La rubrica Le vele propone il secondo tempo delle traduzioni di Toti O’Brien di poesie e prose poetiche di Richard Garcia. La prima parte delle traduzioni si trova qui

 

Le vele – Poesia della traduzione è una rubrica che propone versioni inedite in italiano di voci che provengono da altre lingue, luoghi e culture, per accoglierle e farle nostre attraverso il faticoso lavoro di scavo, di ricerca, di trasporto da una lingua a un’altra lingua.

(a cura di Rossella Renzi)

 

Immagine in copertina di Toti O’Brien, Miniature Map #5 (Christmas, Downtown L.A.), Mixed Media, 12×12, 2001.


 

Toti O’Brien traduce Richard Garcia (II)

 

Questa è la seconda selezione dei testi del poeta Richard Garcia, originario di San Francisco, tradotto dall’autrice Toti O’Brien, che vive a Los Angeles, ma è nata a Roma. Come anticipato nella prima selezione – disponibile qui – i testi di Garcia sono costruiti su intrecci di temi e voci che offrono una trama assai fitta di visioni, suoni, immagini, interpretazioni, rimandi a culture, luoghi, tempi. Forse proprio la dimensione del tempo, nelle accezioni più diverse, compare in modo prevalente in questi testi proposti, in forma di versi e di prose poetiche, dove all’insondabile mistero che portano con sé gli oggetti della vita quotidiana, si affianca il sublime.

 

 

Scarpe nuove

Chi può dimenticare
Certe scarpe. Le ballerine
Rosse sui binari del treno
Sangue sulle sue calze bianche
Le scarpe della strega
Che sporgono da sotto una casa
Le scarpe di Van Gogh
Fango dal campo di patate
E quei mucchi di scarpe
Dei morti in guerra
E le scarpe lasciate
Nel deserto dai militi in fuga
O quelle dell’uomo investito
Da un’auto, fianco a fianco
Sul bordo della strada come
Se nulla fosse.

Chi dimentica gli stivali da cowboy
Dell’adolescente assassino
Che nessuno ha mai visto
Li strofina uno contro l’altro
Ma il sangue non va mai via del tutto
E certi Texani
Piazzano gli stivali su ogni loro possesso
Sedie, tavoli, scrivanie, mogli, cavalli.
Dunque, scalzo e stanco d’attendere
Che morisse qualcuno
Ho comprato un paio di scarpe
Ho sentito la magia del suolo
Affluirmi nei piedi, ero alto
Potevo ballare, e mentre avanzavo
Nella nebbia mi echeggiava,
Dietro, un rumore di passi.

 

My New Shoes

Who can forget certain shoes
The ballerina red shoes
On the railroad tracks
Blood on her white stockings
The witch’s shoes
Sticking out from under a house
Van Gogh’s shoes
Mud from the potato fields
And those mountains of shoes
Of the victims of war
And shoes abandoned in the desert
By fleeing soldiers
The shoes of the man hit by a car
Standing side by side on the road
As if nothing had happened

Who can forget the cowboy boots
On the teenage killer
His face never seen
He shines one against the other
But never quite wipes off the blood
And there are Texans
Who place their boots on everything they own
Chairs, tables, desks, wives, horses.
And so, being barefoot
And tired of waiting for someone to die
I bought myself a pair of shoes
I felt the magic of the ground
Flow into my feet, I was tall
I could dance, and walking in the fog
They echoed as if I was being followed.

 

da Selected Poetry, by Richard Garcia, Quinto Sol, Berkeley, 1973.

 

 

La Durata

Non accadde nulla di speciale durante la Durata. Ma, in effetti, un bambino disse “durata” finché il termine perse significato. I beignets alla crema regnarono supremi durante la Durata. L’omelette norvegese fece furore. Credevamo fosse una sorta di interludio, ma tecnicamente avrebbe potuto procedere all’infinito. I mucchi di neve erano alla moda. Roba bianca, simile a biancheria appena lavata, sovrastava l’intero territorio. Dentro il tendone d’un circo, a luci spente, un pagliaccio cercò di raccogliere un cerchio di luce nella pattumiera. Era la Durata. Guarda come elude la scopa. Guarda come non la può spazzar via perché continua a contrarsi e diventa sempre più piccola mentre il buio si espande.

 

The Duration

Nothing much happened during The Duration. But a child did say the word duration until its meaning disappeared. Cream puffs reigned supreme. Baked Alaska was big during The Duration. We thought it would be a kind of interlude but, technically, I could have been forever. Snowdrifts were also popular. Something white, like laundry, hovered over the land. In a darkened circus tent, a hobo clown tried to sweep a circle of light into a dustpan. It was The Duration. The way it eluded the broom. The way he could never quite sweep it up as it contracted, becoming smaller and smaller, as the dark grew larger.

 

da The Chair, by Richard Garcia, BOA Editions, Rochester, 2014.

 

 

Il Dopo

Il Dopo arrivò senza invito, senza seguito e senza precedenti. Gradualmente, la luce solare di color grigio fu eliminata e le stelle formarono gruppuscoli, ridacchiando e facendo finta di nulla. Raggi cosmici continuarono indisturbati i loro sondaggi mentre il Dopo, senza invito, rimase. Vari numeri si affastellarono sul divano, ma con somma zero e la colpa, ovviamente, era del Dopo. Furono ammesse anime a singola finestra che portarono pomate in regalo, e girarono vassoi con piccoli sandwich, muniti di significato specifico. Voluttà di grado modesto si trasformarono in sonno mentre il Dopo se ne stava in un angolo. Ma nessuno gli rivolse parola. Che faccia tosta.

 

The Aftermath

The Aftermath arrived uninvited, without retinue, or precedent. Gray sunlight was gradually suspended. Stars formed in cliques, giggling, carrying on. Cosmic rays continued to probe unabated, as The Aftermath remained, uninvited. Several numbers piled on the couch, but added up to nothing. Blame The Aftermath. Single-windowed souls were admitted, some bringing gifts of pomade. Tiny sandwiches were served, each of related interest. Low-grade voluptuousness eventually passed into sleep. The Aftermath sat in a corner. No one spoke to it. The nerve.

 

da The Chair, by Richard Garcia, BOA Editions, Rochester, 2014.

 

 

Il Sublime

Ora, ripensandoci, credono d’aver sentito il sublime avvicinarsi – come un ronzio distante d’enormi macchinari, ben prima che arrivasse. Quando fu nei paraggi non rimase alcun dubbio perché gli alberi della foresta, a filari, a centinaia, l’intera vallata, si distesero in atto di supplica. Tra i sopravvissuti, alcuni lo descrivono come un’ombra incombente. Altri videro mezzanotte in pieno pomeriggio e costellazioni mai osservate, né prima, né dopo. Altri dicono che ci fu un’esplosione, fuoco nell’aria, case ed alberi in pezzi prima che le fiamme li lambissero. Altri dicono che il sublime era ghiaccio, o solo un silenzio profondo. Tutti concordano nell’affermare che non potevano distoglierne lo sguardo. La musica (se, come alcuni sostengono, c’era) era La cavalcata delle Valchirie. E rimasero lì, con le armi che gli pendevano dalle mani come giocattoli, a fissare il sublime in arrivo. Merda, dissero, e cazzo, e Dio mio, dissero, oh, Dio.

 

The Sublime

Now, when they remember it, they think that perhaps they had heard the approach of the sublime—like a distant hum of huge machinery, long before it arrived. As it drew closer there was no mistaking it as hundreds of swaths of trees in the forest across the valley lay down in supplication. Some of the survivors describe it as an approaching shadow. Some say it became midnight in the afternoon, and they saw constellations they had never seen before or since. Others say it was a conflagration, the air was on fire, houses and trees exploding before the flames even touched them. Some say the sublime was ice, or even just a deep silence. They only thing survivors agree on is that they could not take their eyes off of it. If there had been music, and some say there was, it would have been The Ride of the Valkyries. And they stood there, their weapons like toys dangling from their hands, staring up at the advancing sublime. Shit, they said, and fuck, and God, they said, my God.

 

 

Istruzioni finali

Nella mano destra mettetemi una bottiglia di birra.
Mio cugino Bob aveva una Budweiser quando
lo distesero nella bara. E il cappello greco
da pescatore, visiera di traverso, come stesse
dormendo sul divano. Io vorrei una Leffe, scura e dolce,
dal Belgio. Meglio, una Leann Fraoich dalla Scozia,
filtrata in erica selvaggia, col suo intenso bouquet
di lavanda. Pagate un’ex-suora, alta e magra,
perché avanzi dritta per la navata e si chini
a guardarmi. Alzerà il velo nero a mostrare un viso
da Venere del Botticelli, poi sputerà nel feretro,
mi prenderà a schiaffi e uscirà in lacrime dalla porta
d’ingresso. Sentirete lo schiocco d’una frusta,
Vamonos! Pronto! Pronto! Adelante! E un cavallo
che nitrisce mentre la carrozza s’allontana di corsa.
Se nevica andrà bene una troika. Ma senza sonagli
da slitta. Mentre tutti sono assorti in lutto silente
voglio avere uno spasmo muscolare di quelli
che hanno i morti e alzarmi a sedere nella bara.
A quel punto sarebbe opportuno spegnere la luce
e proiettare il filmino girato da Memo, mio fratello.
Bob ed io, lui in costume da gorilla ed io Bomba,
il ragazzo della giungla. Lo infilzo con un coltello
di cartone che gli trema sotto l’ascella. Rende
l’ultimo respiro in quella che forse è la prima morte
in moviola della storia del cinema. Con un piede
sul suo petto irsuto colpisco il mio petto glabro e
puoi quasi sentirmi, a cinque anni, intonare
una versione anni-quaranta dell’urlo di Tarzan.
Se non fossi davvero morto, a quel punto
sarebbe opportuno glissarmi fuori dalla bara,
chiudere il coperchio e fuggire in punta di piedi
dalla porta di fianco, strizzando gli occhi al sole
accecante della mia nuova vita, birra d’erica in mano
e il retro della giacca nera, aperto dal becchino
lungo la cucitura centrale, che volteggia nel vento
come un paio d’ali stracciate.

 

Final Instructions

Place a bottle of beer in my right hand.
My cousin Bob had a can of Bud in his
right hand when he was laid to rest.
He wore his black Greek fishing cap,
the brim at a tilt over his eyes
as if he were asleep on his sofa.
Make mine Leffe, from Belgium, dark, sweet.
Or better, Leann Fraoich, ale filtered
through wild heather, from Scotland,
with a bright lavender bouquet.
Employ a former nun, one tall and thin,
to stride into the church and lean over me.
She’ll lift her black veil revealing a face
like Botticelli’s Venus. Then she’ll spit
in the coffin, slap my face, turn, and run
tearfully down the aisle and out the door.
You’ll hear the swish-pop of a cracking whip,
Vámonos! Pronto! Pronto! Adelante!
and a neighing horse as a carriage speeds away.
If there is snow, a troika will do. No
sleigh bells. While everyone sits in mournful silence,
I want to have one of those muscle-spasms
dead people have, and to suddenly sit up
in my coffin. This will be a good time
to turn off the light and show the home movie
that my brother Memo made of Bob and me.
He’s in a makeshift gorilla suit and I’m
Bomba the Jungle Boy. I stab him with
a cardboard knife. It quivers in his armpit.
He dies in what may have been the first slow-
motion-dying in cinema history.
I place my foot on his hairy chest and beat
my hairless chest and you will almost hear
my five-year old nineteen–forties version
of the Tarzan yell. If I’m really not dead,
this would be a good moment for me
to climb out of my coffin, close the lid,
and slip away on tiptoes out the side door,
squinting into the hard sunlight of my new life,
my bottle of heather ale in my hand,
the back of my black suit jacket, slit
up the middle seam by the undertaker,
flapping in the breeze like torn, ragged wings.

 

 


Garcia
Toti O’Brien, Miniature Map #5 (Christmas, Downtown L.A.), Mixed Media, 12×12, 2001.

 

 


Toti O’Brien, nata a Roma e residente a Los Angeles dall’inizio degli anni ’90, è l’autrice di Other Maidens (BlazeVOX, 2020), An Alphabet of Birds (Moonrise, 2020), Pages of a Broken Diary (Pski’s Porch 2021) e Alter Alter (Elyssar Press, 2022). O’Brien contribuisce a varie riviste con recensioni ed articoli su arte, cultura e società. Traduce prosa e poesia dall’italiano, dallo spagnolo e dal francese.

Richard Garcia è autore di numerosi libri di poesia tra cui The Flying Garcia, Rancho Notorious, The Persistence of Objects, The Other Odissey, The Chair, Porridge. Porridge ha vinto il premio Press 53 del 2016. The Chair è stato nominato miglior libro di poesia del 2015 da Don Share, direttore di «Poetry magazine», che ha definito l’opera dell’autore «infallibilmente lucida, vivida, umana, acuta, accessibile ed incantevole» nel suo insieme, sottolineando però che in The Chair Garcia dimostra di esser un maestro del poema in prosa, categoria estremamente difficile da valutare in quanto estremamente difficile da padroneggiare. Nato a San Francisco, Richard Garcia ha cominciato a scrivere negli anni dell’adolescenza. Una prima raccolta, Selected Poems, fu lodata per la sua «emozione… economia verbale [e] tono (la parola reagisce le immagini vengono viste)» da Octavio Paz, che inviò al giovane autore una lettera d’apprezzamento. Garcia ha pubblicato un libro bilingue per bambini, My Aunt Otilia’s Spirits/Los espíritus de mi tía Otilia, ed è stato per dieci anni poeta in residenza presso il Children Hospital di Los Angeles. Ha insegnato poesia e scrittura creativa presso il College of Charleston e l’Antioch University di Los Angeles e ha condotto ateliers di poesia in numerose città degli Stati Uniti.

 

Le vele. Poesia della traduzione 1
Le vele. Poesia della traduzione 2
Le vele. Poesia della traduzione 3
Le vele. Poesia della traduzione 4
Le vele. Poesia della traduzione 5
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Le vele. Poesia della traduzione 8
Le vele. Poesia della traduzione 9
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