Touche di Emanuele Muscolino ⥀ Passaggi

Oggi sulla rubrica Passaggi presentiamo il testo Touche di Emanuele Muscolino, con un’illustrazione di Margherita Virgili. L’editoriale della rubrica può essere letto qui

Illustrazione in copertina di Margherita Virgili, Senza titolo, 2024.

 



 

Lefevre, critico d’arte, una vita sulle spalle di Madame Beauvais, i lunghi capelli bianchi e un po’ di forfora sulle spalle, la giacca a quadri grigia e blu, il foulard rosso che si agita sul collo, superata con abile salto la balaustra in legno della sala settecentoundici del Louvre, rompe con un sol colpo la lastra protettiva e, anticipando i due uomini della sicurezza, tocca. Non solo tocca: la sfigura e ne asporta gli occhi con un cesello.

François, cosa diavolo ti è saltato in mente? La tua vecchia ossessione… Ti sentivi guardato da lei? Non si tratta dell’arresto, né dei centomila euro, François: è la figuraccia. Quel ragazzino ha filmato tutto, anche il martelletto. Ma dove l’hai preso?

Come ha fatto a distruggere una lastra antiesplosiva, signor Lefevre?

I guanti di seta, il colpo pesato portato con la punta di un diamante, il vetro, percosso nel punto indicatogli dal professor Lambert, suo amico d’infanzia, che sembra attraversato da un’onda e va in frantumi; il personale che tarda, allibito, trattenuto da qualcuno, gli occhi di François che si ritrovano a tu per tu con quelli di Lisa Gherardini e col suo sguardo taumaturgico.

Lefevre mostro, maschio bianco dominante, sgocciolo pestilenziale del patriarcato, Plutone canoviano, meme riprovevole da cento milioni di clic.

Il pennello di Gertrude Pusille si posa per la prima volta sulla tavola, per ripristinare l’eterno sguardo. Come può la sua umile mano ambire a un tale investimento? E cosa sono quei segni sul legno, al posto delle orbite della Monna Lisa? Tracce d’unto? Il vecchio aveva le mani sporche? Gertrude tira le tende e afferra la lampada a ultravioletti: delle forme si intuiscono lì dove la pittura è stata asportata. Non sembrano i tratti delle prime versioni dipinte da Leonardo, ma hanno anch’esse un senso, una direzione. Gertrude si allontana e mette a fuoco: quelle macchie sono occhi, occhi che non sembrano umani, e che giacciono come una sindone tra legno e pittura.

 

Gertrude, ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo?
Non c’è altro modo.
Ci sono i raggi x.
Non stiamo parlando di strati di pittura sommersi, Paul. Lì sotto c’è un volto, un messaggio lasciato da Leonardo da Vinci in persona. Per scoprirlo l’unica è asportare il resto.
Tu stai farneticando.
Tu stai farneticando.
Ti sollevo dall’incarico, Gertrude. Prendi le tue cose e lascia il laboratorio. Ora.

Signor Lefevre, lei aveva visto? Sapeva? È per questo che ha raschiato via gli occhi della Gioconda?

La sega ad alta precisione taglia la tavola di legno a tre millimetri dalla superficie, trasformando la Monna Lisa in un esile foglio. Da una parte il suo sorriso, dall’altra un sottilissimo strato legnoso che trasuda l’immagine nascosta per secoli: due occhi sovradimensionati su un capo liscio e senza capelli, un busto minuto, privo di muscoli e di grasso (difficile dire se di uomo o di donna). Alle sue spalle grattacieli e macchine volanti, ma senza le ampie strutture alari immaginate da Leonardo: dei vascelli oblunghi, avveniristici, tratteggiati con una consapevolezza aerodinamica che il Maestro non possedeva. Tutto è incerto, sfumato, scolorito, eppure incredibilmente chiaro.

Che il volto di Lisa Gherardini giaccia appeso, sfigurato, accecato, non interessa più a nessuno. Né nessuno sa dire se François Lefevre sia a conoscenza del motivo e delle conseguenze del suo gesto. Sorride, Lefevre, con un ghigno indecifrabile e la sua nuova pettorina arancione, da cui spunta il vecchio foulard rosso, mentre ferma le auto e fa attraversare i bambini all’uscita dell’École d’Argenteuil, a due passi dal Louvre.

 

 

 


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Muscolino
Margherita Virgili, Senza titolo, 2024.