Non è vero che in Italia «viviamo con il sentimento che la legalità regge e tutto è sotto controllo», come crede Domenico Starnone (Internazionale n° 1228, 27/10/2017). Altrimenti il Movimento 5 Stelle non avrebbe fatto la sua fortuna a suon di Vaffanculo Day contro i politici corrotti e l’associazione “Libera” contro le mafie di Don Ciotti non avrebbe ragione d’essere.
Le serie tv, da cui trae le sue deduzioni Starnone, sono un sottoprodotto dell’industria dello spettacolo, che nella sua espressione più avanzata, 3.0, sforna, in una inarrestabile autoproduzione schizofrenica, cantori della malavita a tutti i livelli, come gli italiani trappisti della Dark Polo Gang.
La tv oggi è YouTube, altro che serie tv. Chi frequenta YouTube sa che il ritratto di un presidente del consiglio «pericolo pubblico», secondo Starnone assente in Italia, si trovava già in un videoclip di Fabri Fibra, Vip in trip del 2010, con attori che interpretavano Berlusconi e Bossi: «Politici italiani che, peppè qua qua perepè».
Nelle sue espressioni migliori, la terra di Virgilio, Dante e Mussolini anticipa le tendenze di tutto l’Occidente. Basta analizzare, per tempo, i canali giusti.
