Variazioni di Serena Braida ⥀ Autopoetica

Autopoetica, la rubrica di testi inediti con autodichiarazione critica a cura di Marzia D’Amico, arriva oggi al suo quinto contributo con un lavoro di Serena Braida. È possibile segnalarsi inviando propri testi e una dichiarazione di autopoetica alla mail: autopoetica.argo@gmail.com (tutte le pubblicazioni finora apparse nella rubrica possono essere lette qui)

 

* La rubrica Autopoetica si è finora avvalsa di artistə indipendentə che hanno contribuito a valorizzare ciascuna pubblicazione con una propria visualizzazione iconografica dei testi scelti. Ringraziamo ancora ciascunə di loro per il tempo e la cura investiti in questo lavoro.
Da questo momento, per ragioni di coesione e sintonia tra le varie pubblicazioni, i testi della rubrica saranno sempre accompagnati dalle illustrazioni di Valentina Vallorani, che si è gentilmente resa disponibile a seguire in modo esclusivo questo progetto.
Data l’importanza della sua collaborazione e del dialogo da lei instaurato con il testo scritto, anche le sue illustrazioni saranno affiancate da una dichiarazione di autopoetica, in linea con l’idea fondativa della rubrica di cui costituiscono una parte integrante.

 

Variazioni

Ogni volta che scrivo “direttamente” in italiano, mi sembra ancora di dover passare per l’inglese, lingua-ponte con attaccati gli echi di un’emancipazione geografica ed emozionale. Una lingua svelta e amatissima, che muovendosi per battiti invece che per sillabe mi aiuta a muovere il testo. Ma cosa fa l’italiano, all’inglese? E di che italiano si tratta, modificato e rifratto dalla distanza?

In questi testi (tutti recenti, tranne l’ultimo) ho provato ad azzerare l’assunto binario che una lingua funzioni meglio dell’altra. Nel mio esperimento, ho candidato l’autotraduzione (che con Popovič è un nuovo canale comunicativo a tutti gli effetti, una traduzione a pieno titolo) a pratica – non corrosiva, ma sicuramente chimica. Queste autotraduzioni sono a volte gemelle, quasi copie carbone; altre volte imparentate alla lontana. Un’oscillazione tra autotraduzione décentrée e (re)créatrice (Oustinoff) che si muove a velocità alterne; dove i vuoti mantengono le tracce delle loro sottrazioni.
Fare a turno con la lingua di partenza vuol dire disfarsi ogni volta di significati assunti in merito alla propria identità; trasformare il problema della non appartenenza, in entrambe le direzioni, in possibilità. Un’ipotesi radicale, che rigetta monolinguismo, monocultura e mercato.

(Serena Braida)

 

 

il fatto della testa in affanno

siamo contrarie all’insistenza del mercato nei confronti di ognuna
in passaggio dal deli sotto l’arco al marciapiede; dal piano di sotto all’imbocco del cocktail
.                                                                                                                           [dalla stanza di lacca
alla birra mielosa; dal contratto al confine bagnato del parco dal rosa alba al verde
.                                                                                                                                   [protesta;
ci affanna la visione appannata il prisma multilense
la mano     dove c’era un tirapugni
ci esauriscono i ventiquattro denti, e ognuno ripennellato; ci stanca la collinetta di coccio il
.                                                                                                                              [vagone del premio
la belladonna nel bicchiere il languore infinito; ci ammorbidiscono
il cotone sulla lingua la bocca piena le scintille nel microfono     lo spacco
a proposito del tempo

 

the fact of the short-winded mind

we disagree with the insistence of the market on each one as she goes from the deli to the
.                                                                                                                                              [pavement
from the basement to the mouth of cocktails from enamel room to honey beer     from
.                                                                                                                    [contract to park wet
borders     from pink dawn to green protest    it weakens us it clouds our vision     the multi
.                                                                                                                                         [lense prism
the knuckle-duster    that once was on the hand

it runs out
of twenty-four teeth, each one getting recoated    it bores us the terracotta hill the award
.                                                                                                                                                   [wagon
belladonna in the glass and infinity of languor    it blunts us
the cotton on the tongue the mouth full the microphone scintillas
the split    that is said about time

 

 

xmas flatlands

You try to stay put

on this plane that sways and boogies
your deliberations, your attempts at competence

It’s so fragmented here
in the wide-berth incline

of a city that feels open to you

its linens, its beautiful pillars
the sweet sand a whole walk under the earth —

And yes, you say, anything can

be anything else, when one is able to ‘hope’
in the face of  the earthquake

the perfect musical

rumble that’s coming
to squash, left right and centre

to round you up and make you go

in style and carriage-like
through showers through and out

into this slap of city, out

into this salt of wanting
sex, this cringe

and feast this

rigmarole this rigmarole
of distance

 

festività

cerchi di stare dritta
su questa piana che ondula e balla
le tue delibere, i tentativi di competenza

è tutto in pezzi qui,
nel pendio pericoloso

della città che ti sembra aperta
i suoi filati, le sue bellissime colonne,
la sua sabbia dolce,
è una camminata intera sottoterra

e certo, dici adesso, che ogni cosa
può essere ogni altra
quando si è capaci di “speranza”

in faccia al terremoto perfetto
che raduna
e spinge fuori
con stile, in pompa magna
nel risciacquo e poi di fuori

nello schianto di città, cosí, di fuori
nella voglia che ti punge
fino a dentro fino al tuo
procedimento, procedimento
alla distanza

 

 

sobbollitura*

come l’ape che ronza sui vetri
disco rotto del cielo
nella stanza chiara e boreale
accesi e viola crescevano
i quadernetti dei miei versi

una forma che si sgrana
e non si può dire
o accennare, un attimo
appoggiate al vetro nero

e anche quando si riconosce alla donna un’anima
un’altra si sdoppia,
un ricordo gigantesco

la stessa notte, facendo lo stesso sogno,
convinte che fosse così terribile

*scritto con Matacotta, Melandri, Malagò e Rossanda        

 

poaching*

like a bee buzzing on glass, in the busted orbit
in the aureole room

spooling lit and purple oh,
form that unravels and cannot be spoken, spooling
smoky pane

and even when a woman is given a soul
another one splits and doubles
in the enormous recollection.

the same night, having the same dream
convinced it must be so terrible

*written via Matacotta, Melandri, Malagò e Rossanda 

 

 

Women and Capital

I WAS WAITING FOR MY BOSS TO LEAVE THE BUILDING, OPEN CALL
MICRO SLOPES ON THE GREEN MUG, THE SIDES OF MY EARS

BEHIND LARGE FLOORS A CALLING STARTED
— CARMINA, CARMINA, CARMINA! COME BACK, TRY! —
I STUCK RED NAILS ONTO THE LARGE FLESH WALLS
CARMINA, MY BOSS, SHE WAS BEING LATE
FORCED TO PERFORM IN THE ATRIUM IN THE POND,
BEING SLAPPED IN FRENCH, IN THE FACE,

AND FLAUNTING MY WRISTS WAS ONLY MAKING THINGS
WORSE: CARMINA DID NOT SUFFER
FOOLS, SHE HAD SHORT HAIR OF COURSE, BLACK
SHE WALKED AND MADE THE RIVERBANK
INTO APPRECIATIVE RIVULETS.

THE CULT OF CARMINA ENGROSSED ME.
I PIROUETTED TO THE SOUND OF HER FEET,
IN THE GRASSHOPPER FRACAS IN THE PAIN.
IT WAS THIS AND MORE
I COULD NOT TAKE IT FOR IT WAS LARGER THAN LIFE
WETTING THE CORNERS OF EVERYTHING,
THE LIPSTICK OF THE EARTH.

£

FUCK YOU CARMINA, YOU AND YOUR CHILDREN,
YOUR MOUNTAINS BECAUSE I LIKE THEM,
THE DRIBBLING HONEY ON YOUR CHIN,
THE FRUITS
OF YOUR PREVAILING LABOUR.

 

 

I WANT THE KIND OF LIFE I’VE NEVER SEEN BEFORE:
THERE I PROTRUDE OUTWARDS
LIMBS ALL AKIMBO
PEANUTS IN ECONOMY
THE VEIL OF THIS CRAFT AND ITS HIGH PRIESTESSES
FALLING BACK ALL OVER THE AISLE.

THE MIND IS A BEAUTIFUL GARDEN
WHERE POTATOES AND
RED-LIPPED CHILDREN GROW
AND IN SEPARATE TANKS IS FISH
AND GRIME

THERE I STILL HAVE MY BOILER SUIT,
MY PREFERENCES,
THE BAT-FISH BOOK,
MARGARITAS AT THE WORK-DO

THERE I’M BOLTED BACK UPRIGHT

 

Donne e capitale

ASPETTAVO CHE LA CAPA SE NE ANDASSE, OPEN CALL
I PENDII MICROSCOPICI DELLA TAZZA VERDE, I LATI DELLE MIE ORECCHIE

OLTRE I PAVIMENTI ALLUNGATI UN CHIAMARE INSISTENTE
— CARMINA, CARMINA CARMINA! TORNA INDIETRO, PROVA! —
AGGRAPPAVO LE UNGHIE DIPINTE ALLE PARETI ROSA

CARMINA, LA MIA CAPA, ERA IN RITARDO
E COSTRETTA AD ESIBIRSI NELL’ATRIO, NELLO STAGNO,
VENIVA SCHIAFFEGGIATA IN FRANCESE:
OSTENTARE I MIEI POLSI AVREBBE SOLO PEGGIORATO LE COSE

CARMINA NON HA TEMPO DA PERDERE
HA I CAPELLI CORTI E OVVIAMENTE NERI
QUANDO CAMMINA RITAGLIA LA SPONDA
IN RIVOLI RICONOSCENTI

IL CULTO DI CARMINA MI ASSORBE
PIROETTO AL SUONO DEI SUOI PASSI
NEL FRACASSO DELLE CAVALLETTE E NEL DOLORE

È QUESTO E MOLTO ALTRO
NON MI ENTRA PERCHÉ È PIÙ GRANDE DELLA VITA INTERA
BAGNA GLI ANGOLI DI OGNI COSA,
QUEL ROSSETTO DELLA TERRA.

AL DIAVOLO CARMINA, TU E I TUOI BAMBINI,
LE TUE MONTAGNE PERCHÈ LE ADORO
IL MIELE CHE TI COLA DAL MENTO,
I FRUTTI DEL TUO LAVORO PREVALENTE.

 

 

IO VOGLIO LA VITA CHE NON HO MAI AVUTO
PROTRUSA CON TUTTI GLI ARTI IN FUORI,
CON LE NOCCIOLINE IN ECONOMY,
CON IL VELO DI QUESTA ARTE
E LE SUE SACERDOTESSE
A CASCATA SULLA CORSIA

LA MENTE È UN GIARDINO PIENO DI GRAZIA
DOVE CRESCONO PATATE E BAMBINI CON LE LABBRA ROSSE
DOVE I PESCI E LO SPORCO SONO TENUTI
IN TECHE SEPARATE

LÌ HO ANCORA
LA MIA TUTA DA LANCIO,
ANCORA LE MIE PREFERENZE,
IL LIBRO PESCE-PIPISTRELLO
I MARGARITA ALLA FESTA AZIENDALE

LÌ DI CORSA VENGO
RIIMBULLONATA

 

⥀⥀⥀

 

Il mio interesse si rivolge spesso a ciò che è vagabondo e incompiuto, irriducibile ad una verità. Il frammento, nelle sue varie forme, è al limite tra la negazione e l’affermazione di qualcosa.
Al limite fra i due mondi immagino si possa continuamente riscrivere la propria identità, i propri codici. Questo pensiero è la base di un percorso di ricerca che muovendosi nella frattura, nello spazio fra due o più domini, prende ogni volta una forma e una strada apparentemente diversa. Questa fascinazione per l’incompiuto, l’errore, il continuo sfuggire al senso mi conduce alla poesia. Multiforme e frammentato, il mio modo di agire l’arte non si esaurisce in una risposta conclusiva, tenendosi aperto all’indeterminato.

(Valentina Vallorani)

 

Serena Braida
Valentina Vallorani, Fresh delicatessen, 2024.

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Serena Braida è poeta, scrittrice e performer. È autrice di un pamphlet di poesie, Blue Sheila (Dancing Girl Press, 2018) e suoi lavori di poesia, prosa, traduzioni e libretti, in italiano e in inglese, sono apparsi su riviste e antologie nazionali e internazionali. Serena ha tenuto numerosi reading e performance in Italia e all’estero, e lavora come lecturer in voce al London College of Music, University of West London.