Versi elementari di Alessandra Racca ⥀ Autopoetica

La rubrica Autopoetica, a cura di Marzia D’Amico, presenta oggi il suo decimo contributo con Alessandra Racca, come sempre illustrata da Valentina Vallorani. È possibile segnalarsi inviando propri testi e una dichiarazione di autopoetica alla mail: autopoetica.argo@gmail.com (tutte le pubblicazioni finora apparse nella rubrica possono essere lette qui)

 

Ascolto i bambini parlare per molto tempo della mia giornata, la loro parola ha una direzione elementare, franca: assume, deduce, definisce, dichiara.

Provo a stare in quella linearità, che è una modalità di indagine, a seguirla nelle cose che incontra. Sto nelle cose elementari: cose e persone attorno a me, la minutaglia di cui è fatta la nostra vita. Ma anche nelle cose all’osso: la morte, il corpo.

(Alessandra Racca)

 

 

Dal divano

Mia madre dice che da quando c’è il bambino
quanto le scoccia l’idea di morire
«Perché dovresti morire adesso, mamma?»
Dico cose stupide, mi imbarazza il suo dolore 

Ci mettiamo a guardare nella stessa direzione:
la sua casa vuota mi pare un’astrazione
«Sarà fra molto tempo, non ci pensare»
qualcuna delle due lo dovrebbe dire 

Ma non ci sono una madre e una bambina
Stiamo come due donne di una certa età
sul divano

 

 

Funerale

Io e la mia amica parliamo della morte e di invecchiare
sedute a quel suo tavolo con davanti la Mole
mi pare che ci diciamo un po’ di bene

Quando sono sola e penso alla morte e a invecchiare
penso chissà se anche lei adesso ci sta a pensare
mi vengono in mente cose cretine da dire
tipo sei quel tipo di persona
che inviterei al mio funerale

 

 

Il bambino 

Se andiamo in Liguria penso di nascosto
Speriamo non crolli qualcosa mentre passiamo

Dico guarda laggiù che poi c’è il mare

Mi ha detto un giorno che era triste perché si muore
con quel vuoto attorno che hanno
certe frasi dei bambini

Andare da qualche parte insieme,
non riempirgli tutto lo spazio
mi pare l’unica direzione

 

 

Dal Tabaccaio

Entro dal tabaccaio mentre tutti guardano nella stessa direzione
nella televisione sulla porta danno i risultati

Lo schermo ha tutto il presente
il futuro, qualcosa da fissare

Nessuno mi guarda
e posso starmene a fissare
loro che stanno a guardare

Stiamo così, sui lati della stanza

ci specchiamo

 

 

Misure

Il bambino vuole sapere le cose
Misura il mondo con le mie parole
Spesso ripeto formule idiote
Faccio il geometra della vita
Se me ne accorgo rivolgo pensieri di riparazione e una specie
di preghiera al futuro: 

che il tuo occhio sia più grande del mio

 

 

Tenere in vita

Il bambino ha un ritmo diverso
è lentissimo o ha quella velocità
che non sai prevedere
il suo spazio ha altri versi, altre direzioni

Il bambino non ha mai gattonato
spostava il sedere, una mano in appoggio
e l’altra in avanti a toccare
toccare era più che guardare

In quei giorni, tenerlo in vita
era un movimento estenuante
la mia costante direzione 

Non riuscivo a scordarmi
che vivere si muove
fra molte ipotesi di morire

 

 

Nascondersi

Il marito ha la voce grossa
quando parla sottovoce penso
ai bambini che si coprono la faccia
così convinti
che se non vedono il mondo
il mondo non li vede 

Il marito si nasconde a modo suo
Tutto il mondo gioca a nascondino

 

 

Doccia

Il marito fa la doccia di spalle alla porta
Io sto sempre girata a guardare
chi entra e dico arrivo subito, un attimo 

Il marito usa l’acqua tiepida e il soffione alto
si insapona con vigore e fa rumori di acqua dal naso
se parli non sente e non ti vede

Con l’acqua bollente e il doccino puntato alla schiena
Io sto più di quanto dovrei, il lusso di guardare nel vuoto,
la pressione bassa per il troppo calore,
zitta perché si dimentichino di me, un pochino

Tutte queste azioni non essenziali
non essere veramente soli, essere guardati,
cercarsi nel bagno e non lasciarsi mai veramente stare
avranno fatto un gran pezzo della nostra vita 

E non mi pare triste. Non mi pare banale.

 

 

Rumori

Il marito fa dei rumori incredibili con il suo corpo
Il suo corpo è grosso perciò fa quei rumori in tutte le direzioni 

Mi stupiscono i rumori che fa con il suo corpo grosso,
lo sto a fissare mentre sta fermo o si muove

Mi arrabbio quando mi sveglia con quei suoi rumori
Guardo gli altri corpi grossi per capire se fanno grossi rumori

So i rumori delle persone che amo

Mio padre quando era arrabbiato
faceva un raschio silenzioso con la gola
E non so se lo sapeva 

Il bambino lo ascolto e mi spavento
se la notte non fa quei rumori
di cucciolo d’animale

Ho un corpo piccolo e denso
mi muovo rapida, mi penso silenziosa
produco tonfi inciampando o facendo cadere le cose 

Il marito dice che sono come un procione

Guardo i video dei procioni
per vedere come mi vede il marito

Quanti versi fanno le persone

 

 

Le classi

I ragazzi a scuola fanno sempre rumori
incredibile quante penne possano cadere
o ticchettare
quanto le sedie possano scricchiolare

Penso alla quiete dei loro corpi
nelle stanze delle case 

 

 

Delle direzioni 

Che la poesia abbia i versi mi pare meno importante
delle direzioni

 

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Il mio interesse si rivolge spesso a ciò che è vagabondo e incompiuto, irriducibile ad una verità. Il frammento, nelle sue varie forme, è al limite tra la negazione e l’affermazione di qualcosa.
Al limite fra i due mondi immagino si possa continuamente riscrivere la propria identità, i propri codici. Questo pensiero è la base di un percorso di ricerca che muovendosi nella frattura, nello spazio fra due o più domini, prende ogni volta una forma e una strada apparentemente diversa. Questa fascinazione per l’incompiuto, l’errore, il continuo sfuggire al senso mi conduce alla poesia. Multiforme e frammentato, il mio modo di agire l’arte non si esaurisce in una risposta conclusiva, tenendosi aperto all’indeterminato.

(Valentina Vallorani)

 

Alessandra Racca
Valentina Vallorani, Casca il mondo casca la terra, aprile 2025.

 

 


Alessandra Racca è nata a Torino nel 1979. La sua ultima raccolta di poesie è Di pancia (e altri organi vitali) (Interno Poesia, 2024). Ha scritto: Poesie antirughe (Neo edizioni, 2011), L’amore non si cura con la citrosodina (Neo edizioni, 2013), Consigli di volo per bipedi pesanti (Neo edizioni, 2016), Nostra signora dei calzini, deluxe (Neo edizioni, 2018). Alcuni suoi testi sono inclusi in antologie, fra le quali La reggia di Venere, a cura di F. Genti (Sartoria Utopia, 2020), Matrilineare, Madri e figlie nella poesia italiana dagli anni Sessanta a oggi, a cura di L. Magazzeni, F. Mormile, B. Porster, A.M. Robustelli (La Vita Felice, 2018), Bastarde senza gloria, a cura di F. Genti (Sartoria Utopia, 2014). Nel 2019 ha pubblicato per Emme edizioni, Io, Alice e il buio buio, albo con le illustrazioni di A. Castagnoli.
Appassionata di poesia “ad alta voce”, l’ha esplorata attraverso reading, spettacoli, poetry slam, il coro poetico e progetti nazionali e internazionali. È mente e cuore di Atti Impuri Poetry Slam, una delle realtà di poetry e story slam più longeve d’Italia. È direttrice artistica del festival Metronimìe (www.metronimìe.com). www.signoradeicalzini.it