Verso il sole⎪racconto di Milo Busanelli

Meticoloso, affidabile, mai creato disturbo; questo direbbero i colleghi, gli amici, i vicini. Col mio carattere schivo, lo stile di vita morigerato e la mancanza di vizi non pensano possa nascondere qualcosa. Finché la farò franca continueranno a pensarlo.

La legge c’è da qualche anno, ma ce ne sono tante e non vengono rispettate, si sa che sono clementi, me la caverei con un anno di prigione al massimo, due se fossi recidivo.

Il vero problema sono le bande armate, quelli che setacciano i quartieri e le campagne col naso per aria, anche dalla finestra di casa. In breve è diventato un mestiere; c’è voluto poco perché nessuno osasse sgarrare. All’inizio un gruppo d’intellettuali ha fatto opposizione, pensava di farsi valere con la forza delle parole, ma non ha mai attecchito tra le masse, mai avuto risalto sui mezzi di comunicazione, in breve è sparito, forse si è sciolto, forse è stato sciolto, nessuno se n’è preoccupato.

Sono malato, lo so, non posso farci niente. Rischio la vita, gli altri divieti non li ho mai trasgrediti né desidero farlo, rinuncerei a qualunque piacere, a questo non posso resistere. Farsi curare? Significherebbe consegnarsi alla giustizia, non per forza quella ufficiale. Il segreto professionale è stato abolito da anni, quello confessionale pure, ci sarà pure un medico o un prete della vecchia guardia, ma si guardano bene dal manifestarlo. Se lo facessero sarebbe una trappola.

Tutto è nato con l’alleanza tra le case automobilistiche e i cartelli del carburante. Sono loro che hanno finanziato la campagna di diffamazione e assoldato i vigilanti. Erano in gioco molti soldi e migliaia di lavoratori; se i governi non avessero approvato le leggi, la società sarebbe collassata a furia di scioperi. Che gli stessi governanti abbiano avuto un tornaconto personale è un’insinuazione che facevano in pochi e solo all’inizio.

Chiunque poteva collaborare: bastava scattare una foto e pubblicarla sui siti di avvistamento. Tutti si connettevano per riconoscere l’amico, il vicino di casa, il collega, a volte il familiare, svelarne l’identità e vincere un premio. C’è stato qualche abuso, è vero: scambi di persona, denunce a casaccio per ricevere il compenso, per non parlare di quanti ne hanno approfittato per liberarsi di una presenza importuna.

Casi isolati, subito occultati da una campagna pubblicitaria sugli effetti benefici. Nessuno mette più in discussione il divieto non perché non osi farlo, ma perché è convinto che sia giusto. Anche quei pochi che vengono catturati si pentono, altrimenti non li lascerebbero parlare, ma sono persuaso siano sinceri.

Per quante precauzioni possa prendere, capiterà anche a me. Non basta pianificare ogni dettaglio, scegliere posti appartati e sempre diversi, cambiare percorsi e orari, farlo a cielo coperto, travestirsi per non essere riconosciuti, rifuggire i legami forti, a ogni caso di cronaca fingersi giustizialisti. Non basta sperare che l’attenzione si rivolga verso altri crimini, che nuovi gruppi di potere cambino gli equilibri. Difficile che succeda come per la puerifilia, un tempo proibita, poi accettata, cancellato il vecchio termine, proibito discriminarla, infine di tendenza, il consenso del minore unico requisito.

Quanto vorrei essere come gli altri, innamorarmi, fare figli, non passare per quello schivo cui non fanno domande, quando io non ero e non sarei così. Il periodo più difficile è stato all’inizio, quando per cambiare personalità ho dovuto trasferirmi, trovare un altro lavoro, frequentare nuove persone, proprio quando i controlli erano maggiori.

Come vorrei raccontare i posti che vedo, cosa significhi cambiare prospettiva, la leggerezza che sento, non è per il piacere proibito, provavo queste sensazioni anche quando era permesso. Ricordo ancora la notizia della scoperta, l’entusiasmo generale, il grande sogno che diventa realtà. E prima che la gioia si trasformasse in abitudine, il divieto.

La stessa cosa è capitata ai libri di poesia, accusati d’illanguidire i lettori, di distrarli dalle incombenze quotidiane, di condurli all’isolamento. La Grande Cooperativa del Bene Materiale ha avuto la meglio sui piccoli, fragili e mal coordinati editori che ancora si ostinavano a pubblicare libri che quasi nessuno, comunque, leggeva.

Anch’io ho denunciato un vicino che sbirciava un volume proibito; come me non voleva restare coi piedi per terra, ma se mi avesse scoperto avrebbe fatto lo stesso. Un delatore guadagna rispettabilità, instilla meno sospetti, nel caso commetta un crimine gode di uno sconto di pena. Tutti si vantano delle proprie denunce; restare zitto, nicchiare se interpellato o inventare fatti mai avvenuti era troppo rischioso. Non che ora possa abbassare la guardia, per lanciarmi la notte devo essere irreprensibile di giorno.

Il vantaggio è che non posso essere inseguito perché gli inseguitori dovrebbero infrangere a propria volta la legge. In passato c’è stato un dibattito, ma alla fine si è preferito che il criminale la facesse franca piuttosto che istituire delle scusanti cui gli stessi trasgressori potrebbero appellarsi, per non dire del rischio che diventino cacciatori per delinquere impuniti o che i cacciatori prendano il vizio. Quando ti abitui a volare diventa difficile smettere.

Non ho mai dimenticato i titoli dei giornali il giorno della scoperta; tutti usavano la stessa parola, forse una coincidenza o un accordo tra le testate, probabile che fosse scelta dagli scienziati, all’inizio sulla bocca di tutti, poi proibita e solo pensata, infine dimenticata: Icaro.

Lui si è bruciato le ali perché volava troppo in alto, per me il pericolo sta in basso; lui fuggiva dal labirinto, io devo tornarci ogni volta; lui era accompagnato dal padre, io non ho nessuno.

Icaro venne imprigionato perché aiutò Arianna a fuggire. Se lei tornasse indietro, farebbe in tempo a salvarmi?