Una visione di bianco di Mina Fiore ⥀ Passaggi
La rubrica Passaggi continua la sua esplorazione nell’ambito della prosa breve ospitando oggi un testo di Mina Fiore. L’editoriale della rubrica può essere letto qui
Illustrazione di Sarah Di Piero, La panchina, 2023.
Nelle giornate invernali coperte e troppo fredde, capita che la neve inizi a cadere verso le due del pomeriggio, quando la temperatura risale un po’. Scendono con stupore i primi fiocchi, colti così, per caso, staccando gli occhi dal quaderno dei compiti e gettando uno sguardo fuori, sul rettangolo di prato incorniciato dal muretto. Daniele attende che la sorpresa muti in certezza, che i fiocchi si facciano nevicata, che un sottile strato copra il vicino verde. Gli amici saranno presto fuori, tutti complici nel rimandare le occupazioni ordinarie, pronti a organizzarsi in giochi diversi, bianchi. Le prime impronte ancora scure nel manto sottile, con scarpe non adatte che si inzuppano, le mani che osano afferrare la neve senza guanti. Nevica intensamente e presto si riempie il canale, da giorni ghiacciato. Daniele e i compagni camminano gioiosi sull’argine, da un lato il parcheggio, dall’altro i campi – ora di neve.
Il vialetto che conduce alla piazzetta dei giochi già non si distingue dal prato. Sprofondano adesso i passi e premono il bianco. Si uniscono altri amici festanti; qualcuno propone di giocare a nascondino. Basta fare una piccola buca nello strato ormai profondo o ammonticchiare un po’ di neve, per scomparire.
Conta Daniele, appoggiato a un alto lampione, poi scioglie l’intreccio delle mani e guarda un momento in alto contro il cielo luminoso di fiocchi, mentre urla “cinquanta!”.
Si dirige verso il canale. Teso a percepire movimenti lontani che tradiscano la presenza degli amici, non fa attenzione alla consistenza di ciò che è più prossimo, al limite tra la sponda e il letto del canale e, d’un tratto, sprofonda. Solo un attimo per proteggere gli occhi con le mani e si trova rannicchiato nel ventre freddo della neve, per un tempo che gli sembra molto lungo – il grido “liberi tutti” che arriva come da una stanza remota.
Anche ora lo sente, stranamente vicino, nella sua ennesima notte insonne, ed è egli stesso che lo pronuncia sul vetro che si appanna. Nevica: il buio è più chiaro. Tutto intorno i passi della gente hanno disegnato centinaia di percorsi; anche i campi oltre la roggia sono violati da segni, da scie.
Ognuno, pensa, è libero in quei pomeriggi lieti e leggeri, ripiegato nel compendio di tutti i colori e di tutte le parole.
Bianco
Da lontano vengono agli occhi il cielo
e le mani, da qualche parte lontana di te;
fuori nevica, sei tutto nel bianco della neve
ogni segno nel candore una ferita
e la campagna di là dai vetri è un corpo
un breve sguardo che si fa pronuncia
calore d’alito, la testa in mezzo alla veglia;
torna là, nella parola tradotta in silenzio
dove si annidano i passeri
i palmi sugli occhi, il petto sulle ginocchia
la fronte nella neve.
Pierluigi Cappello
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Mina Fiore
Mina Fiore
Mina Fiore è nata a Pompei nel 1979 e vive in provincia di Udine. Architetto, si occupa di progettazione del paesaggio. Ha pubblicato il romanzo breve Doppia impressione, Vydia editore, 2021.